Prende il via oggi il Consiglio europeo sul cui tavolo ci sarà anche la proposta della Commissione per affrontare la crisi energetica. Un piano articolato essenzialmente su 4 punti: acquisti comuni di gas per quantitativi pari ad almeno il 15% degli stoccaggi; creazione di un nuovo parametro di riferimento per i prezzi diverso dal TTF, con la possibilità di un price cap dinamico temporaneo e di uno specifico indice per il GNL; un meccanismo di solidarietà tra gli Stati membri in caso di carenze di approvvigionamento; la facoltà di utilizzare parte dei fondi di coesione 2014-20 non spesi per finanziare misure contro il caro-bollette.



Secondo Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli, da parte di Bruxelles, «con questo piano non si fa nulla di concreto. Come da 7 mesi a queste parte ci sono solo proposte che dovranno essere poi negoziate. E mi sembra anche che l’Europa voglia sfruttare l’Eni, che tra l’altro è l’unico colosso energetico di caratura globale ad avere pagato un’imposta sugli extraprofitti».



In che senso l’Europa vorrebbe sfruttare l’Eni?

Basta guardare ai punti della proposta relativi agli acquisti comuni e alla solidarietà tra Paesi membri. Nel primo caso, infatti, sappiamo bene che Eni ha la capacità di negoziare i migliori accordi, in questi mesi non abbiamo sentito nominare altri gruppi europei nel processo di approvvigionamento internazionale.

E per quanto riguarda la solidarietà tra Paesi?

Di fatto si dice che gli Stati che hanno minori difficoltà di approvvigionamento sono costretti ad aiutare chi invece ne ha, principalmente Paesi che hanno rigassificatori e non pipeline. Vuol dire che quest’ultimi non hanno alcun incentivo ad approvvigionarsi se sanno di poter automaticamente contare sul gas che viene preso da qualcun altro che ha migliore capacità negoziali come appunto l’Italia tramite Eni. Per una questione logistica, contrattuale e di rapporti l’Eni e l’Italia sono i più favoriti e si trovano costretti a questa solidarietà. Ma la vera domanda è: a che prezzo?



Non lo sappiamo.

Esatto, ma è un dettaglio non secondario. Praticamente converrebbe acquistare il minimo indispensabile per se stessi per non correre il rischio di dover aiutare gli altri. Altro che solidarietà!

L’Ue intende anche rendere possibile il ricorso, per finanziare misure contro il caro-bollette, ai fondi di coesione 2014-20 ancora inutilizzati. Per l’Italia si tratterebbe di 3-4 miliardi di euro…

Sempre che Stato e Regioni trovino l’accordo per la riprogrammazione dei fondi non ancora utilizzati. Oltretutto ricordiamoci che sono risorse già stanziate, non aggiuntive. Alla fine, purtroppo, dall’Europa sta arrivando il chiaro messaggio che ogni Stato deve fare da sé, perché altri soldi non ne arriveranno. Anche per quel che riguarda il REPowerEU stiamo parlando di un fondo nato per gli investimenti fisici e non per fornire liquidità: per cambiare i regolamenti, cosa non semplice, ci vorrebbe comunque tempo.

C’è anche l’idea di sganciarsi dal TTF. Ancora, però, non è chiaro in che modo.

Esatto e non sappiamo nemmeno chi ci sarà a rappresentare l’Italia al Consiglio Affari Energia del 27 ottobre per portare avanti le discussioni sulla proposta della Commissione. Al di là di questo deve essere però chiara una cosa: si può anche cambiare l’indice di riferimento e passare dal TTF a un altro, ma non può essere il compratore a dettare le condizioni, è il produttore a decidere a quanto vendere il gas.

Per fortuna almeno adesso il TTF è in discesa.

Sì, ma questo andamento non è stato minimamente influenzato dall’iniziativa di Bruxelles. In questo momento il mercato guarda ai consumi, che sono limitati per fattori climatici e per il rallentamento dell’attività economica, e agli stoccaggi pieni che non richiedono quindi negoziazioni di gas per il loro riempimento. Ci dobbiamo aspettare altra volatilità e non è da escludere che sia al rialzo.

Dato che in Italia più del 40% di energia elettrica si produce con il gas, non varrebbe la pena seguire la Spagna che ha fissato un price cap per il gas utilizzato a questo scopo?

Sì, come pure l’ipotesi di scorporare il prezzo dell’elettricità prodotta con rinnovabili da quella prodotta con il gas. Giorgia Meloni qualche settimana fa ha detto che tra le prime cose che il nuovo Governo farà ci sarà proprio quella di vagliare l’adozione di questo tipo di misure. Vedremo. Siamo, come detto prima, nell’ambito di soluzioni nazionali verso cui di fatto l’Europa spinge.

Diventa allora importante che il nuovo Governo sia capace di mettere in atto questo tipo di politiche senza aspettare l’Europa.

Sì. Bisogna, però, non limitarsi a singole misure, ma disegnare una strategia energetica complessiva, altrimenti si corre il rischio, per fare un esempio, di incentivare l’uso dell’elettricità perché più conveniente, ma proprio per questo di contribuire a farne aumentare poi il prezzo nel medio termine.

All’Italia, però, a differenza di altri Paesi, mancano le risorse per cercare di fronteggiare la crisi energetica.

È così. È giusto preoccuparsi dei nuovi punti di rigassificazione che dovranno essere pronti all fine dell’inverno, ma il problema più importante è come fanno famiglie e imprese a pagare nel frattempo le bollette. Una volta arrivata la primavera le morosità rischiano di essere molto alte.

(Lorenzo Torrisi)

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