La situazione politica in Germania resta complicata, ma potrebbe non essere necessario attendere metà gennaio per capire se si dovranno indire o meno le elezioni anticipate. Il Cancelliere Olaf Scholz, infatti, in un’intervista all’emittente televisiva pubblica ARD, ha detto di essere disponibile a chiedere il voto di fiducia parlamentare prima di Natale se i partiti lo ritenessero necessario.
Come ci spiega Monica Poggio, amministratore delegato di Bayer Italia e presidente di AHK Italien, la Camera di commercio italo-germanica, “gli scenari politici possono essere diversi, ma bisognerà attendere il dibattito sulla fiducia per capire se si potrà o meno arrivare al termine della legislatura”.
Nel frattempo andrà approvata la Legge di bilancio. Prevarrà a questo punto la linea del ministro dell’Economia Habeck, che vuol creare un fondo per promuovere gli investimenti?
La Germania è chiamata ad affrontare una crisi economica che non è più di ciclo, ma strutturale. Deve, quindi, puntare sugli investimenti, che negli ultimi anni sono stati insufficienti. Ci sono, tuttavia, visioni diverse su come finanziarli e solo nelle prossime settimane potremo vedere come evolverà il dibattito sul tema, cruciale anche per l’approvazione della Legge di bilancio.
Come ha ricordato poc’anzi, gli investimenti negli ultimi anni sono stati trascurati. È stato, quindi, commesso un errore…
Per molti anni la Germania ha tratto vantaggi, anche sul piano della tenuta interna del Paese, da una politica improntata al mercantilismo. È facile dire ora che si sia trattato di un errore, ma non possiamo dimenticare che abbiamo attraversato un periodo di iper-globalizzazione e che il contesto era molto diverso da quello attuale. Negli ultimi cinque anni si sono susseguiti alcuni shock, dalla pandemia all’invasione russa dell’Ucraina, che hanno lasciato il segno dal punto di vista economico e strutturale. Oggi sono quindi necessari maggiori investimenti, per esempio sul fronte energetico. Nel 2023 oltre il 60% dell’energia utilizzata è stata prodotta da fonti rinnovabili e la Germania vuol continuare a percorrere questa strada dopo aver abbandonato il nucleare.
Dopo il dato sul Pil del terzo trimestre dell’anno (+0,2%), il peggio per l’economia tedesca è alle spalle o ancora il fondo non è stato toccato?
Si tratta di un dato positivo che ha permesso di evitare la recessione tecnica, ma è bene essere prudenti e attendere le prossime rilevazioni prima di parlare di una svolta. Anche perché l’attuale situazione politica potrebbe avere delle ricadute anche sul piano economico.
Come Camera di commercio italo-germanica avete recentemente presentato il Sectorial Business Outlook autunnale. Cos’è emerso dal punto di vista delle percezione dell’attuale momento e delle previsioni sul futuro da parte delle imprese?
Rispetto alla situazione attuale, prevale la stabilità (45,3%), anche se è in aumento il numero di aziende (il 12,6%) che afferma di vivere un periodo di difficoltà. Per quanto riguarda il prossimo anno sembra prevalere un cauto ottimismo, con il 47,4% delle imprese che si attende un miglioramento e il 9,5% che teme un peggioramento della situazione.
In che misura l’interscambio tra Italia e Germania sta risentendo delle difficoltà dell’economia tedesca?
L’interscambio nel 2019 era pari a 127,7 miliardi di euro. A seguito della ripresa post-Covid ha ricominciato a crescere in maniera importante superando i 168 miliardi nel 2022 e terminando il 2023 a 164,3 miliardi. Il primo semestre di quest’anno si è chiuso a 81,1 miliardi rispetto agli 86,4 registrati nello stesso periodo dell’anno scorso: un calo del 7% certamente non trascurabile. A soffrire particolarmente è stato l’export tedesco, in particolare relativo al chimico-farmaceutico, al siderurgico, mentre è cresciuto l’agroalimentare.
Rischiano quindi i comparti italiani inseriti nelle catene del valore della Germania?
Le economie di Italia e Germania sono molto interconnesse, tante nostre imprese sono inserite a monte nelle filiere tedesche, fornendo valore aggiunto, e non sono quindi facilmente sostituibili. Detto questo non mi sentirei di lanciare allarmi rispetto al fatto di essere parte di queste filiere. Sicuramente occorre investire in innovazione e competitività. Si tratta di un tema fondamentale che, però, non riguarda solamente Italia e Germania.
Cosa intende dire?
Che non possiamo dimenticare il contesto europeo da cui tutti dipendiamo ormai. Non si possono più fare scelte solo nazionali su temi come politica industriale, competitività, transizioni verde e digitale, sicurezza e difesa, innovazione, ricerca e sviluppo.
Serve una regia europea su questi temi?
Sì, pensiamo solo all’automotive che nelle ultime settimane è un settore in rilievo sui media, ma che è in difficoltà non solo in Germania. Intorno all’Europa c’è un mondo che si muove e avanza, basta solo guardare ai colossi più citati come Stati Uniti e Cina, e in questo contesto occorre fare un passo avanti in termini di coordinamento europeo, perché agire da soli non rafforzerà nessuno, anzi indebolirà tutti.
Occorre, quindi, ascoltare il richiamo fatto ancora da Draghi nei giorni scorsi a Budapest…
Come Camera di commercio italo-germanica siamo in contatto e ci confrontiamo con molte imprese, da cui viene la richiesta di più Europa. Vogliono un’Europa che lavori sulla competitività, che sia meno burocratica e più incisiva in termini di supporto e sostegno al tessuto economico-sociale del continente, ma comunque più Europa.
(Lorenzo Torrisi)
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