Mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati sugli Stati Uniti per conoscere il nome del successore di Joe Biden, in Germania rischia di scoppiare una crisi di Governo. A quanto si apprende, infatti, il ministro dell’Economia Habeck (verdi) e quello delle Finanze Lindner (Fdp) avrebbero idee diverse su come risollevare un’economia che rischia di chiudere per il secondo anno consecutivo in recessione. Habeck propone di istituire fondi da diversi miliardi di euro per stimolare gli investimenti bypassando il “freno al debito” che invece Lindner intende rispettare, tagliando i sussidi alla ex Germania dell’Est che resistono dai tempi della Riunificazione per poter così ridurre le tasse. Spetterà ora al cancelliere Scholz (Spd) cercare di evitare una crisi che potrebbe sfociare in un voto anticipato rispetto alla scadenza naturale della legislatura prevista a settembre del prossimo anno.



Come ci spiega Giulio Sapelli, professore emerito di storia economica alla Statale di Milano, “questa situazione di paralisi politica tedesca è molto preoccupante, soprattutto perché, mentre siamo tutti presi dalle elezioni americane, nel Kursk sono arrivati 10mila soldati nordcoreani. E le due cose sono intimamente legate”.



In che modo?

La Russia non avrebbe mai chiesto alla Nord Corea un simile impegno se non sapesse che l’antemurale franco-tedesco è in disgregazione. In Francia ormai lo stesso ministro degli Interni parla di messicanizzazione del Paese, visti gli scontri tra bande rivali legate al narcotraffico. E il presidente Macron, anziché occuparsi di questa situazione, si reca in visita ufficiale in Marocco ed elogia la dominazione islamica avvenuta in Spagna. In Germania, nel frattempo, c’è una paralisi politica che appare irrisolvibile e altamente pericolosa.

In che senso pericolosa?

C’è un dissemblamento del sistema politico e il Governo ormai è diviso nel suo rapporto con la rappresentanza degli interessi. È una poliarchia pluricefala. I socialdemocratici, infatti, hanno avuto degli incontri con la grande industria manifatturiera e petrolchimica. Nel frattempo i liberali hanno incontrato le PMI. E i verdi non hanno detto una parola sul fallimento della transizione green europea che sta mettendo in ginocchio il sistema industriale tedesco, a cominciare dall’automotive.



Una situazione resa manifesta dall’intenzione di Volkswagen di chiudere ben tre stabilimenti in Germania

Un’intenzione manifestata solo dopo aver distribuito i dividendi agli azionisti. Il che ha provocato delle reazioni anche nel mondo confindustriale tedesco circa la mancanza di sensibilità sociale da parte dell’azienda di Wolfsburg. La nuova Unione Sovietica, ovvero l’Ue, ha distrutto, senza che si producessero dei moti di rivolta contro di essa, l’industria europea. A mio avviso la responsabilità principale di tutto questo è della Confindustria tedesca e di quella europea, che si sono svegliate tardi, solo perché avevano qualcosa da guadagnarci. In fondo l’Ue è stata una gigantesca Cassa del Mezzogiorno dei tempi in cui non funzionava più bene, dove tutti hanno badato a spartirsi delle rendite.

Quanto la situazione politica tedesca è legata alla crisi dell’automotive ed economica generale vista la possibilità che il 2024 si chiuda in recessione come il 2023?

È una crisi che ha tre ramificazioni. La prima è legata al fatto che la transizione energetica gestita dall’Ue, dove la Germania comanda, ha messo in crisi l’industria tedesca.

Il che è paradossale…

Sì, ma dimostra anche che la Germania pensava di poter guadagnare da questo processo di transizione. Il che porta alla seconda ramificazione, legata a una crisi profonda del modello dell’economia sociale di mercato tedesca. E non possiamo poi trascurare le critiche alla Merkel che stanno emergendo con più forza, soprattutto per aver cercato e trovato gli accordi con Mosca che ora la Germania sta pagando a caro prezzo. E questa è la terza ramificazione della crisi. All’ex cancelliera viene anche rimproverata un’altra cosa.

Quale?

La mancanza di investimenti, soprattutto infrastrutturali, e l’impostazione di un modello economico export lead che ha depresso la domanda interna, anche nel resto d’Europa tramite l’imposizione dell’austerità e l’adozione di una moneta unica simile al marco. Oggi, quindi, mentre abbiamo una situazione internazionale delicatissima, il Governo tedesco è diviso.

Si può trovare una quadra o lo sbocco più probabile è quello del voto anticipato?

Credo che si andrà a elezioni anticipate, che però potrebbero portare a un risultato di non chiara governabilità, anche per la mancanza di una figura di alta rappresentatività come lo è stata la Merkel. La Cdu-Csu si rafforzerà, ma non dovrebbe riuscire a ottenere i voti necessari a governare e più che AfD credo che raccoglierà parecchi consensi la Bsw di Sahra Wagenknecht. Avremo in Germania, come in Francia, una lunga fase di instabilità.

Che si ripercuoterà sull’Europa…

Sì, soprattutto perché è una crisi di legittimità, di autorevolezza. Se poi aumentasse il protezionismo americano subiremmo un colpo mortale. Il tutto, val la pena ricordarlo, con 10mila soldati nordcoreani ai confini con l’Ucraina. E con Pechino che ha fatto ricorso alla Wto contro i dazi Ue sulle auto elettriche cinesi.

Quali ripercussioni ci saranno per l’Italia?

In Italia siamo in una situazione difficilissima, perché siamo protesi nel Mediterraneo e non abbiamo una linea politica. Dovremmo invece ergerci a coloro che vogliono finalmente una Costituzione europea.

(Lorenzo Torrisi)

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