VERTICE LETTA-DI MAIO-SALA. M5S SEMPRE PIÙ ISOLATO
Due fatti politici del pomeriggio risvegliano una campagna elettorale oggi dai toni più “normalizzati” rispetto agli attacchi e contrasti registrati nelle ultime 72 ore: in primis, si sono visti in forma riservata (ma hanno tutti confermato l’evento) il leader Pd Enrico Letta, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il sindaco di Milano Beppe Sala. In secondo luogo invece, dopo Matteo Renzi è anche Giuseppe Conte ad ufficializzare in vista delle Elezioni anticipate 2022 la corsa in solitaria del suo partito. Ma andiamo con ordine: nel pomeriggio l’incontro tra i tre leader politici è stato individuato a Roma presso la sede di Arel. «Pronto a fare una lista nazionale? No, sto solo cercando di dare una mano, è chiaro che Letta è il segretario di un partito che per me è un riferimento, non essendo il mio partito, ed è un amico da tanti anni, quindi più che altro volevo capire la situazione. Io non sarò parte di questa partita ma questo l’ho detto molte volte. Da qua a disinteressarmi per un momento così delicato per questo Paese ce ne passa», ha spiegato il sindaco di Milano escludendo una sua candidatura diretta nel partito di Luigi Di Maio alle prossime Elezioni politiche del 25 settembre 2022.
La conferma arriva anche dal leader di Insieme per il futuro, uscendo dall’incontro riservato: «Giuseppe Sala continuerà a fare il sindaco di Milano mentre Enrico Letta ha dato la sua disponibilità a sostenere una coalizione molto importante che si sta delineando in vista delle elezioni del 25 settembre». Secondo il retroscena emerso su “OpenOnline”, l’accordo tra i tre dovrebbe cercare di fare incetta di voti nelle aree territoriali di competenza rispettiva: a livello logistico-organizzativo, saranno decisivi Bruno Tabacci che donerà il simbolo di Centro Democratico a Di Maio per evitargli la raccolta firme in pochissimi giorni a disposizione; e Gianfranco Librandi, deputato di Italia Viva che potrebbe amministrare la “cordata” elettorale tra Pd, Ipf e centristi. Chi invece a questo punto si ritrova sempre più isolato dopo l’incontro a tre voluto da Enrico Letta è Giuseppe Conte che infatti in serata, in una diretta Facebook, ufficializza la corsa in solitaria: «La campagna elettorale è già iniziata. Ci sarà il voto utile: o si vota Meloni o Letta. O Calenda, Renzi, Di Maio, Brunetta. Di fatto il voto sarà questo: o votate per l’uno o per l’altro. Ci sarà una sorpresa: il terzo incomodo, il Movimento 5 stelle. Saremo soli. Il terzo polo? Il terzo campo? Saremo il campo giusto». Si toglie diversi “sassolini” l’ex Premier, prima di tutto contro Mario Draghi «ha assunto un atteggiamento di estrema risolutezza, evidentemente ritiene pur dopo 18 mesi idi governo che la dialettica politica debba rimanere esiliata», poi contro in generale la stampa e gli altri partiti politici. Parla di M5s «bullizzato» in questi mesi, deluso da tutti – compreso il suo ex Ministro de MEF Roberto Gualtieri, «con il termovalorizzatore il Pd ha messo al Movimento le dita negli occhi». Infine l’attacco secco a Enrico Letta, ormai sempre più l’ex alleato del Movimento: «Quando si parla di tradimento, intendiamoci: nei confronti di chi? Noi non tradiremo mai i cittadini che ci voteranno. È l’impegno che voglio anticipare per questa campagna elettorale»
LETTA VS MELONI: È QUESTA LA SFIDA VERSO LE ELEZIONI ANTICIPATE?
Non è passata neanche una settimana dalla conclamata e ufficiale crisi di Governo che già la campagna elettorale dei partiti in vista delle Elezioni anticipate il 25 settembre 2022 ha raggiunto vette di polemica altissime: mentre le segreterie preparano le liste e i candidati da presentare entro metà agosto, la sfida per ora mediatica è tutta tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta, conservatori e progressisti, Centrodestra e Centrosinistra. A contribuire a questa dicotomia gli stessi due protagonisti, con relative problematiche sugli alleati che invece mal digeriscono questa “semplificazione” elettorale fondata tutta (o quasi) sui sondaggi politici. «La scelta è tra noi e Meloni», ha spiegato il segretario Pd nella relazione alla Direzione Nazionale dem in corso stamane alla Camera, «Mai come in queste elezioni il voto italiano sarà il più determinante di sempre nella storia europea. Il voto darà un risultato chiaro e andrà in una direzione o nell’altra, il pareggio non è contemplato. Non c’è pareggio, o vince l’Europa comunitaria o quella dei nazionalismi».
