La bolla immobiliare in Cina, il downgrade del rating del Tesoro Usa, la recessione tedesca: la situazione economica attuale è all’insegna dell’incertezza e questo si riflette anche sulla nostra legge di stabilità. La congiuntura e l’entità del debito pubblico italiano invitano alla prudenza, messaggio comunque che pare recepito dall’esecutivo Meloni, che ha cominciato il confronto interno alla maggioranza per varare la manovra.



Tutto ciò, però, spiega Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss e già consigliere del Fondo monetario internazionale, non significa che non si possano prendere iniziative, soprattutto per quanto riguarda temi prioritari come il sostegno alle famiglie e la natalità. Anche se poi per dare completa realizzazione a certe scelte occorrerà sfruttare tutta la legislatura.



Quanto influisce la congiuntura economica mondiale sulla nostra legge di bilancio?

L’evolversi della situazione immobiliare cinese e l’indebolimento congiunturale dell’economia tedesca sono fattori che creano incertezza. Un contesto squisitamente esterno anche perché la situazione interna mostra un governo solido, politico. In Cina il distress del settore immobiliare sta ridimensionando la domanda aggregata. Le famiglie e le imprese, temendo il propagarsi della crisi, rinviano gli acquisti o gli investimenti; questa tendenza potrebbe consolidare le forze deflazionistiche già osservabili negli ultimi dati.



Se così fosse?

Il contributo cinese alla crescita economica mondiale risulterebbe inferiore alla media storica del ventennio pre-Covid. Un aspetto che si somma agli effetti della crisi geopolitica in atto: la Casa Bianca ha emanato un executive order per limitare gli investimenti in Cina in settori chiave mentre è forte la pressione sulle aziende occidentali ad accorciare le rispettive catene del valore. La somma di queste forze rischia di ampliare il potenziale recessivo di una eventuale crisi cinese.

L’incertezza della situazione globale e la crisi della Germania influiranno sulla politica della Bce sui tassi di interesse? È un altro elemento di cui tenere conto per organizzare l’impianto della manovra?

La Germania è entrata in recessione tecnica tra la fine del 2022 e l’inizio dell’anno mentre l’ultimo dato che abbiamo parla di crescita piatta. Gli indicatori congiunturali sono nel complesso pessimistici. D’altra parte la crisi ucraina, che ha causato quella energetica, non è per nulla stabilizzata. Nel complesso, gli analisti si aspettano che la Bce la prossima settimana prenda una posizione attendista: non rialzare ulteriormente i tassi. Poi dovremo monitorare cosa accadrà sulle politiche di riacquisto titoli del Pepp, il Piano di emergenza pandemico. A oggi l’Italia ha beneficiato molto delle politiche di acquisto dei titoli di stato. Se la posizione attendista della Bce dovesse trovare una compensazione per cui i Paesi del Nord domanderanno la ricalibrazione di questa politica, questo eserciterà un’ulteriore pressione sul mercato dei titoli di Stato. Pertanto, è importante che le politiche fiscali continuino ad essere prudenti. Dobbiamo evitare che si accenda un faro sull’Italia. La limitatezza di risorse comunque non implica per forza una manovra remissiva o rinunciataria rispetto alle tante riforme necessarie.

Qualche problema ce l’hanno anche gli Usa?

Negli Usa bisogna richiamare l’attenzione al downgrade di Fitch sul Tesoro: la mia preoccupazione è che possa segnalare una svolta nella selettività con cui i mercati guardano agli emittenti sovrani, potrebbe aprirsi una fase in cui ci sarà un maggiore scrutinio rispetto alle politiche fiscali e di bilancio dei grossi emittenti, ad alto debito. A maggior ragione per l’Italia che ha un tasso di crescita storicamente prossimo allo zero e non ha una valuta di riserva propria.

Il giudizio dei mercati, insomma, potrebbe essere più severo di prima?

