Parte dell’ingranaggio dell’economia italiana, ora il ceto medio vive un declino che mette a rischio il futuro delle nuove generazioni. Se prima farne parte voleva dire essere in un movimento collettivo in crescita, peraltro in una buona condizione economica, ora invece è diffusa la sensazione di un declassamento dal punto di vista sociale ed economico. Attualmente il 60,5% degli italiani ritiene di appartenere a questa fascia, il 48,8% ha il timore di regredire nella scala sociale, mentre il 74,4% è convinto che la mobilità verso l’alto sia ferma. A scattare questa fotografia è il rapporto CIDA-Censis, da cui emergono i numeri della crisi del ceto medio e quindi la conferma di una “erosione” in atto da tempo, ma che ora subisce un’accelerazione. Se prima il blocco della mobilità sociale era un timore diffuso tra i redditi più bassi, ora invece anche le fasce di reddito fino a 50mila euro e oltre condividono questa paura, quelle che trainano consumi e investimenti.
Stefano Cuzzilla, presidente di CIDA, come riportato dal Sole 24 Ore, rimarca come quell’ottimismo di un tempo non sia più così diffuso tra il ceto medio, che sta vivendo una parabola. Si può in effetti parlare di “ridimensionamento economico“, un fenomeno che non riguarda solo l’Italia, ma anche altri Paesi europei e gli Stati Uniti. C’è anche la consapevolezza che il benessere sia calato nel tempo, cioè che vivessero meglio le generazioni passate: ne sono convinti il 66,6% degli italiani. La percentuale sale se si prende in considerazione il futuro delle nuove generazioni, infatti il 76,1% degli italiani ritiene che le loro condizioni saranno peggiori di quelle attuali.
MERITO E NUOVE POLITICHE: LE RICHIESTE DEGLI ITALIANI
Se c’è la tendenza a difendere il proprio status quo anziché migliorarlo è proprio perché c’è la paura di un declassamento. Ma la crisi del ceto medio non è inesorabile, infatti i risultati del rapporto suggeriscono che siano possibili degli interventi, a patto che la politica e le istituzioni si impegnino, anche perché così si può dare un ulteriore contributo al rilancio dello sviluppo dell’Italia, riattivando meccanismi di crescita. A tal proposito, per gli italiani il sistema fiscale dovrebbe premiare chi crea lavoro e impresa: ne sono convinti 8 italiani su 10. Il 78,6% ritiene di essere danneggiato dall’evasione fiscale.
Il merito è un aspetto centrale, tanto che gli italiani ritengono che vada premiato: per il 59,7% però ciò non accade. E se chi è pensionato vuole ancora lavorare, allora deve essere lasciato libero di farlo per il 59,6%. Per oltre la metà degli italiani ogni persona dovrebbe essere libera di andare in pensione quando vuole, senza essere incentivato per continuare a lavorare o penalizzato.
SANITÀ E SCUOLA I BUONI ESEMPI
Dal rapporto CIDA-Censis, però, emergono due esempi positivi: sanità e scuola. Il 65,6% degli italiani ritiene che la solidità della sanità sia dovuta all’impegno dei medici, infatti il 74,5% ripone fiducia in loro, 7 su 10 su quelli di medicina generale. Per quanto riguarda, invece, la scuola, l’85,8% delle famiglie ritiene che i risultati didattici possano essere positivi se la scuola è gestita e organizzata bene. A tal proposito, il 52,7% è soddisfatto dei dirigenti scolastici, solo il 26,6% esprime un giudizio negativo sui presidi, ruolo che richiede ormai competenze da manager per il 68,6% degli italiani.