Ancora l’Ue non ha trovato una quadra per una risposta comune alla crisi energetica e mentre la Commissione europea ha annunciato che presenterà le sue proposte la prossima settimana, Vladimir Putin ha ricordato la possibilità per l’Europa di utilizzare il gasdotto Nord Stream 2, mai attivato a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. L’Amministratore delegato di Gazprom, Aleksej Miller, ha invece messo sul tavolo un interrogativo dirimente: “Certo, l’Europa sopravvivrà, ma che succederà in previsione degli inverni del 2023 e 2024?”. Parole che ricordano quelle usate da Claudio Descalzi, Amministratore delegato di Eni, pochi giorni fa: sul fronte del gas, l’inverno 2023-24 sarà più complesso di quello alle porte. «Il perché è evidente – ci dice Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli -: non abbiamo i rigassificatori per tutto il GNL che stiamo acquistando e potremmo acquistare».
Attualmente ne abbiamo tre in funzione.
Esatto e non sono sufficienti. Va anche detto che per portare il GNL a Panigaglia siamo costretti, come ha spiegato Eni, a far passare le navi più grandi dai terminali spagnoli per effettuare delle operazioni di ricarico su navi più piccole perché sono le uniche compatibili con il rigassificatore ligure. Purtroppo paghiamo le scelte degli anni passati: il rigassificatore di Brindisi cui la BP ha rinunciato dopo anni di ostruzionismo piuttosto che quello di Trieste, continuamente osteggiato.
E si è pensato quindi di ricorrere a delle navi rigassificatrici, una nel porto di Piombino, l’altra a largo di Ravenna.
Si tratta di metaniere che possono operare anche come rigassificatori galleggianti. Il fatto è che non c’è tempo per costruire una pipeline di collegamento a largo e per questo una andrebbe posizionata direttamente nel porto di Piombino. Non si tratta di una nave normale e per questo il progetto incontra l’ostruzione degli enti locali. Difficile capire come andrà a finire. Nel frattempo, però, tutto il GNL che dovrebbe arrivare dall’Africa o dagli Stati Uniti dove lo rigassifichiamo? Per questo, come dice Descalzi, il prossimo inverno già si preannuncia più problematico.
Per quello alle porte possiamo contare sugli stoccaggi?
Gli attuali stoccaggi dovrebbero consentirci di superare la fase più critica dell’inverno, molto dipenderà anche da fattori climatici e dai consumi industriali. Il problema sarà ricostituirli l’anno prossimo, ripetere di fatto un’operazione di grande sforzo generale come quella compiuta negli ultimi mesi.
Bisognerebbe aumentare almeno la produzione nazionale.
Se parliamo di giacimenti esistenti, per la gran parte di essi servirebbero degli investimenti i cui costi difficilmente verrebbero recuperati. Nel caso, invece, di nuovi giacimenti, non va dimenticato il fattore tempo: occorrono circa tre anni per poter vederne i frutti. Con le sue parole, Descalzi ha reso chiaro che serve una strategia energetica.
Vuol dire allora che finora non c’è stata?
Se si vuole rendere la nazione energeticamente più indipendente, al di là della Russia, visto che problemi potrebbero essercene un domani con altri Paesi fornitori, c’è bisogno di produzione nazionale, di infrastrutture, di scelte strategiche sul mix energetico generale. Nell’industria energetica qualsiasi soluzione deve essere presa con consapevolezza e ben organizzata, perché a rincorrere le emergenze si finisce come nella situazione attuale: al posto dei rigassificatori non fatti si deve ricorrere alle navi rigassificatrici, che sono come una toppa peggiore del buco. Non se ne parla molto, ma in Italia i prezzi dei carburanti sono alti non solo per il peso del fisco, ma anche perché non c’è una rete di sviluppo industriale ben definita: a causa dei piani approvati dai Governi abbiamo dovuto chiudere raffinerie e depositi.
Da questo punto di vista non sta brillando nemmeno l’Europa…
È evidenza oggettiva, come ha ricordato l’Amministratore delegato di Gazprom, che l’Europa ha delle grosse difficoltà sul gas. Ormai si è capito che il price cap non si farà. Si parla di staccarsi dal TTF per agganciarsi non si capisce a quale indice per determinare il prezzo della materia prima, ma il punto vero che sembra sfuggire ai politici impegnati da settimane in queste discussioni è: nel frattempo, le aziende, come le famiglie, stanno pagando o no le bollette?
La Germania ha già risolto questo problema stanziando 200 miliardi di euro contro il caro-bollette.
E già altri Stati cominciano a pensare di risolvere da soli i propri problemi. A questo punto, però, tra Paesi Ue si crea concorrenza, altro che solidarietà.
Si sta ipotizzando di effettuare acquisti comuni di gas.
E all’Italia cosa servirebbero? Ha già grandi potenzialità di contrattazione nel mondo degli idrocarburi.
Occorrerebbe arrivare al fondo europeo auspicato da Gentiloni e Breton?
Sì, ma certamente è difficile concedere un prestito quando ci si deve chiedere se uno Stato, l’Italia in primis, sarà in grado di restituirlo. Intanto non capisco come si possa insistere, come ha fatto il ministro Cingolani, sul price cap.
È stato per primo Draghi a porre il tema e a rimetterlo costantemente sul tavolo.
È vero. E c’è da dire che anche il Premier, nonostante l’europeismo-atlantico mostrato, si è trovato a fare i conti con un certo ostruzionismo europeo. Draghi e Cingolani sulla politica energetica non hanno certo brillato. Ribadisco quanto già detto in una precedente occasione: finora sono arrivate solo dilazioni per i pagamenti delle bollette degli italiani.
Cosa pensa, invece, dell’apertura arrivata dalla Russia?
È improbabile che si possa aprire la fornitura tramite il Nord Stream 2, ma quella di Putin è stata pur sempre un’apertura. Tra l’altro ha fatto capire che c’è anche la possibilità di creare un hub degli idrocarburi in Turchia. Istanbul, che è già un importante hub petrolifero dell’alto Mediterraneo, lo diventerebbe anche per il gas. Sappiamo che questo progetto è fattibile visto che i rapporti tra Mosca e Ankara sono buoni, ne abbiamo avuta una dimostrazione sulla pelle della nostra industria oil & gas in Libia. Ovviamente se la Russia riaprisse un po’ i rubinetti il prezzo del gas si stabilizzerebbe, ma è inutile pensare che possa tornare ai livelli di oltre un anno fa.
Resta da capire una cosa: come si possono evitare criticità per i prossimi inverni?
Vuole la verità? Ripristinando i rapporti con la Russia. Tra poco ci si arriverà e magari ci toccherà chiederci poi cosa fare delle navi rigassificatrici. Il fatto è che serve a poco stringere nuovi accordi di fornitura se le infrastrutture restano quelle attuali, ma per un vero cambiamento su questo fronte servono tempo e una strategia ben chiara.
Come si fa a ripristinare i rapporti con la Russia? Sembra impossibile per qualsiasi Stato europeo, a meno di non essere paragonati all’Ungheria di Orban…
Sembra impossibile per l’Europa, ma se lo andassimo a chiedere ai singoli Stati non sarei così certo di incontrare obiezioni insormontabili. Soprattutto nel momento in cui si dovesse realizzare che di vere soluzioni europee non ce ne sono, i Paesi membri potrebbero essere tentati di riallacciare i rapporti con Mosca, anche perché viste le decisioni dell’Opec+ e l’embargo che si avvicina per i prodotti petroliferi russi, tra pochi mesi rischiano di esserci problemi anche sul fronte greggio e carburanti.
(Lorenzo Torrisi)
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