I diversi retroscena che si “affollano” in queste convulse ore di pre-crisi di Governo fanno pendere al momento l’ago della bilancia più su un vasto rimpasto del Governo Conte piuttosto che un’uscita di scena del Presidente del Consiglio dopo la perdita della fiducia in Parlamento. Le trattative sono sempre in corso e forse se ne parlerà anche nel Consiglio dei Ministri che si riunirà stasera per annunciare il nuovo decreto-legge sulle restrizioni anti-Covid.



Dopo il semi-passo indietro di Renzi nell’intervista al Tg5 («Conte resta il Presidente del Consiglio per ora») è Zingaretti dal Pd a spiegare «nel periodo della pandemia e della campagna vaccinale, nel pieno della discussione sul Recovery, devono prevalere l’innovazione ma insieme ad uno spirito unitario. Siamo convinti che affrontare con efficienza la pandemia, aprire una stagione di rinascita e investimenti per il lavoro e l’economia sia doveroso e possibile con un impegno collegiale e senza rotture all’interno della maggioranza. Contribuiremo a questo sforzo e sosteniamo in tutte le sedi queste posizioni, convinti che al Paese vada evitata una crisi dagli sviluppi davvero imprevedibili». I dem non ci stanno alla caduta di Conte, almeno non ora, con Zingaretti che conclude la nota «Sono mesi che il Pd chiede apertamente e lavora per un rilancio dell’azione di governo, in sintonia con tutti gli alleati. La parola d’ordine è costruire, contribuire ad aprire una fase nuova insieme. Rimaniamo contrari a posizioni politiche che risultano incomprensibili ai cittadini e che nel nome del rilancio rischiano di destabilizzare la maggioranza di governo». La crisi resta di per se ancora indecifrabile, con la possibilità a questo punto che salgono di un Conte-ter con ‘rimpastone’ e ingresso di nomi “graditi” da Renzi in maggioranza: si vocifera di un Ettore Rosato alla Difesa, con Guerini agli Interni e uscita di scena della Ministra Lamorgese. Ma ancora è tutto in divenire e solo il 7 gennaio si potrà sapere se e come l’ipotesi di Draghi lanciata neanche tanto per il sottile da Renzi possa avere un fondamento o quanto piuttosto sia servita come “minaccia” per un rimpasto e un Conte-ter.



RIMPASTO PER CONVINCERE RENZI?

«Questo è il momento giusto per aprire una crisi? No, questo è il momento per dare risposte ai cittadini»: un Matteo Renzi ancora “criptico” quello che parla al Tg5 nell’intervista tutta incentrata sulla possibile crisi di Governo imminente, in vista del Cdm del 6-7 gennaio prossimo. «La soluzione è che nei Palazzi romani si smetta di chiacchierare e si diano più risorse alla sanità con il Mes per vaccinare le persone, per vaccinare i giovani altrimenti non si riparte. L’Europa ci dà un sacco di soldi, li vogliamo spendere bene o pensiamo che possiamo continuare con le mance? E’ il tempo di passare dalle chiacchiere ai fatti», sottolinea il leader di Italia Viva che però non chiarisce quale delle ipotesi possa dipanarsi nelle prossime ore. «A palazzo Chigi c’è un presidente del Consiglio alla volta e si chiama Conte. Draghi è una persona straordinaria per questo Paese, e devo dire che ha dato suggerimenti molto giusti»: l’impressione è che il tentativo sia quello di costituire un nuovo Governo “istituzionale” sulla figura dell’ex n.1 Bce, ma l’ipotesi del rimpasto (e quindi di un Conte-ter) non viene escluso.



«Draghi ha detto fate debito, ma fate debito buono per i giovani, per il futuro. Invece, qui abbiamo messo più soldi per il cashback in un anno che non per i giovani e l’occupazione nei prossimi sei anni. Siamo di fronte a un piano, quello del Recovery, che pensa più al presente che al futuro. Speriamo che lo cambino seguendo i suggerimenti di Draghi», conclude Renzi confermando di non aver sentito né ZingarettiDi Maio. È l’ex leader M5s a replicare a distanza con il retroscena del CorSera «folle cambiare il Premier […] Spingere al voto il Paese nel pieno della terza ondata sarebbe un fallimento, rischiamo di compromettere i fondi del Recovery. Senza quei 209 miliardi l’Italia è morta, non c’è futuro. Se si va a votare il Recovery rischia di saltare».

