Chi farà la prossima legge finanziaria? Non sappiamo ancora come evolverà la crisi di governo, se e quando si andrà alle elezioni, ma tempi politici, tempi istituzionali e tempi tecnici convergono verso una sola risposta: la farà Giovanni Tria. C’è anche chi ipotizza che il ministro dell’Economia possa guidare un Governo elettorale, che scada il 31 dicembre, ma in ogni caso è chiaro che i fili del bilancio pubblico sono nelle sue mani. Secondo alcune ricostruzioni, Salvini si sarebbe deciso a gettare il dado dopo aver visto che Tria aveva di fatto bocciato la flat tax e stava preparando una manovra economica con un deficit inferiore al 2% come chiedeva l’Unione europea. Poi Di Maio gli ha offerto l’occasione con il voto sulla Tav. Se così stanno le cose, una finanziaria Tria non avrebbe il voto della Lega, la quale, però, attualmente è in minoranza in Parlamento.



Ma cosa potrebbe fare il ministro dell’Economia, tanto più se lasciato più libero di muoversi e con il sostegno esterno del Quirinale? Quali spazi ci sono tenendo conto che incombe un aumento delle imposte indirette pari a 23 miliardi di euro se scatteranno le clausole di salvaguardia? Conoscendo Tria e facendo un po’ di conti si può dire che non c’è molto da scialare, ma qualcosa si può fare anche per uscire in modo dignitoso dalla legislatura più improbabile e litigiosa della storia repubblicana.

Cominciamo con le risorse disponibili. Ci sono tra i 4 e i 5 miliardi di euro grazie ai risparmi derivanti dal fatto che sia il reddito di cittadinanza, sia quota 100 per le pensioni hanno avuto un seguito inferiore al previsto. Ci sono poi i 10 miliardi che oggi vengono spesi per gli 80 euro che dovrebbero far parte del margine di manovra per ridurre le imposte indirette. A essi si aggiunge una quota derivante da alcuni rincari dell’Iva.

Il ministro ha già detto di preferire che aumentino alcune imposte indirette, utilizzando gli introiti per ridurre quelle dirette. La sua preferenza va non tanto alla fantomatica tassa piatta, ma al cuneo fiscale che avrebbe un impatto immediato sulle imprese tanto più ora che incombe una vera e propria recessione. Difficile adesso dire quali aliquote cambieranno e di quanto, ma possiamo immaginare che dall’Iva potrà arrivare un’altra decina di miliardi. A essi si aggiungono i ricavi dalle aziende pubbliche, dalla Banca d’Italia e dalla Cassa depositi e prestiti (un miliardo di utili solo dalla Cdp). Bisogna poi mettere in conto un residuo proveniente dall’extra gettito nella prima parte dell’anno. Infine, ma questo resta molto meno certo, c’è l’impegno a privatizzare imprese e beni pubblici per circa 18 miliardi.

Insomma, pur con beneficio d’inventario siamo a oltre 40 miliardi, Iva compresa. Potrebbero essere destinati in parte a contenere il disavanzo sotto il 2% del Pil, in parte a una riduzione delle imposte dirette, in parte a investimenti pubblici. Una triade se non proprio magica, ma in ogni caso virtuosa. Nulla di eclatante, nessuna “sferzata all’economia” come chiede Salvini, nessuna redistribuzione di un reddito che non c’è come vorrebbero i cinquestelle, ma abbastanza per tenere a galla la barca Italia senza finire né sugli scogli di una nuova crisi, né sotto la mannaia di Bruxelles. È un esercizio di bilancio modesto, forse minimalista, ma senza dubbio ragionevole. Glielo lasceranno fare?

L’agenzia di rating Fitch ha preso ancora tempo, confermando il rating BBB (due livelli sopra la quota che considera il debito “spazzatura”), anche se ha avvertito che una crisi di governo al buio come quella che si prepara potrebbe rendere sempre più rischioso il debito italiano e ciò significa interessi più elevati. È un segnale che gli investitori internazionali sperano ancora che prevalga il buon senso nella gestione delle finanze pubbliche. Dunque, dall’estero c’è un wait and see, nonostante gli allarmi lanciati dalla stampa internazionale.

All’interno, invece, non è affatto chiaro se prevarrà il richiamo della foresta, la voglia di vendetta e di una resa dei conti “definitiva”. Si legge che il vero grido di battaglia della Lega sarà la Italexit, in parallelo con la Brexit. Boris Johnson guida un Regno Unito che per la prima volta in dieci anni sta riducendo il suo prodotto lordo. Salvini, se vincesse, guiderebbe un’Italia in recessione. Due ciechi in cammino verso il fosso come nel dipinto di Pieter Bruegel il vecchio? Speriamo che la parabola resti scritta nel Vangelo di Matteo e a nessuno venga in mente di diventare farisei.