GIOVANNI ORSINA: “LA CRISI CLIMATICA C’È MA MI FA MORIRE DI NOIA”
Dall’ultimo blitz ambientalista alla Fontana di Trevi alle continue proteste su strade e monumenti del Paese, passando poi per l’allarme nato dalla maxi-alluvione in Emilia Romagna: l’emergenza e la crisi del clima – secondo l’intervento del politologo Giovanni Orsina su “La Stampa” – non si può negare del tutto ma occorre capire come approcciarla onde evitare inutili “isterie” ideologiche. «Personalmente, per quel che vale, di fronte a questo coro (al coro, sia ben chiaro, non certo alla catastrofe) non so se sorridere, irritarmi o morir di noia. Se ne scrivo, è perché ho il sospetto che queste reazioni non appartengano a me soltanto, ma siano piuttosto diffuse», scrive il professore ordinario alla Luiss Guido Carli di Roma,
Davanti allo scontro perenne tra attivisti ambientalisti e “negazionisti”, occorre utilizzare sempre (e bene) la ragione e provare a capire a fondo la vera posta in palio: «Gridare a ogni disastro che è colpa dell’uomo non è altro che il risvolto negativo della convinzione positiva che gli esseri umani abbiano conquistato il pieno controllo sul proprio ambiente, dell’illusione prometeica che si siano infine sostituiti a Dio». Agire per fermare il riscaldamento globale è certamente utile, ma quell’urgenza urlata dagli attivisti di Ultima Generazione fino agli “eredi” di Greta Thunberg siamo così sicuri essere così motivata? «Se siamo pienamente in controllo, è evidente allora che siamo in grado di evitare i disastri; perciò, se i disastri accadono, la colpa è nostra», rileva ancora il politologo.
“CHI ANNUNCIA L’APOCALISSE SENZA ALTERNATIVE È PARTE DELLA TRAPPOLA”: PARLA IL POLITOLOGO ORSINA
Secondo Orsina non si deve credere che la crisi climatica non esista, solo però far notare come i “martellatori” sull’ambiente sembrano spesso ignorare due semplici realtà: «oltre al problema-chiodo ci sono tanti altro problemi che chiodi non sono e non possono essere risolti picchiando con quel martello, per quanto scientifico esso possa essere». In secondo luogo, è che atterrire gli esseri umani con scenari apocalittici allo scopo di mobilitarli «non hanno la benché minima possibilità di ritardare l’avvento dell’apocalisse, rischia di essere non poco controproducente».
E così Orsina torna a interrogarsi con una provocazione: «Ma siamo proprio sicuri che scrivere articoli su articoli al servizio dell’argomento smisurato secondo cui “l’apocalisse è imminente, ma se l’umanità intera cambia radicalmente e immediatamente registro tutto andrà bene” sia la strategia giusta?». Lo diceva già a suo tempo la scrittrice Margaret Mead, chi annuncia l’apocalisse senza alternative «è parte della trappola». Orsina va però anche oltre e sentenzia come il profeta di “sventura” di turno, alla lunga, «non lo sta a sentire più nessuno». E così si torna al punto d’origine, a quella provocazione dettata dall’intento di svegliare coscienze: il rischio davanti all’emergenza del clima è «la noia».