Il Presidente francese Macron giovedì ha dichiarato che “stiamo entrando in una crisi alimentare senza precedenti” e che alcuni Paesi dovranno affrontare la carestia nei prossimi 12-18 mesi. Macron ha invocato un’azione coordinata dei Paesi produttori. Nello stesso giorno il Presidente americano Biden ha dichiarato che dobbiamo attenderci “vere carenze di cibo” a causa della guerra ucraina. Ieri si è avuta l’ennesima notizia di blocco di risorse alimentari da parte di un Paese produttore: è il caso dell’India che ha bloccato l’export di zucchero. La Russia è il primo esportatore al mondo di grano e l’Ucraina, dove questa primavera non si seminerà a causa del prolungarsi della guerra, il quinto. Il prezzo dei fertilizzanti, fatti in buona parte con il gas, è triplicato. Più la guerra dura e più le sanzioni si inaspriscono, più i Paesi produttori bloccheranno le esportazioni perché non c’è prezzo che possa giustificare un’emergenza alimentare con le sue conseguenze sociali e politiche.
Il mondo degli scambi internazionali aperti, del “just in time” e della disponibilità di qualsiasi bene proveniente da qualsiasi geografia a prezzi contenuti sta finendo alla velocità della luce. L’avvitamento è evidente e colpisce la sicurezza alimentare e la complessità che sta dietro al barattolo di conserva sugli scaffali: fertilizzanti, alluminio, carta, benzina per il trasporto e magari la catena del freddo.
In questi stessi giorni gli Stati Uniti promettono di venire incontro all’Europa con 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno quando la Russia ne esporta in Unione europea dieci volte tanto. I rincari dell’acciaio, della componentistica che servono per esplorare e mettere in produzione nuovi campi, sempre ammesso che quelle materie prime siano disponibili, non aiutano a risolvere il problema; ammesso che ci sia la volontà di risolverlo. Un desiderio su cui è lecito dubitare vista l’inazione, per esempio, del nostro Governo che spende miliardi per uno sconto che alla lunga non può tenere e rimane fermo sulle posizioni “verdi” del 23 febbraio.
In questo scenario il “Pil”, i “risparmi” sui conti correnti sono grandezze molto relative che si prosciugano in pochissimo tempo. Che valore dovremmo dare a una fabbrica che non ha la corrente elettrica e i cui operai hanno la pancia vuota? E che valore dovremmo dare ai risparmi con cui si compete per accaparrarsi la risorsa scarsa alimentare in un tripudio di bonus e sconti governativi? Molto relativo.
In questo contesto la forza degli Stati e delle economie si misura sulle basi più elementari: energia, acqua, cibo e tutto quello che serve per produrlo. Senza queste “basi” tutta la capacità produttiva installata, tutti i risparmi in moneta inflazionata semplicemente non esistono. Gli Stati e le economie si distinguono tra quelli che hanno le risorse e hanno mezzi e piani per rimpiazzarli in tempi brevissimi e quelli che non li hanno. I secondi sono fragilissimi e sono esposti a una fase della storia in cui, ci sembra, vengono ridisegnati i confini.
È davvero inutile calcolare la “potenza” delle forze in gioco in proporzione a Pil storici che non significano più niente. Ieri Jp Morgan scriveva che “mentre il mondo è a corto di materie prime, la Cina no perché dal 2019 le sta accumulando e attualmente controlla l’80% delle scorte mondiali di rame, il 70% del mais, il 51% del grano, il 46% della soia, il 70% del petrolio e il 20% dell’alluminio”. Questa è la “preparazione” e la “sicurezza” degli altri il cui “Pil” è meno evanescente di quello europeo che dipende per tutto dalle riserve degli altri. Né alla Russia, né agli Stati Uniti, per la cronaca, mancheranno grano, gas e petrolio.
La sostanza di ogni proclama guerresco deve essere misurato su questo metro. Chi, dopo la misura, si scopre in difetto dovrebbe farsi un esame di coscienza senza sconti e prendere le scelte conseguenti. Caliamo nella realtà la “crisi alimentare senza precedenti” di cui ha parlato Macron e poi tutto il resto. Caliamola nella realtà dell’Italia del 26 marzo 2022.
L’esercito italiano, esattamente, con che benzina dovrebbe marciare e i suoi soldati con che cosa dovrebbero riempirsi la pancia e le retrovie di quelli che rimangono a casa come dovrebbero sostenere lo “sforzo bellico”?
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