Si avvicina il Consiglio europeo del 20-21 ottobre, che si spera possa essere risolutivo per la messa a punto di una strategia comune nell’Ue per fronteggiare la crisi energetica. Paolo Gentiloni e Thierry Breton, commissari europei per l’Economia e il Mercato interno, in un intervento pubblicato su diverse testate europee, evidenziano che “di fronte alle sfide colossali che abbiamo davanti, c’è solo una risposta possibile: quella di un’Europa solidale. Per superare le falle causate dai diversi margini di manovra dei bilanci nazionali, dobbiamo pensare a strumenti mutualizzati a livello europeo”.



Per questo ritengono che “ispirarsi al meccanismo ‘Sure’ per aiutare gli europei e gli ecosistemi industriali nell’attuale crisi potrebbe essere una delle soluzioni a breve termine che apre la strada a un primo passo verso la fornitura di ‘beni pubblici europei’ nei settori dell’energia e della sicurezza, che è l’unico modo per dare una risposta sistemica alla crisi”. Una proposta, quindi, che richiama alla solidarietà europea, messa in forte dubbio dalla scelta della Germania di stanziare 200 miliardi di euro per proteggere le sue imprese e i suoi cittadini dal caro bollette. Un atto di “nuova arroganza tedesca”, l’ha definito Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino.



Ci può spiegare meglio cosa pensa del provvedimento varato la settimana scorsa dal Cancelliere Scholz?

Abbiamo sempre visto Germania e Francia unite, come un nucleo duro che determinava l’andatura dell’Ue, ma oggi questo assetto non sembra esserci più. La Germania attraversa una crisi molto profonda, perché ha perso primati industriali e non è leader nell’elettronica o nell’economia digitale, e vuole, quindi, contare di più. Cresce un’anima, non diciamo nazionalista ma almeno nazionale, che non vuole più essere al traino della Francia sulle questioni internazionali. Tutto questo assieme dà l’idea di un malessere profondo tedesco che potrebbe incidere fortemente sulla struttura europea, proprio in una fase in cui di questa struttura, delle sue modificazioni, si sta parlando, per portare tutti i Paesi membri a una maggiore unità.



Vista la proposta arrivata da Gentiloni e Breton, significa che la Germania non poteva aspettare i tempi dell’Europa?

Credo che non lo sappiano bene neanche i tedeschi. Non dobbiamo infatti dimenticare che al Governo a Berlino ci sono forze politiche che certamente non si amano, ed è quindi più facile trovare punti in comune in negativo piuttosto che in positivo: per soggetti così diversi tra loro è più semplice trovarsi d’accordo nel dire un no piuttosto che un sì.

Dopo l’intervento da 200 miliardi approvato, per la Germania ci può essere un interesse a uno “strumento mutualizzato” a livello europeo? La proposta di Gentiloni e Breton ha qualche possibilità di essere appoggiata da Berlino?

Posto che la proposta dei due Commissari europei va nella direzione giusta, ma occorrerebbero poi altri interventi, come per esempio una maggior integrazione tra le reti energetiche nazionali, al momento è emerso questo fondo di insoddisfazione da parte della Germania, che non è detto possa rappresentare un ostacolo decisivo per iniziative comuni. Credo che la cosa che spaventa di più i tedeschi, dopo la mancanza di approvvigionamenti di gas russo su cui avevano basato la forza delle loro industria, sia la perdita del flusso di merci verso la Cina. Se, dunque, a livello europeo si mantenesse una situazione di buoni rapporti commerciali con Pechino, per la Germania sarà più facile aderire alle iniziative comuni. Non credo che i tedeschi siano diventati anti-europei, sono semplicemente degli europei scontenti. Tra l’altro non va dimenticato che qualche mese fa il Governo Scholz ha preso un’altra decisione importante e indicativa.

Quale?

Ha deciso di aumentare in misura significativa la spesa militare portandola al 2% del Pil. L’aspetto più importante è che si tratta di risorse che non vengono date alla difesa comune europea ancora embrionale. Come dicevo prima, questo atteggiamento è l’unico che tiene assieme una maggioranza così divisa. È una cosa non irrilevante, anzi importante, ma non drammatizzerei più di tanto.

Il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha intanto detto che la questione di una nuova emissione di debito comune sul modello del Sure “richiede altre discussioni perché ci sono punti di vista diversi attorno al tavolo”. Oltretutto il portavoce della Commissione ha spiegato che l’intervento di Gentiloni e Breton non impegna la Commissione stessa. Si può arrivare a una soluzione condivisa al Consiglio europeo del 20-21 ottobre, prima che i consumi di gas aumentino per un semplice fattore meteorologico?

Mi piacerebbe tanto saperlo, non vedo però al momento alcuna possibilità di accordo. L’Europa ci ha sempre stupiti perché quando non si vedevano vie di uscita è riuscita a tirare fuori qualcosa di importante. È difficile, però, immaginare ora che cosa possa fare, perché, come dicevo prima, non c’è un blocco franco-tedesco alla guida dell’Ue come in passato. Intanto credo non debba passare inosservato il “silenzio” del Governo italiano. Su alcune cose, come il raggiungimento dei traguardi per i fondi del Pnrr o l’approvazione della Nadef, si è dato molto dare fare, ma ci sono almeno due punti su cui vedo che al momento non sta facendo nulla.

A che cosa si riferisce?

In primo luogo, al fatto che di fronte all’aumento dei contagi ha lasciato che cadessero gli ultimi obblighi di uso delle mascherine e non ha detto più nulla. Non si parla più nemmeno della nuova campagna vaccinale in vista dell’inverno. Inoltre, anche sull’energia è calato un silenzio riguardo le regole sull’accessione dei riscaldamenti piuttosto che sui piani di risparmio per l’illuminazione pubblica: non c’è più alcuna comunicazione o informazione in merito. È chiaro che sono temi scomodi, su cui è facilissimo essere criticati qualunque cosa si faccia, e per questo si preferisce passare la mano al nuovo Esecutivo. Non possiamo aspettare, però, che quest’ultimo sia in carica e abbia ricevuto la fiducia dal Parlamento, cosa che penso non avverrà entro la fine del mese: il Governo Draghi deve fare qualcosa.

Il nuovo Governo cosa dovrebbe fare, invece, pensando alla Legge di bilancio?

Il lavoro fatto dal Governo attuale, che non conosciamo, non può essere buttato via e credo si stia andando giustamente nella direzione di riunioni congiunte per un “passaggio di consegne” ordinato che consenta l’approvazione della Legge di bilancio entro la fine dell’anno, evitando l’esercizio provvisorio. L’impronta sarà quella del Governo Draghi e non c’è tempo per averne un’altra.

(Lorenzo Torrisi)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI

Leggi anche

DIETRO LE QUINTE/ Se Prodi e Monti "catturano" Fitto (per conto di Mattarella)ACCORDO SULLE NOMINE UE/ “Tatticismi irrilevanti, le élites europee sono sempre più in crisi"SPILLO/ Le divisioni dell'Ue ricordate dall'accordo con il Mercosur