In Italia il dibattito si concentra sulla riforma del Patto di stabilità, ma noi abbiamo anche un vincolo esterno dovuto al fatto che il Tesoro ogni anno deve rifinanziare, in media, un settimo del debito. Se ci fosse meno prudenza aumenterebbe, in queste condizioni, lo spread: in sostanza una politica fiscale marginalmente espansiva verrebbe annullata dall’aumento del costo del rifinanziamento del debito. Comunque non sempre le riforme hanno un costo fiscale: il Governo può traslarle su un orizzonte pluriennale e ci sono riforme che hanno impatto fiscale limitato. Pensiamo al miglioramento del rapporto tra cittadini e fisco.

Cosa pensa in proposito?

Quella dell’Irpef può essere introdotta in modo che entro l’arco della legislatura venga implementata. Poi bisogna salvaguardare le riforme già introdotte: la riduzione del cuneo fiscale per i redditi bassi e medi bassi deve essere confermata: il cuneo è elevato e l’inflazione, inoltre, ha eroso il potere d’acquisto dei salari. Riforme di questo tipo per dispiegare appieno i loro effetti devono essere permanenti.

Si parla però del fatto che il taglio potrebbe essere prorogato per sei mesi valutando in seguito la situazione.

Salvaguardare la riduzione del cuneo fiscale introdotta l’anno scorso sarebbe importante per beneficiare degli effetti positivi anche dal punto di vista occupazionale. Nella misura in cui le imprese ritengano la riduzione del cuneo permanente, questo potrebbe avere effetti positivi sulla loro domanda di posti di lavoro.

Il Governo ha indicato come prioritario il tema della natalità. E quello delle pensioni è in cima alla lista almeno di alcuni partiti di maggioranza. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo punto di vista?

Sicuramente ci saranno segnali importanti su alcuni temi legati al programma del Governo, sulle politiche di natalità e il sussidio alle famiglie numerose. L’approccio sarà quello di conciliare l’attenzione al sociale e l’imperativo delle riforme con una congiuntura internazionale particolarmente sfidante. Occorrerà essere strategici valorizzando l’arco pluriennale della legislatura.

La proposta di un quoziente familiare per i nuclei con figli che era stata avanzata qualche mese fa può essere attuata?

Compatibilmente con le risorse di bilancio mi aspetto un segnale in questo senso, tenendo conto che l’obiettivo è pluriennale. Verrà costruito un percorso tale per cui alla fine della legislatura la somma degli interventi sarà cospicua. Realisticamente per la legge di bilancio del prossimo anno è difficile trovare le risorse per realizzare tutti gli obiettivi.

Questo vale anche per le pensioni?

Per le pensioni c’è un elemento di complicazione aggiuntivo, evidenziato anche dal ministro Giorgetti: con la dinamica demografica in atto una riforma significativa delle pensioni risulta eccessivamente onerosa per la finanza pubblica. Giusto concentrarsi su misure a favore della natalità e per aumentare l’occupazione femminile: il tasso di partecipazione delle lavoratrici in Italia è inferiore a quello degli altri Paesi europei.

La flat tax, invece, potrà essere considerata anche al di sopra della soglia degli 85mila euro?

È un obiettivo che il Governo perseguirà entro fine legislatura, nella passata legge di bilancio il tetto per usufruire di questo schema agevolativo è stato significativamente aumentato: era di 65mila, è stato portato a 85mila.

Per quanto riguarda il superbonus, invece, siamo legati alla decisione di Eurostat sul blocco della cessione dei crediti?

Ci sarà un tentativo di riorganizzazione del trattamento dei superbonus unitamente al farraginoso sistema delle detrazioni fiscali che si sono stratificate negli anni. Si cercherà di razionalizzare questa architettura che toglie risorse ad altri obiettivi meritori e che, in taluni casi, penalizza l’equità del sistema contributivo.

Questa è una delle voci a cui attingere per trovare quei 20-25 miliardi che mancano per la manovra?

Sì. Con l’obiettivo di introdurre maggiori elementi di equità, ci sarà un riordino, credo, soprattutto per avvantaggiare i redditi bassi o medio-bassi.

Ci sono anche altri capitoli sui quali si può intervenire per trovare risorse?

Nello specifico leggeremo la Nadef fra tre settimane: allora capiremo con maggiore accuratezza quale sarà il quadro di risorse sul quale potrà realisticamente contare il Governo per i suoi prossimi interventi.

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