La produzione industriale tedesca ad agosto è cresciuta del 2,9% rispetto a luglio, ma è scesa del 2,7% su base annua. E il Governo di Berlino, secondo l’indiscrezione del Süddeutsche Zeitung, sarebbe pronto a tagliare le stime di crescita del 2024 al -0,2% dal precedente +0,3%. Di fatto il Pil della Germania sarebbe negativo per il secondo anno consecutivo, visto che il 2023 era terminato con un -0,3%. Come uscire da questa impasse economica? «Considerando l’impossibilità di tornare a rifornirsi di economico gas russo, materia prima importante per alcuni suoi settori industriali, la politica più sensata da attuare in Germania per spingere la crescita potrebbe e dovrebbe passare da una spesa in disavanzo, considerando l’ampio spazio fiscale che ha disposizione», ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Una spesa con quale obiettivo?
La Germania è sì una potenza, ma da un po’ di anni ormai perde i pezzi: le infrastrutture, dalle autostrade alle ferrovie, avrebbero bisogno di un rilevante volume di investimenti. Ci sono tutte le condizioni per attuare una quanto mai desiderabile e necessaria politica di investimenti produttivi. Ci sono tutte le condizioni tranne quella politica, viste le difficoltà della maggioranza e il ruolo di ministro delle Finanze assegnato a Christian Lindner, leader dei Liberali, che continua a escludere un aumento del deficit. In questa situazione di stagnazione, il pericolo può essere rappresentato da una ripresa dell’inflazione: il rischio è che la Germania si avvii verso una stagflazione.
Come potrebbe tornare l’inflazione in una situazione di stagnazione dell’economia?
Non sono mancati negli ultimi anni shock esogeni e potrebbero essercene degli altri. La struttura economica della Germania, inoltre, è particolarmente sensibile alla dinamica dei prezzi energetici. Dunque tra incertezza sulle presidenziali Usa, venti di guerra in Medio Oriente e proseguimento del conflitto russo-ucraino alle sue porte, ci sono alcuni fattori internazionali che potrebbero portare a una ripresa dell’inflazione tedesca.
Considerando che la legislatura in Germania termina tra un anno, c’è il rischio che anche il 2025 sia di stagnazione per l’economia tedesca?
Sì, il quadro più favorevole per l’economia tedesca in questo momento è quello di una stagnazione prolungata.
Con quali conseguenze per gli altri Paesi europei?
È noto che in passato la Germania è stata il traino dell’economia di tanti Paesi europei, Italia compresa. Il rischio che ci sia un effetto di propagazione della stagnazione o di un rallentamento eccessivo per le economie di partner Ue è purtroppo concreto.
In Italia, come possiamo affrontare questa situazione, in particolare la mancanza di un traino da parte dell’economia tedesca, dopo che Bankitalia ha stimato una crescita dello 0,8% per quest’anno?
In parte possiamo affidarci alle capacità delle nostre imprese, ma la struttura industriale italiana è prevalentemente concentrata nel centro-nord e non dobbiamo dimenticare che c’è una parte non marginale del Paese che traccheggia sia dal punto di vista della capacità di reddito delle famiglie che, soprattutto, delle disuguaglianze. Una politica che fosse genuinamente equa potrebbe quanto meno aiutare a mantenere il segno più davanti al Pil. Dunque, quello che possiamo fare è attuare una politica economica equilibrata che sia attenta ai redditi familiari più bassi.
Tra proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’accorpamento delle aliquote Irpef e volontà di sostenere le famiglie con figli, sulla carta il Governo sembra poter andare nella direzione da lei auspicata…
Sì. Bisognerà vedere quanto queste, e altre misure, siano realizzabili anche dal punto di vista strutturale. Penso sia poi importante attenzionare la sanità, perché ci sono segnali, dalle liste d’attesa all’età delle attrezzature e del personale, che per la macchina del servizio pubblico le difficoltà stiano aumentando.
(Lorenzo Torrisi)
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