Gli effetti della crisi continuano a farsi sentire. Dalla ricerca “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza“, realizzata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, emerge che l’erosione dei redditi ha comportato per il 56,1% delle famiglie problemi nel far fronte alle spese quotidiane, nel 16,7% dei casi per quel che riguarda i beni essenziali. I precari e gli autonomi sono quelli che hanno registrato i maggiori cali di reddito. Come se non bastasse, 620mila dipendenti e circa 400mila autonomi sono convinti di perdere il lavoro nei prossimi mesi e 2,6 milioni di dipendenti sentono il proprio posto a rischio per via della prossima fine del blocco dei licenziamenti. Come affrontare questa situazione e ridare fiducia ai lavoratori?
Secondo Luigi Campiglio, «si possono immaginare varie e coordinate soluzioni, che di sicuro implicano un impegno razionale delle risorse disponibili in maniera tale che vadano esclusivamente a chi ha bisogno. Gli aspetti più importanti su cui insistere sono in ogni caso il lavoro e la domanda interna».
Quale dei due è più importante?
Sono due aspetti collegati. Va da sé che il lavoro è il miglior sostegno sociale che si possa immaginare in una situazione come quella attuale. È quindi importante che il mondo delle imprese offra opportunità pagando redditi adeguati. Sono cosciente che questo discorso si collega, giustamente, a quello del necessario aumento della produttività per sostenere la competitività del sistema Paese, ma bisogna essere consapevoli di che cosa esso significhi.
Che cosa intende dire?
Il nostro export, nonostante la crisi dovuta alla pandemia, ha tenuto e in certi casi è persino cresciuto. Questo vuol dire che siamo ancora tutto sommato competitivi, anche se dobbiamo certamente rafforzarci. Il punto è che non possiamo però dimenticarci della domanda interna. Se ci concentriamo solo su quella estera ci ritroviamo con un’economia sbilanciata che rischia di cadere.
Come si fa a creare lavoro di qualità, e quindi ben retribuito, e ad alimentare la domanda interna?
Il lavoro di qualità corrisponde a prodotti di qualità. Basta pensare al settore automobilistico tedesco, dove le retribuzioni sono elevate e vengono incorporate nel prezzo che i consumatori sono disposti a pagare riconoscendo la qualità del prodotto. È anche per questo che il costo del lavoro manifatturiero in Germania è più alto che in Italia. Non per questo, però, la Germania è meno competitiva nell’automotive. Gli investimenti del Recovery plan potranno aiutarci a fare passi avanti su questo fronte, ma dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che la domanda interna è fondamentale in Italia per sostenere la ripresa complessiva.
Su questo fronte cosa bisognerebbe fare?
Chiaramente le riaperture aiutano la domanda interna tramite l’aumento dei consumi. Penso occorrerebbe però anche un patto sociale, che è stato anche evocato nei mesi scorsi, ma non c’è bisogno di un’iniziativa analoga a quella di Ciampi del ’93. Qui si tratta di redistribuire i benefici derivanti, per esempio, dai successi sui mercati esteri che noi continuiamo per fortuna ad avere, in modo che si trasformino in una domanda effettiva maggiore.
Questo patto sociale a cosa dovrebbe mirare?
Anzitutto, dovrebbe contenere misure tampone per il breve termine indirizzate a contenere le perdite occupazionali che la stessa ricerca dei consulenti del lavoro evidenzia come particolarmente temute dagli italiani, cercando anche di risolvere il problema del “labour slack”, ovvero la differenza tra la domanda di lavoro desiderata e quella effettivamente disponibile. Si tratta sostanzialmente di domanda di lavoro insoddisfatta e l’Italia ne ha livello più alto in Europa: abbiamo un esercito di persone che potenzialmente vorrebbe lavorare, ma non può farlo. Occorrerebbe poi una riforma fiscale.
Una delle riforme indicate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza…
Sì, e spero che questo possa essere d’aiuto a realizzarla. Come del resto auspico che il Pnrr aiuti il più possibile a creare opportunità occupazionali: è anche così che si crea e si alimenta la domanda interna di cui ha bisogno la nostra economia.
La riforma fiscale che obiettivo dovrebbe avere?
Quello di aumentare i redditi. Bisognerebbe sostanzialmente diminuire le tasse in modo differenziato, intelligente, così da rispettare il principio di equità e garantire un sostegno alla ripresa dell’economia.
Cos’altro dovrebbe contenere questo patto sociale?
È essenziale che al suo interno vi sia la giustizia sociale, l’equità. Ci troviamo, infatti, in una situazione di squilibrio fra chi è stato colpito, e ha pagato anche troppo, e chi invece ha persino guadagnato da questa crisi. Sono cresciute le disuguaglianze e lo vediamo anche nell’aumento delle code alla Caritas e in tutti gli altri enti che distribuiscono beni alimentari persino in una città economicamente importante come Milano. La giustizia sociale non è un’appendice e mi auguro si possa vedere anche nell’implementazione effettiva del Recovery plan.
(Lorenzo Torrisi)
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