In Germania è arrivata una revisione al rialzo rispetto alla stima preliminare (da +0% a +0,1%) della crescita su base congiunturale Pil del secondo trimestre. Un dato che, come ricorda Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, “va osservato nell’ambito di una valutazione complessiva sulle prospettive dell’economia tedesca, cominciando da una premessa”.
Quale?
La Germania è riuscita a costruire per il suo settore manifatturiero, che è quello di punta della propria economia, uno sviluppo particolarmente dinamico negli ultimi decenni, sulle base di tre pilastri: il primo è l’architettura del libero commercio globale; il secondo è la possibilità per l’Ue di stringere accordi commerciali con qualsiasi Paese del mondo, pur politicamente e militarmente rimanendo un partner leale agli Usa. In questo modo la Germania ha potuto costruire un rapporto privilegiato con la Cina, beneficiando dello sviluppo della sua gigantesca economia per aumentare il proprio export e fornendo alle proprie imprese condizioni di accesso particolarmente favorevoli a quello stesso mercato.
Qual è il terzo pilastro su cui si è basata la forte crescita dell’economia tedesca?
È stata l’importazione di gas russo a prezzi competitivi. Oggi, in seguito alla pandemia che ha frammentato il commercio mondiale e all’invasione russa dell’Ucraina, tutti questi tre pilastri sono andati in frantumi, si sono disintegrati e probabilmente non ci saranno più per il prossimo futuro. Dunque, se il dato congiunturale dell’ultimo trimestre è positivo rispetto alla stima preliminare, il contesto di medio periodo non lo è per la Germania. E dato che stiamo parlando della principale economia dell’Ue, ciò non gioca a favore dei suoi partner commerciali europei, tra cui l’Italia.
Tutto questo che conseguenze avrà sulle mosse che la Bce dovrà attuare nei prossimi mesi, a partire già dall’8 settembre?
Vista dall’Eurotower, la valutazione della dinamica congiunturale dell’Eurozona si fa sempre più pessimistica. Gli indicatori congiunturali si sono deteriorati, non solo nel settore manifatturiero, ma anche in quello dei servizi. E la Germania appare particolarmente colpita da questo deterioramento. Nelle valutazioni della Bce lo shock energetico, che all’inizio era stato in qualche modo sottostimato, perché associato a una prospettiva temporale diversa della crisi ucraina, assai più breve, di fatto è impossibile da compensare con le tradizionali leve di politica monetaria e fiscale, lo si può al più mitigare. Dobbiamo prepararci, insomma, a una recessione nell’Eurozona. Con la nuova batteria previsionale macroeconomica che la Bce diffonderà proprio l’8 settembre capiremo probabilmente meglio con quale velocità.
Cosa ci si può aspettare da questa batteria previsionale?
Come detto, le prospettive di crescita del Pil si vanno sempre più deteriorando, ma la Bce presterà maggior attenzione, per via del suo mandato, all’inflazione. Quello che sicuramente possiamo già intravvedere è un ritocco al rialzo delle stime sull’andamento dei prezzi, non tanto e non solo nel breve periodo, ma anche nel medio, con una previsioni superiore al target del 2%. Questo non fa altro che confermare la cornice per un ulteriore rialzo dei tassi a settembre che potrebbe, a questo punto, essere di 50 punti base rispetto ai 25 inizialmente ipotizzati.
Un po’ come aveva fatto capire nei giorni scorsi Isabel Schnabel.
Sì, anche se quello che, a mio avviso, rileva di più nelle parole del membro tedesco del Comitato esecutivo della Bce è la possibilità che i reinvestimenti dei titoli acquistati nell’ambio del programma App possano cessare a breve. Insieme a quelli del Pepp, questi reinvestimenti sono importanti per evitare la frammentazione della trasmissione della politica monetaria, contrastare la speculazione e stabilizzare l’accesso al mercato di un Paese ad elevato debito come l’Italia. Probabilmente nel comunicato che seguirà alla riunione del Consiglio direttivo dell’8 settembre ne capiremo qualcosa di più.
