Giuseppe Conte torna all’attacco del Premier Mario Draghi, accusandolo di avere un «atteggiamento incomprensibile di totale chiusura». Il presidente M5s ne ha parlato in una diretta social, in cui ha rivendicato la trasparenza del suo partito e ricordato di aver chiesto più volte di togliere il voto sul termovalorizzatore di Roma dal dl Aiuti. «Qualcuno ha parlato di ricatto? Lo abbiamo subito, quando abbiamo partecipato alla votazione è chiaro che abbiamo provato a circoscrivere al minimo il significato politico di questa linearità e coerenza. Non era un’astensione né una mozione, ma il premier ne ha tratto le conseguenze che ha ritenuto, confidavamo potesse optare per un percorso diverso». Conte ha ribadito che il voto M5s al Senato «non era il significato di un voto contrario alla fiducia, ma dal comunicato di Draghi abbiamo visto che la nostra linearità è stata intesa come elemento di rottura, ne prendiamo atto».



A livello puramente pratico, ha confermato la possibilità di un sostegno esterno al governo Draghi, visto che può contare su una maggioranza anche senza M5s. Senza risposte chiare, «è evidente che il M5S non potrà condividere una responsabilità diretta di governo, ci sentiremo liberi e sereni di votare e partecipare quel che serve al Paese di volta in volta, quel che serve ai cittadini portando avanti la nostra azione politica del tutto disinteressatamente». Ma la linea di Giuseppe Conte divide i parlamentari M5s. La linea impostata non riscuote infatti consensi unanimi. Sarebbero stati otto gli interventi contrari, tutti di deputati, nell’assemblea dei parlamentari che si è tenuta nella tarda serata di sabato. Il Corriere della Sera parla di un «ring tra falchi e governisti che dilania il Movimento», visto che ci sono oltre 50 grillini pronti alla fiducia al governo Draghi. (agg. di Silvana Palazzo)



CRISI DI GOVERNO: OGGI ASSEMBLEA M5S-CONTE, LEGA SI RIUNISCE LUNEDÌ

La crisi di Governo continua a tenere l’Italia sul filo di un rasoio. È ancora presto per dire cosa accadrà. Bisognerà attendere la data di mercoledì, quando il Premier Mario Draghi sarà chiamato a pronunciarsi in Parlamento circa il futuro del suo mandato: si dimetterà? Non è dato saperlo per il momento. Le diverse forze politiche però stanno valutando il da farsi. Il Consiglio nazionale del M5s si è riunito per ben cinque ore quest’oggi. Questa sera alle 18.30 inoltre si terrà un’assemblea di deputati e senatori pentastellati con il presidente Giuseppe Conte per fare il punto della situazione.



A quanto si apprende da AdnKronos Matteo Salvini incontrerà invece lunedì sera, alle ore 20.30, tutti i parlamentari della Lega a Roma. Il segretario federale intende fare il punto con deputati e senatori all’inizio della settimana che sarà risolutiva per le sorti del governo del Premier Draghi. (agg. di Chiara Ferrara)

CRISI DI GOVERNO: I PARERI DI ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI

Sulla crisi di governo in essere in Italia è intervenuto nuovamente il segretario del Pd, Enrico Letta: “Il mio è un forte appello alle forze politiche che hanno sorretto con grandi risultati positivi il cammino del governo Draghi, perché questo cammino non si interrompa e venga rilanciato a partire da mercoledì con un nuovo voto di fiducia che stabilisca un percorso di 9 mesi importante per completare tutte le riforme. Nel Paese non c’è nessuna voglia e nessuna spinta per una crisi che porterebbe a un avvitamento e alle elezioni il 25 settembre”.

Attraverso Facebook, però, Matteo Salvini ha risposto in maniera critica al leader del Partito democratico: “Gli italiani meritano e chiedono certezze e lavoro, sicurezza e innovazione, coraggio e lavoro di squadra, riconoscimento del merito e lealtà. La Lega sceglierà per il bene dell’Italia, capricci e minacce li lasciamo ai signori del No, cioè ai 5 Stelle, e ai loro amici del Pd”. Contestualmente, i capigruppo di Camera e Senato della Lega, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, hanno diramato un comunicato che recita: “Letta all’improvviso si sveglia e capisce che gli italiani hanno bisogno di un governo forte e operativo su bollette, tasse e lavoro. Lui che fino alla scorsa settimana ha fatto di tutto per dividere la maggioranza e bloccare il Parlamento con Ius scholae, Ddl Zan e droga libera. Lui che, per le sue bandierine, si è alleato con i 5 Stelle che tutti sanno essere inadatti a governare. Ci risparmi almeno i suoi appelli per nulla credibili. Ci vuole davvero un bel coraggio ad essere così opportunisti e trasformisti”.

CRISI DI GOVERNO: INSEDIAMENTO NUOVO GOVERNO TRA FINE OTTOBRE E INIZIO NOVEMBRE?

La crisi di governo in Italia continua a tenere il Paese con il fiato sospeso e lo farà sino a mercoledì, giorno in cui Mario Draghi sarà chiamato a pronunciarsi in Parlamento circa il futuro del suo mandato, dopo che Sergio Mattarella, in occasione della salita del presidente del Consiglio al Quirinale, ne ha respinto le dimissioni, convincendo l’ex leader della Bce a cancellare la parola “irrevocabili” dal documento presentato. Tra gli scenari possibili in caso di addio di Draghi, c’è quello del governo tecnico, che però non convince il Centrodestra e neppure Enrico Letta (segretario Pd), il quale ha indicato che la strada dopo Mario Draghi è una soltanto e conduce alle urne.

E allora, se si materializzasse tale scenario, al momento affatto improbabile, significherebbe che gli italiani sarebbero chiamati alle urne in autunno per eleggere il nuovo esecutivo e porre così fine alla crisi di governo, che rischia dunque di protrarsi per tutta l’estate. Secondo le tempistiche scandite dalla Costituzione, l’eventuale insediamento di un nuovo governo potrebbe avvenire soltanto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, proprio nel bel mezzo della manovra di bilancio, da depositare alle Camere entro il 15 ottobre. Eppure, l’articolo 61 della Costituzione dice che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”.

CRISI DI GOVERNO: SE DRAGHI SI DIMETTE, SI VA AL VOTO IN AUTUNNO

Se mercoledì 20 luglio 2022 la crisi di governo delineasse lo scenario peggiore e le Camere venissero sciolte a seguito della conferma di fine legislatura da parte di Mario Draghi, la prima data utile per recarsi alle urne potrebbe essere quella di domenica 25 settembre 2022 o, in alternativa, quella di domenica 2 ottobre. Inoltre, è ancora l’articolo 61 della Costituzione italiana a chiarire che “la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”, quindi si arriverebbe a una data tra il 15 e il 22 ottobre.

Dopo l’elezione dei nuovi presidenti di Camera e Senato e la formazione dei gruppi parlamentari, il presidente Mattarella aprirebbe le consultazioni. Qui le tempistiche sono variabili: nel 2018 si votò il 4 marzo e Giuseppe Conte giurò 90 giorni dopo, mentre cinque anni prima, dopo gli esiti del 24 febbraio 2013, Letta giurò a 63 giorni di distanza dal risultato elettorale. Il successo schiacciante del Centrodestra nel 2008, invece, consentì a Berlusconi di giurare a soli 25 giorni dal voto.