CONTE-TER O DRAGHI PREMIER?

«Una crisi di Governo che è settima notizia nei Tg non si era mai vista. Sarò io che ho difficoltà a a capire»: le parole di Enrico Letta (Pd) inquadrano forse meglio di tanti retroscena la particolarissima e finora indecifrabile crisi di Governo che sta portando il Conte-bis vicinissimo al baratro. Dopo i tanti “ultimatum” di Italia Viva negli scorsi mesi, sembra che stavolta Matteo Renzi sia decisamente intenzionato a “staccare la spina” e la data da cerchiare in rosso è il prossimo 6 gennaio quando in Consiglio dei Ministri arriverà la bozza “rivista” dal Ministro Gualtieri sul Recovery Plan.  È a quel punto che Iv potrebbe ritirare i propri ministri (Bellanova e Bonetti) e Sottosegretari (Scalfarotto) “chiamando” il Presidente Conte in Parlamento per il voto di fiducia sulla scia di quanto già visto nell’agosto 2019 con la ‘crisi del Papeete’ dell’altro Matteo, il leghista Salvini. I “pompieri” dei partiti di maggioranza sono al lavoro per evitare la caduta nel pieno della pandemia e della campagna di vaccinazione, eppure stavolta la clessidra della crisi sembra davvero pronta a dare gli ultimi sgoccioli: il Premier sta valutando la possibilità di un rimpasto sostanzioso per rilanciare il Recovery Plan e “accontentare” Renzi – dando il via ad un “Conte-ter” – oppure imbracciare la sfida in Parlamento sapendo che la crisi potrebbe essere definitiva, con magari l’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex Bce Mario Draghi.

LE MOSSE DI RENZI VERSO LA CRISI

I retroscena si affollano in queste ore, con il capogruppo renziano al Senato Davide Faraone che fa sapere il punto di vista del leader Renzi «Si sono prima avventurati in minacce di voto, minacce che sono sterili. Poi si sono affannati a cercare Responsabili, ora ci aspettiamo buon senso e responsabilità». Un altro big renziano ipotizza qualche possibilità di mediazione, ma avverte «Qualcosa devono fare altrimenti la prossima conferenza di fine anno Conte se la guarda da casa». Bellanova e Bonetti si dicono già “con la valigia pronta” per le dimissioni e l’occasione del Cdm sul Recovery Plan – ovvero il vero nodo della questione, per quanto affermato da Matteo Renzi alla presentazione del piano “CIAO” – sembra essere piuttosto ghiotta. Come riporta l’Ansa, Conte sarebbe pronto a cedere sulla delega ai servizi e la governance del Piano nazionale di resilienza e ripresa, ma potrebbe non bastare a Italia Viva: «Noi non vogliamo la crisi di governo ma l’esito di questa situazione dipende dal Presidente del Consiglio» ha spiegato ieri sera al Tg4 Maria Elena Boschi.

E poi torna a parlare lui, il protagonista di questa crisi, in una intervista al Corriere della Sera: «Tutti sanno che non ci saranno elezioni. Dobbiamo aprire le scuole, non i seggi. Dobbiamo aumentare il numero dei vaccinati, non dei candidati. Dobbiamo scrivere il Recovery plan, non i libri dei sogni elettorali. Le elezioni fanno paura a chi verrebbe politicamente decimato come i trecento parlamentari del Movimento Cinque Stelle, non ai diciotto senatori di Italia viva», attacca Renzi, convocando Conte in Parlamento come del resto da lui stesso ammesso nella conferenza di fine anno, «Conte ha risposto alle sollecitazioni di Italia viva, dicendo: ‘Ci vediamo in Parlamento’. Lo aspettiamo al Senato, allora, che posso dire di più?». Se le Elezioni non vengono del tutto escluse dal Colle – tenendo conto che la tempistica è stretta visto il semestre bianco che scatta a luglio (6 mesi prima del cambio di guardia al Quirinale, con impossibilità di andare alle urne) – la vera partita è tra un Conte-ter e un nuovo esecutivo: «Draghi? So che questo è il tempo di mettere al centro l’interesse dell’Italia e degli italiani contro gli egoismi di parte. L’appello del presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno perché prevalgano le ragioni dei ‘costruttori’ mi sembra saggio e illuminante», conclude Renzi.