Il settore italiano della macchina utensile, che sta alla base dell’industrializzazione dell’azienda-Paese, è composto, principalmente, da Pmi. La chiusura della aziende produttrici in questo periodo non è che la punta dell’iceberg di una fase che promette di diventare insostenibile. Siamo di fronte a un blocco internazionale di tutte le filiere in cui la macchina utensile è impegnata. Il 55% della produzione finisce nell’automotive, in fase di passaggio dagli attuali motori tradizionali, ormai a impatto ambientale vicino allo zero, alla mobilità elettrica e in generale ecosostenibile. Questo già avrebbe richiesto grandi investimenti per le conversioni delle aziende da una tecnologia nella quale siamo leader mondiale a un’altra della quale abbiamo limitata cognizione. È il momento di dare lavoro alle aziende rinviando di qualche anno (due o tre) l’accelerazione sulla propulsione elettrica? Il quesito appare ancora più legittimo in questa fase eccezionale, nella prospettiva d lasciare fiato e spazio lavorativo ad aziende che potrebbero proseguire mantenendo inalterata la forza lavoro.
Una logica difficoltà arriverà alle Pmi dal fatto che la catena produttiva sta già subendo pesanti blocchi di natura finanziaria su scala globale. Sarà purtroppo frequente il caso di fornitori che chiedono acconti per produrre e non li ricevono per mancanza di liquidità del cliente. Vi saranno dilazioni nel collaudo e nella consegna dei mezzi di produzione ordinati. Può darsi anche che non vi sia liquidità per i saldi: allorché il cliente potrà non avrà più bisogno del bene ordinato perché a sua volta ha registrato un calo di ordini.
Alcuni provvedimenti appaiono comunque ineludibili. Alle aziende nazionali andrebbero rinviati i pagamenti di ogni imposta diretta, indiretta o ritenute a dipendenti o terzi fino al termine della crisi sanitaria. Tali importi potrebbero poi essere dilazionati con pagamenti in 18/24 mesi. Ferme restando – e se possibile accentuate – le agevolazioni di Transizione 4.0, il quadro strategico rimane caratterizzato dall’assoluta necessità di azioni che diano subito liquidità alle aziende.
Lo strumento principe è chiedere alle banche la massima concessione di credito alle aziende, basandosi su rating attribuiti ante-virus, ponendo garanzie statali affinché le banche eroghino a bassissimi tassi e rischio zero (secondo la proposta ultimamente avanzata da Mario Draghi). Concretamente si potrebbe pensare che tutte le imprese (di capitale, di persone, individuali) attive al 31/12/2019 possano emettere un prestito obbligazionario pari al 50% del loro fatturato dichiarato nell’anno di imposta 2018. La durata potrebbe essere ragionevolmente fissata in 10-15 anni, con meccanismi proporzionati al fatturato. Il prestito dovrebbe essere garantito al 100% dalla Cassa depositi e prestiti, la quale non avrebbe un’esposizione creditoria per cassa, ma solo un “impegno di firma”, che scatterebbe solo in caso di insolvenza dell’azienda.
I titoli emessi con la garanzia Cdp potrebbero essere sottoscritti dalle banche, che concederebbero quindi finanziamenti a favore delle imprese con scadenza pari a quella del bond e con un tasso massimo del 3% . Tali operazioni verrebbero con ogni probabilità esaminate e giudicate in sede Ue come “aiuto di Stato”, ma la situazione di emergenza costituirebbe sicuramente un valido motivo di forza maggiore. Il Tesoro italiano, quindi, non dovrebbe più emettere bond di emergenza – a costi prevedibilmente agganciati a uno spread in rialzo -, ma solo quelli necessari alla gestione corrente e per sostenere la ripresa: in particolare per lo sblocco dei cantieri.
Per procurarsi i fondi oltre al lancio di emissioni di Btp Italia che, sicuramente, se avessero una cedola collegata all’inflazione indurrebbero gli italiani all’acquisto, rimane basilare l’intervento della Bce. L’opzione di lancio di eurobond – attualmente al centro di un serrato confronto in sede Ue – fornirebbe senz’altro la visione di un’Europa politica e non solo finanziaria. I paesi del Nord Europa sono per principio contrari alla creazione di debito a dubbio rimborso, ma non possono non comprendere che senz’assunzione evoluta di rischio e senza un utilizzo non punitivo del cosiddetto Mes ci attende un’Europa povera in termini di “tragedia biblica”, come drammaticamente evocato da Draghi.