L’Istat ha diffuso ieri “Le prospettive per l’economia italiana nel 2022-23”, da cui emerge che il Pil nel 2022 crescerà del 3,9% “per poi rallentare significativamente nel 2023 (+0,4%)”. Sulla stessa linea si muoveranno anche i consumi, che dopo un +3,7% quest’anno passeranno a un +0,4% il prossimo. Questo scenario previsivo, aggiunge l’Istat, “è caratterizzato da ipotesi particolarmente favorevoli sul percorso di riduzione dei prezzi nei prossimi mesi e sulla completa attuazione del piano di investimenti pubblici previsti per il prossimo anno”. Se per quel che riguarda quest’ultimo punto si dibatte a livello politico da alcune settimane circa i ritardi nell’attuazione del Pnrr, sul fronte dell’inflazione l’Istituto nazionale di statistica prevede una “parziale decelerazione” nel 2023 se le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime saranno “contenute nei prossimi mesi e in presenza di una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio”. Ipotesi tutt’altro che solide.
Al di là di questo, come spiega Luigi Campiglio, professore di politica economica all’Università Cattolica di Milano, “una stabilizzazione dei prezzi dei beni energetici, che sono enormemente cresciuti nell’arco dell’ultimo anno, li lascerà comunque a livelli elevati. Credo comunque che oltre alla dinamica inflattiva, conti soprattutto il rapporto tra reddito e prezzi dei beni, cioè il potere d’acquisto”.
Da questo punto di vista come andranno le cose?
Il fenomeno inflattivo che stiamo attraversando ha avuto un inizio “esplosivo” con una rapida crescita nell’arco di pochi mesi. Sembra che ci potrà essere ora una stabilizzazione, ma certamente la fase discendente non sarà rapidissima. Questo significa che se andrà bene l’anno prossimo il potere d’acquisto rimarrà stabile, ma più facilmente diminuirà soprattutto per quel che riguarda i beni che sono più consumati, incluse le vacanze.
L’Istat prevede che l’Ipca, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato che serve poi per calcolare l’inflazione nell’Eurozona, nel 2022 farà segnare un +4,4%. Non è poco…
Non è poco, ma non è nemmeno molto distante dal 3% che in questo momento molti analisti ed economisti sembrano favorire come target di stabilità dei prezzi per le Banche centrali al posto del tradizionale 2%. È del resto importante che ci sia un ritorno di qualche margine di manovra per le Banche centrali, soprattutto nei periodi più negativi, dopo un decennio di tassi zero che non ne lasciavano.
L’importante, ovviamente, è che questo dato non cresca ulteriormente l’anno prossimo.
Sì, anche perché al suo interno c’è il cosiddetto carrello della spesa. Quando si parla di andamento dei prezzi è molto importante considerare la composizione del paniere, perché se ci sono beni sostituibili è un conto, ma se sono indispensabili, caratterizzati da una domanda rigida, allora è più facile che si intacchi il potere d’acquisto.
L’Istat registra anche un aumento del disavanzo commerciale, dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dei beni energetici e delle materie prime, che un Paese trasformatore come l’Italia è costretto a importare. Cosa può significare questo cambiamento dopo anni di avanzo commerciale?
Diciamo anzitutto che questo fenomeno potrebbe non essere transitorio, dipende anche dalle misure che verranno intraprese in ambito nazionale, comprese quelle previste nel Pnrr, per essere più autonomi dal punto di vista energetico. Alla base c’è comunque un cambiamento delle ragioni di scambio, perché se le materie prime energetiche costano di più ne servirà una quantità minore per acquistare un prodotto italiano. Dunque possono anche aumentare le nostre esportazioni verso i Paesi produttori di queste materie prime, ma crescono di più le importazioni da parte dell’Italia perché parliamo di beni, quelli energetici, che hanno una domanda piuttosto rigida. Complessivamente questo processo colpisce anche il potere d’acquisto e amplifica un ritardo già esistente nella dinamica salariale del nostro Paese.
Ha accennato al Pnrr. Secondo la premier Meloni, non è sufficiente e l’Europa dovrebbe fare di più. Cosa ne pensa?
La richiesta di un “qualcosa in più” è pienamente giustificata se c’è un rischio reale di rallentamento dell’economia e in effetti questo rischio c’è. Va però detto che è cruciale la rapidità con cui questo qualcosa viene fatto. Una manovra anti-ciclica è molto più efficace quando attuata al manifestarsi dei primi segnali di difficoltà. Più si aspetta, più questa efficacia diminuirà.
(Lorenzo Torrisi)
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