Il decreto “aiuti-bis” approvato dal governo Draghi introduce la possibilità per le aziende di dare 600 euro di bonus ai dipendenti esentasse per pagare le bollette. È l’ultimo di una lunga serie di bonus con cui si è cercato di aiutare le famiglie a difendersi dal caro vita e dall’esplosione dei costi delle utenze.
Mentre le bollette della luce e del gas sono già entrate nel dibattito pubblico, altre conseguenze dei rialzi del prezzo del gas sono rimaste ai margini della discussione. Interi distretti industriali a settembre non hanno aperto per l’impossibilità di trasferire ai clienti finali l’incremento dei costi energetici. È una vicenda che promette di avere conseguenze drammatiche sull’occupazione, ma di cui si parla ancora poco. A meno di un mese dall’accensione dei riscaldamenti condominiali e aziendali nessuno o quasi si è ancora occupato del fatto che riscaldare le case costerà diverse migliaia di euro in più a famiglia e molto di più alle imprese. È una bomba a orologeria per molti aspetti.
Uno è che i fornitori di gas si tutelano chiedendo fideiussioni e depositi sui conti correnti agli utenti industriali. Il rischio di non essere pagati è più alto per via della congiuntura economica e, soprattutto, gli eventuali insoluti avrebbero importi molte volte superiori dato l’andamento dei prezzi. Nessuno vuole rischiare di trovarsi a fine inverno, dopo aver fornito il servizio, con crediti inesigibili per importi anche cinque volte superiori a quelli dell’anno scorso. Il secondo aspetto riguarda le utenze private soprattutto nel caso di riscaldamenti centralizzati, dato che per una legge del 2012 i condomini rispondono in solido. Anche in questo caso non è chiaro come i fornitori di gas si comporteranno per evitare di trovarsi con una montagna di crediti inesigibili. I più accorti cominciano a ipotizzare un numero di ore di accensione del riscaldamento molto inferiore, ma è chiaro che a parità di costo si patirebbe il freddo.
Di tutto questo non parla nessuno e il tema emerge solo sporadicamente sui principali media. Forse si spera in qualche tipo di intervento statale o che i prezzi del gas scendano considerevolmente prima dell’inizio della stagione invernale; sempre ammesso che siamo ancora tempo. L’iniziativa del Governo italiano per invocare un tetto ai prezzi in Europa è naufragata, come prevedibile, perché i Paesi membri si trovano in condizioni molto diverse sia come forniture, sia perché molti Paesi non hanno deciso di dipendere interamente da un mercato, il TTF europeo, illiquido e dominato dalla speculazione. Ognuno fa per sé. Anche in tema di razionamenti non è stato fatto niente forse per evitare di presentare il conto delle sanzioni. Ci avviamo così, nel silenzio generale o quasi, verso un inverno fatto di imprese chiuse e costi energetici impazziti senza uno straccio di soluzione e nemmeno una prospettiva che ci convinca, almeno, che il prossimo inverno sia il peggiore e poi si migliorerà.
In questo scenario l’ultimo bonus da 600 euro più che un contributo alla soluzione assume una funzione “mediatica”. Induce a pensare che sia questa la cifra, gestibile dalla maggior parte delle famiglia, necessaria a coprire la differenza rispetto all’anno passato e che sia solo una questione di soldi e non come appare anche di disponibilità di riscaldamento piuttosto che di elettricità per non parlare del costo economico delle imprese che chiuderanno. Non è chiaro quanto a lungo possa durare l’illusione prima di un inverno molto difficile.
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