Perché dovrebbero fermarsi i reinvestimenti dell’App?
I falchi premono per un ulteriore inasprimento della politica monetaria sulla scorta delle crescenti pressioni inflazionistiche, invocando una postura complessiva che sia coerente con il rialzo dei tassi di interesse. A quel punto resterebbe solo il reinvestimento nell’ambito del Pepp, la cui scadenza è stata già prevista entro il 2024. Per i reinvestimenti nell’ambito dell’App, invece, non era stata mai esplicitata una scadenza e c’è il rischio, quindi, di non poter più farvi affidamento in futuro, nel contesto di significativi e perduranti shock macroeconomici.
Cosa può fare l’Italia per fronteggiare questa situazione, viste anche le notizie riportate dal Financial Times riguardo importanti scommesse degli hedge funds contro i titoli del nostro debito pubblico?
L’Italia si trova in una situazione di enorme fragilità, che non è legata alla caduta del Governo Draghi, ma che si è nutrita nel tempo del deterioramento progressivo e univoco di tutte le variabili macroeconomiche, fiscali e sociali. Di fatto, il Paese si trova davanti il conto di un disastro economico costruito negli ultimi dieci anni. Un’economia così provata chiaramente ha maggiori difficoltà ad assorbire lo shock energetico, anche per via di scelte miopi e ideologiche fatte in passato sulla politica energetica. Nonostante la situazione di assoluta emergenza che si manifesterà in tutta la sua asprezza già nei prossimi mesi, se non settimane, non sono stati fatti passi avanti strutturali nel perseguire una maggior stabilità all’approvvigionamento energetico del Paese. Il nuovo Governo, qualunque sarà il suo colore politico, si troverà ad affrontare una situazione inedita e sarà importante che porti avanti un continuo dialogo con gli investitori, i mercati, per far comprendere le proprie scelte, cercando di spiegare che la situazione da cui si parte è di enorme fragilità, ma vi si intende porre rimedio rapidamente e con la massima efficacia,
Cosa potrà fare, considerando i limiti di spesa che inevitabilmente si troverà davanti?
Occorre anzitutto assicurare l’implementazione del Pnrr, colmando ritardi, anticipando criticità: un programma di investimenti massicci, infatti, è l’unico strumento in grado di assicurare una crescita nel tempo e, di conseguenza, stabilità nei conti pubblici. Parallelamente, va negoziata una riforma del Patto di stabilità e crescita, che se da un lato salvaguardi la stabilità fiscale nel medio periodo, dall’altro non comprometta la capacità dell’Italia di implementare gli investimenti già concordati con l’Ue. In tal senso è necessaria una coerenza orizzontale nelle politiche messe in campo da Bruxelles e nella relativa condizionalità. Bisogna, poi, cercare di sviluppare misure temporanee emergenziali contro la crisi energetica, ma anche interventi strutturali di medio periodo. La diversificazione stabile delle fonti energetiche non può passare semplicemente dalla sostituzione del gas russo con altri fornitori, ma deve necessariamente prevedere una maggiore produzione domestica di energia, tramite anche il nucleare di ultima generazione. È essenziale, infine, un’azione del nuovo Governo già dalle prime settimane della sua attività.
Quale?
I mercati devono poter constatare un’azione coerente, determinata e concentrica del nuovo Governo su tutti i fronti di maggiore criticità, perché solo questo è in grado di stabilizzare le loro aspettative, che sono già state condizionate dal disastro economico che vari Governi hanno generato nel corso di oltre un decennio. Dunque, già dalle prime settimane il nuovo Esecutivo dovrà segnalare in modo chiaro e senza ambiguità che ci saranno progressi tangibili a breve su tutti questi fronti. Per far questo, occorre prepararsi bene, studiare tanto, e coltivare relazioni credibili con gli interlocutori di mercato e internazionali.
(Lorenzo Torrisi)
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