DRAGHI REPLICA SULLA CRISI DI GOVERNO
Se già Luigi Di Maio in mattinata aveva mandato un “messaggio” a distanza al leader M5s Giuseppe Conte, dicendo che «la verifica di maggioranza sarà domani con il voto in Senato sul Dl Aiuti», il tema della crisi di Governo è stato ampiamente sviscerato dalla conferenza stampa del Premier Mario Draghi tenutasi questo pomeriggio dopo l’incontro con i sindacati. «Il governo con gli ultimatum non lavora, perde il suo senso di esistere», afferma il Presidente a domanda specifica sulla possibile crisi di Governo in arrivo con lo strappo del Movimento 5Stelle.
«Se riesce a lavorare continua, se non riesce a lavorare non continua», ha ribadito più volte nella mezzoretta di conferenza stampa il Premier Draghi. In un altro passaggio è poi ancora più netto l’ex n.1 della Bce: «tornare in Parlamento per una verifica se il M5S non parteciperà al voto in Senato? Primo: lo chieda al presidente Mattarella. Secondo: ho già detto che per me non c’è un governo senza 5 Stelle. Terzo: ho già detto che non c’è un governo Draghi oltre a questo, Questa situazione di fibrillazione il governo l’ha affrontata abbastanza bene, continua a lavorare». Parlando ancora della crisi di Governo ipotetica, Draghi minimizza chiarendo però i termini della questione, «Se non si deriva nessuna soddisfazione, se si ha la sensazione che sia una sofferenza straordinaria stare al governo, che si fa fatica, bisogna essere chiari». Draghi ha incontrato nel pomeriggio anche il Segretario del Pd Enrico Letta, su cui si è limitato a sottolineare «portatore di buone notizie sul M5s? Potrebbe essere piacevole… No, abbiamo parlato della situazione ma non mi ha dato buone o cattive notizie».
STRAPPO CONTE, VERSO LA CRISI DI GOVERNO?
«Maggioranza unita o io lascio»: secondo i rumors raccolti da Quirinale e Palazzo Chigi, sarebbe questo il messaggio recapitato di persona dal Premier Mario Draghi salendo al Colle ieri per informare il Capo dello Stato sui “venti” da crisi di Governo che si paventano nella maggioranza composita dopo le fibrillazioni del M5s e lo strappo ieri sul voto alla Camera per il Decreto Aiuti. Il nuovo (pen)ultimatum del Presidente M5s Giuseppe Conte riguarda infatti il voto di fiducia in arrivo giovedì al Senato per il Dl Aiuti: mentre alla Camera la fiducia è stata votata, ma sul testo specifico i grillini sono usciti dall’Aula, a Palazzo Madama la conversione del Decreto vede un voto unico sul quale già pesa la fiducia posta dal Governo Draghi.
Il Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli consiglia di uscire dall’aula anche al Senato senza votare dunque nulla, ma su questo tanto Forza Italia, quanto la Lega (e quanto forse lo stesso Pd) ritengono che una mossa del genere causerebbe in via definitiva una crisi di Governo in piena estate. Con la crisi del gas, la guerra e una pandemia in risalita, dal Colle il messaggio di serrare i ranghi ed evitare fibrillazioni inutili prima della Legge di Bilancio pare sia già arrivato da tempo. Eppure lo scontro interno al M5s e la scissione di Di Maio è come se avesse accelerato il tentato “distinguo” di Conte dal Governo con l’avvicinarsi del voto nazionale il prossimo marzo 2023. Buona parte dei parlamentari M5s intende “rompere” il Governo: se ciò però non accadrà, il rischio è che a rompersi – più di quanto già non lo sia – sarà lo stesso Movimento. Il dilemma per Conte è enorme, così come la richiesta di una «verifica di maggioranza» è giunta ieri da Lega e Forza Italia.
GOVERNO, RENZI ‘SCARICA’ M5S: “AVANTI SENZA IL CLOWN-CONTE”
Draghi in tempi recenti aveva ribadito che al Governo si rimane se c’è anche il M5s, altrimenti crolla tutto: ora occorre capire se, davanti alla minaccia effettiva di Conte (che deve decidersi entro giovedì se vuole lo strappo) le uniche due strade al momento possibili siano realmente realizzabili. Far cadere il Governo e andare ad Elezioni anticipate (con enorme incertezza sulla data) oppure tentare un “rimpasto” e puntare a Manovra in autunno ed Elezioni ad inizio primavera 2023. I numeri anche senza i parlamentari M5s ci sono tanto alla Camera quanto, con più difficoltà, al Senato: resta da capire come Draghi voglia far passare gli ultimi delicati mesi di Legislatura, viste le tante emergenze in campo e vista la “spada di Damocle” del PNRR che incombe ogni mese.
Mentre ieri Draghi saliva al Quirinale per discutere dei temi delicati politici del momento (e inevitabilmente hanno parlato della possibilità di una crisi di Governo, ndr), il leader di Italia Viva Matteo Renzi è tornato all’attacco contro il Movimento 5Stelle: «Se il Movimento Cinquestelle se ne va, a maggior ragione è un tema da affrontare tutti insieme con il presidente del Consiglio», ha detto ieri l’ex Premier a margine della presentazione del libro ‘Vita e persecuzione di Giovanni Falcone’ di Claudio Martelli. «È chiaro che se non c’è più il M5S, per me si può andare avanti anche senza; bisogna però vedere se ci sono la volontà e i numeri e su che cosa. Qui c’è da non perdere i soldi europei, il Pnrr, c’è da fare la legge di bilancio, poi forse qualcuno vuole fare la legge elettorale», ha sottolineato ancora Renzi invitando Conte a dare risposta al più presto, «è come quei clown alla fine della carriera, che non fanno più ridere. Conte sta imponendo il suo narcisismo e la sua presenza in tutti i canali senza offrire una sola soluzione ai problemi del Paese». Occhi puntati oggi sull’incontro tra Draghi e i sindacati a Palazzo Chigi: dalle risposte del Presidente del Consiglio su cuneo fiscale, pensioni e tasse potrebbero arrivare quei “segnali” richiesti dal M5s nell’ormai famoso “dossier” presentato da Conte nel vertice con Draghi la scorsa settimana.