L’altro ieri Ray Dalio, la crème della crème della finanza globale, ha pubblicato un lungo commento sulla crisi politica italiana. Per il gestore di uno dei più iconici fondi hedge globali l’Italia si avvia “verso una crisi finanziaria del debito e un’anarchia di fatto”. Secondo Dalio, il Paese ha troppo debito, conflitti interni ed esterni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Le dimissioni di Draghi, come ha dimostrato l’andamento dello spread ieri, renderanno le cose peggiori nel breve termine in Italia. Detto questo, sempre secondo le parole dell’investitore, la conferma di Draghi non sarebbe stata una soluzione per il medio-lungo periodo; i problemi sono troppo profondi. La Bce si appresta ad alzare i tassi e comunque deve trovare un meccanismo che contenga la frammentazione finanziaria il più velocemente possibile.



La previsione più facile del post-dimissioni è che i mercati esploreranno la risolutezza delle istituzioni europee vendendo l’Italia. L’Italia, dopo la guerra di Putin e le sanzioni europee, è l’anello debole dell’Europa: ha tanto debito, una burocrazia disfunzionale con una spesa fuori controllo, e, la novità di febbraio, un sistema industriale sul punto di morire per mancanza di energia. Anche per la Germania si mette male, e ci torneremo, ma i tedeschi hanno un debito su Pil che è meno della metà di quello italiano e una società più solida. L’ultima cosa di cui l’Italia aveva bisogno dopo la pandemia era una guerra in Europa e una crisi energetica.



L’analisi di Dalio sembra ragionevole anche quando ipotizza una crisi finanziaria in Italia, solo rimandata, nel caso di conferma di Draghi. Lo spread Btp-Bund non sale da ieri, ma da ottobre con Draghi che sembrava saldamente al comando. È il sistema Italia in quanto tale che è in profonda crisi; la crisi della globalizzazione, le pulsioni sovraniste di un numero crescente di Paesi sulle proprie risorse naturali mettono in crisi una nazione che non ha il controllo delle proprie risorse energetiche e vive di esportazioni. Le esportazioni della media impresa italiana sono il dito messo nel buco della diga delle finanze e della burocrazia italiana. La guerra in Ucraina toglie all’Italia la sua energia e accelera enormemente la fine della globalizzazione delle merci e delle catene di fornitura. L’inflazione costringe la Bce ad alzare i tassi e a cambiare quella politica monetaria che ha tenuto insieme l’euro e l’Europa. In questo nuovo mondo l’Italia deve ripensarsi da zero con un debito su Pil al 130% e i cittadini convinti di essere ancora agli anni ’80. Per questo lo spread è salito ben prima delle dimissioni di ieri.



L’Unione europea, in quanto tale, è la vittima degli sviluppi degli ultimi mesi perché la finanza globale esplorerà gli spread e la frammentazione. La crisi che arriva, energetica e alimentare, non ha niente a che fare con le “normali” crisi finanziarie passate. Il costo di salvataggio dell’Europa sale esponenzialmente. 

Torniamo alla Germania. La questione, sia dopo la crisi dei debiti sovrani che dopo la pandemia, era se il motore economico dell’eurozona, la Germania, con i suoi mostruosi surplus commerciali e finanziari, avesse la volontà politica di salvare l’Unione, l’euro e l’Italia. Oggi la questione è diversa. Ci si chiede non solo se la Germania voglia ma anche se possa salvare l’Italia. Il motore dell’economia tedesca, la sua industria, rischia di spegnersi come quello italiano. Senza l’industria alla Germania non rimane un esercito, né una proiezione geopolitica esterna. 

Il modello su cui e con cui l’Italia ha costruito gli ultimi 75 anni non c’è più. L’Italia deve ripensarsi completamente. Deve ripensare le sue scelte energetiche, deve ripensare all’Unione europea e all’euro. Chiedersi se la Germania possa ancora salvare l’Italia è lo stesso che chiedersi se l’euro e l’Unione europea sopravviveranno alla guerra in Ucraina. È una domanda lecita in uno scenario in cui cambiano i confini degli Stati europei. 

L’Italia invece va avanti con il pilota automatico evitando di riconoscere la diagnosi. Gli italiani, inevitabilmente, interpretano la situazione con gli schemi con cui gli viene presentata. La crisi politica e finanziaria, drammatica, che si apre può avere un senso se diventa l’occasione per far cadere il velo su quello che è successo negli ultimi 30 anni e su quello che sta succedendo oggi. L’Italia, nei fatti, è uscita sconfitta da queste evoluzioni esattamente come è uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale. La prima ripartenza è salvare quello che c’è, l’impresa, a tutti i costi poi bisogna avere l’umiltà di pensarsi come a un Paese in via di sviluppo.

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