Toccando il punto sulle alleanze, Letta rivendica di poter parlare con tutti ad esclusione di Salvini e Conte: «Forza Italia è un partito con cui abbiamo collaborato al governo, abbiamo lavorato bene. Poi, improvvisamente, questa scelta incomprensibile che gli sta portando una frana di consensi e dirigenti. Fi ha deciso di sciogliersi dentro la Lega, ed è un punto di non ritorno, ma lì si è aperta una voragine, dentro il centrodestra. O noi convinciamo una parte degli elettori che hanno votato lì o sarà difficile giocarla solo sugli astensionisti. Dobbiamo parlare anche con chi ha votato Fi alle ultime elezioni o le liste civiche». La “replica” della leader di Fratelli d’Italia era in realtà già stata anticipata nella intervista al Tg5 andata in onda lunedì sera: «Non ho bisogno dei regali di Enrico Letta, né dei loro riconoscimenti. Letta fotografa la realtà quando dice che bisognerà scegliere tra Fratelli d’Italia e il Pd: sono i due principali partiti che si confronteranno in queste elezioni in un sistema che potrebbe tornare bipolare. Considero questa una buona notizia perché nel bipolarismo si confrontano identità: centrodestra contro centrosinistra, progressisti contro conservatori. Questo è lo scontro e gli italiani sceglieranno da che parte stare».
CRISI DI GOVERNO: CAOS ALLEANZE E PREMIER NELLE COALIZIONI
Ma la campagna elettorale non è affatto solo una questione a due, anche solo banalmente per la particolare legge elettorale del Rosatellum bis: dalla Lega di Salvini ai partiti di centro, dal futuro ad incognita del M5s di Conte fino al destino della galassia di partiti tra la sinistra e la sinistra radicale. Con la crisi di Governo Draghi che ha portato allo scioglimento delle Camere, il caos in piena estate è presto che servito: pochissimo tempi per i candidati, ancor meno per condurre alleanze tra liste, specie nell’area di Centrosinistra dove si cerca di contrastare il 45% circa attuale in mano al Centrodestra unito. Due i nodi su tutti che stanno ravvivando questi primi giorni di campagna elettorale: le alleanze, appunto e la Premiership. «La legge elettorale non postula coalizioni, ma semplicemente delle alleanze elettorali e credo che andare a siglare delle alleanze elettorali è importante e fa la differenza e noi ci dobbiamo provare», ha detto ancora stamattina Enrico Letta lanciando l’appello a tutti esclusi il “trio dell’irresponsabilità” (ovvero Lega FI e M5s). Renzi prosegue nella sua volontà di correre da solo, registrando come insufficiente la “costruzione” che il Pd starebbe cercando di mettere assieme per battere “le destre”: Carlo Calenda è invece il più vivace, da un lato spinge per accordarsi con Pd e Centrosinistra, dall’altro pone diverse condizioni tra cui il nodo centrale della Premiership. Ieri aveva rilanciato sul nome di Mario Draghi, irritando non poco il Pd: oggi il leader di Azione, dopo aver sdoganato il “patto repubblicano”, aggiunge un ulteriore condizione, «Noi pensiamo al governo Draghi bis con una forte componente riformista e ci candidiamo a far questo, ma un Paese non si può fermare solo ad una persona per cui se domani Draghi dicesse che non è disponibile allora mi candiderei io. Spiegheremo come intendo governare questo Paese».
Ulteriore stop arriva da Letta che si considera il candidato in pectore per Palazzo Chigi, «la discussione sulla premiership è stata surreale, nella giornata di ieri. A chi affila le armi dico che a Palazzo Chigi si va perché gli elettori ti spingono lì e il Parlamento ti vota. Io vorrei derubricare questa assurda discussione e dire che, se volete, assumo completamente il ruolo di front runner della nostra lista». In casa Centrodestra è invece l’aut-aut dato ieri da Giorgia Meloni ad aver lanciato qualche campanello d’allarme specie in casa Forza Italia: «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo sul nodo della premiership nel centrodestra non avrebbe senso andare al governo insieme», sottolinea la leader FdI, che trova in Salvini un immediato partner politico, «Meno tempo si passa a litigare e meglio è. Nella riunione di domani inviterò Berlusconi e Meloni a parlare di temi, a concentrarsi su una idea di Italia, li inviterò a concentrarci su cosa faremo dal 26 settembre. Sceglieranno gli italiani – ha affermato a Rtl 102.5 – non vedo perché mettere in discussione alleanze, programmi. Chi prende un voto in più vince, sceglie e governa. Non capisco il problema». Continua invece la fuga da Forza Italia dopo la crisi di Governo: stamane è Mara Carfagna su “Repubblica” a paventare l’addio, «Per quattro anni, mi sono battuta all’interno per difendere la sua collocazione europeista, occidentale e liberale, dall’abbraccio del sovranismo. Una parte considerevole di Forza Italia la pensava allo stesso modo. Siamo stati sconfitti, più volte, l’ultima in modo bruciante: neppure consultati sulla crisi del governo di salvezza nazionale che noi stessi avevamo voluto – conclude la Ministra per il Sud -. Ora mi chiedo: ha un senso proseguire una battaglia interna? O bisogna prendere atto di una scelta di irresponsabilità e instabilità, fatta isolando chi era contrario, e decidere cosa fare di conseguenza?».
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— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) July 26, 2022