Alle 8 di sera di venerdì, l’ennesimo vertice di maggioranza, un Consiglio dei ministri allargato, produce solo interrogativi sulla modalità della (probabilmente è bene specificarlo) inevitabile crisi di governo. In Italia c’è una maggioranza che sta traballando da mesi, che sembra distinguersi solo per la sua litigiosità e per la contrapposizione interna.



C’è un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che pare volere guadagnare solo tempo (fin dall’estate degli “Stati generali” di Villa Pamphili con il famoso “piano Colao”, che è diventato un cult di Chi l’ha visto?). L’avversario principale, palese, dell’attuale premier è il leader di un partito, Italia viva, che raggiunge secondo i sondaggi a stento il 3 percento, Matteo Renzi.



Ex premier ed ex leader del Pd, Renzi è riuscito in un’impresa quasi impossibile, passando da un 40 percento di voti a una sconfitta clamorosa in un referendum istituzionale, a una scissione dal Partito democratico, lasciando in eredità dei fidati pretoriani, riemergendo infine con la nascita di un governo tra “populisti” pentastellati e i nipotini dell’oramai sopravvissuto catto-comunismo di un’era politica preistorica, per frenare l’avanzata della destra ed elezioni anticipate dopo la crisi dell’alleanza tra i“populisti” grillini e quelli salviniani. Una delle capriole politiche più incredibili della storia italiana.



Naturalmente cerchiamo solo di riassumere schematicamente quello che sta avvenendo nella “moralissima” seconda, terza o quarta repubblica (non riesce più a comprenderlo nessuno) che doveva sostituire le immoralità della prima, liquidata a colpi di procure e finanzieri d’assalto, attraverso privatizzazioni che si sono dimostrate vergognose per i risultati ottenuti e di cui oggi paghiamo ancora i risultati.

A proposito di crisi della democrazia, tutti guardano con apprensione a quanto è accaduto negli Stati Uniti, ma, con effetti per ora e per fortuna meno appariscenti, basterebbe guardare a Roma per vedere come è ridotta una democrazia occidentale. Mentre si aspetta un programma di governo che rinsaldi la maggioranza e stenda un piano per accedere al grande finanziamento di risanamento e di rilancio stabilito dell’Unione Europea, dalla riunione allargata filtrano, alle 10 di sera, notizie di questo tipo: “Tensione al tavolo di maggioranza a Palazzo Chigi sul Recovery Plan. Fonti di governo raccontano di uno scontro tra il renziano Davide Faraone contro il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri accusato di aver fatto delle provocazioni politiche. Tra le accuse mosse da Italia viva quelle di aver spostato da una parte all’altra i fondi”. Ovvero le poste del Recovery. cancellando anche progetti targati Iv, “una provocazione bella e buona”, avrebbe lamentato Faraone.

Ma a parte queste voci, il nervosismo nella maggioranza è una costante, una sorta di “favola noiosa e stupida” che continua ininterrottamente: si è ritirato fuori persino il ponte di Messina e non si dimentica ovviamente il Mes, poi la delega dei servizi segreti, oltre a una sequenza infinita di ritardi, errori e via dicendo. La consueta litania di questi mesi.

Alla fine, il vero senso di questo vertice sembra l’ultimo tentativo di un Conte che “resiste” barricato nella sua stanza, una parte del Pd e dei Cinquestelle che fanno quadrato intorno al “capo”, contro un’altra parte del Pd e Italia viva che cercano qualsiasi scusa per una crisi pilotata che mandi “in pensione” il giurista pugliese divenuto famoso con il nomignolo trumpiano di “Giuseppi”. Quasi irriverente ricordare che tutto questo avviene in una pandemia drammatica e tragica, con un elenco infinito di morti che dettano il ritmo dei bollettini ogni giorno. E con una serie di provvedimenti contro il contagio da Covid-19 che spesso sembrano incomprensibili e contrastanti.

Comunque, mentre Conte insiste nella sua resistenza, Renzi sembra giocare, imperterrito, su un continuo logoramento per portare il premier alla Camera e al Senato, facendogli quindi mancare la fiducia e costringendolo ad andare al Quirinale per il varo di un nuovo governo.

Questa realtà da “braccio di ferro” dura da circa sei mesi, cioè per l’esattezza da luglio, e non c’è dubbio che la sfiducia dei cittadini italiani verso le istituzioni sia l’unica cosa che sta crescendo in modo sostanzioso e spaventoso.

In questo quadro sembra che la maggioranza di governo, da Conte a Renzi passando per Zingaretti e compagnia cantante, nonostante la drammatica situazione del Paese, viva su un altro pianeta. Tra resistenza e logoramento, pare che nessuno immagini solamente che la situazione possa anche sfuggire di mano e che una crisi pilotata si possa trasformare nell’ultimo passo verso una crisi di sistema che l’Italia sta vivendo ormai da anni.

Si pensi solo a come è finita la giornata di venerdì 8 gennaio. Mentre  i renziani facevano dichiarazioni durissime, riassunte dal ministro Teresa Bellanova con la frase “Il governo è al capolinea”, il vertice terminava con una richiesta di Italia viva di un chiarimento in 24 ore. La risposta di Conte era surreale: nei prossimi giorni ci incontreremo per stabilire un programma di legislatura.

C’è un solo commento: irresponsabilità completa. E per favore non parliamo di politica!

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