Secondo un report Istat, in Italia, nel 2020, sono state disperse quantità ingenti di materia prima: circa 3,4 miliardi di metri cubi, pari al 42,2% dell’acqua immessa in rete. Della totalità delle dispersioni idriche, quelle relative al sistema di distribuzione (acquedotti ecc..) rappresentano il 37,2%. Il dato diventa allarmante anche di fronte all’emergenza siccità che ha duramente colpito l’Italia, il settore primario (l’agricoltura) e che potrebbe determinare una variazione dei prezzi anche del 40% (in aggiunta all’impatto inflattivo).



Crisi acqua: nel 2020 dispersione avrebbero potuto soddisfare una seconda Italia

La crisi dell’acqua che stiamo vivendo assume tutto un altro colore se confrontiamo l’emergenza con le perdite idriche registrate dall’ISTAT per l’anno 2020. Confrontando i dati con le rilevazioni di due anni prima (2018) i volumi complessivi movimentati nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono diminuite dell’1%, mentre le perdite in distribuzione (che rappresentavano il42,2%) non presentano variazioni significative. Il tutto sta a significare che esistono inefficienze significative dei sistemi di distribuzione del sistema idrico che si risolvono in un dato allarmante: la perdita di 157 litri al giorno per abitante. La totalità dei metri cubi dispersi nel 2020 avrebbe potuto soddisfare i bisogni idrici (non solo alimentari) di 43 milioni di persone (quasi i due terzi della popolazione italiana). Il ché significa che la dispersione potrebbe dare acqua ad una seconda Italia.



Anche per quanto concerne l’efficienza dei sistemi di distribuzione dell’acqua l’Italia mostra notevoli differenze tra Nord e Sud. Dal citato report ISTAT infatti emergono criticità nelle aree del Centro e Mezzogiorno, soprattutto nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare. I valori più alti si rilevano, nel 2020, nei distretti Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%), seguiti dai distretti Appennino meridionale (48,7%) e Appennino centrale (47,3%). Nel distretto del Fiume Po l’indicatore raggiunge, invece, il valore minimo, pari al 31,8% del volume immesso in rete; l’indicatore risulta di poco inferiore al dato nazionale nei distretti Alpi orientali (41,3%) e Appennino Settentrionale (41,1%). In nove regioni le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al 45%, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%). Il Friuli-Venezia Giulia, con il 42,0%, è in linea con il dato nazionale. In Valle d’Aosta si registra il valore minimo (23,9%), ma in crescita del 2% rispetto al 2018.



Crisi acqua: differenze tra Nord e Sud

Va detto che gli interventi in Italia per frenare il fenomeno sono di 56 euro per abitante, una somma che costituisce un incremento del 17% rispetto al 2018 e del 70% rispetto al 2012. La maggior parte delle perdite (più del 55%) riguarda gli enti locali e per il 25,5% i comuni.

Nei 109 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, dove i gestori spesso concentrano maggiori investimenti e migliori monitoraggi, la situazione infrastrutturale è migliore: infatti il dato del 2020 che riguarda le perdite è del 36,2%, è in calo di sei punti rispetto al dato nazionale e di un punto rispetto al 2018. Gli investimenti realizzati rappresentano per il 18% il miglioramento della qualità dell’acqua per il 18% del totale. I livelli di perdite idriche rappresentano 22%, mentre gli investimenti nelle condotte fognarie (14%). Nel sud Italia la media di spesa per il migliramento delle condotte è 32 euro per abitante, mentre gli enti locali hanno speso in media 8 euro per abitante.

Il numero delle interruzioni della distribuzione del servizio idrico rappresenta due casi su tre per il sud rispetto al nord del paese, a sottolineare l’increbile divario che caratterizza il fenomeno: paragonando i dati infatti le perdite di rete, che nelle regioni del Sud si attestano a circa 47% contro il 31% del Nord-Ovest.