Non è ancora chiaro dove porterà la crisi di Governo in Italia e con quali tempi. Di certo il quadro economico internazionale sta peggiorando: sono tornate le schermaglie tra Stati Uniti e Cina, la quale è alle prese con le rivolte a Hong Kong, centro nevralgico per la sua economia, e dalla Germania sono arrivati altri brutti segnali visto che l’indice Zew ad agosto è sceso al livello più basso da otto anni a questa parte e il Pil nel secondo trimestre è stato negativo. «Sembra una congiura perfetta dal momento che entro fine ottobre ci sarà anche la Brexit. Diciamo che la situazione è molto volatile e improvvisamente i mercati sono diventati volatili. È avvenuto tutto nel giro di poco tempo. La crisi politica italiana è un elemento in più», ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.



In effetti questa crisi di Governo non arriva nel momento migliore…

È bene allacciarsi le cinture di sicurezza. Perché il mondo economico esterno, da cui dipendono molte delle opportunità italiane, è particolarmente precario. Bisognerebbe cercare di tirar fuori, in questa fase molto delicata, non per l’Italia ma per il mondo intero, una politica che possa metterci in sicurezza. A questo proposito io sono rimasto impressionato da un dato recente, di fine giugno.



Quale?

C’è stata la riapertura del titolo a 100 anni dell’Austria, che dava una cedola del 2,1%. Ebbene, per via della grande richiesta, il rendimento è sceso all’1,17%. I tassi a lungo termine sono in generale bassi e questo è un segnale che indica aspettative di mercato che non sono di particolare euforia sul piano della crescita. Bisogna essere consapevoli che viviamo in un mondo che sta decelerando a ritmi piuttosto veloci. Stare in sicurezza, restare a galla, andare avanti, seppur piano, è a mio parere la priorità. Questi bassi tassi possono comunque aiutarci.

In che modo?



Il debito pubblico italiano è per il 70% in mano a residenti. Questo potrebbe, come accaduto anche in Giappone, fare in modo che con l’aiuto di una ripresa dell’acquisto di titoli di stato da parte della Bce, come prospettato da Draghi, si possa gestire meglio il debito e assorbire più efficacemente il danno dello spread.

Questa crisi di Governo arriva anche nell’imminenza della messa a punto della Legge di bilancio, per la quale si prospettavano diversi interventi sul fronte fiscale…

Se i media dessero un po’ più di rilevanza a quello che succede nel mondo credo che i cittadini sarebbero informati sul grande disordine sotto il cielo e sarebbe più facile far capire che in una situazione di questo genere è difficile realizzare troppi obiettivi. Sarebbe importante che quale che sia il nuovo Governo prendesse atto che non è possibile fare tutto quello di cui si è parlato.

Dovendo scegliere, lei a cosa darebbe priorità?

Darei priorità a qualunque intervento consenta di mettere in sicurezza la tenuta economica delle famiglie.

Tradotto: bisogna evitare assolutamente l’aumento dell’Iva?

Assolutamente. Direi che questo lo vedo come l’intervento prioritario. Un aumento dell’Iva per un Paese in cui gran parte delle remunerazioni sono congelate da un decennio, quindi in termini reali sono diminuite non poco, si tradurrebbe inevitabilmente in un’inflazione cattiva, in un aumento dei prezzi non virtuoso. Come realizzare questo obiettivo è una decisione politica, ma credo che sia il minimo che si possa fare.

Non possiamo però dimenticare che la manovra andrà anche discussa con l’Europa. Lei cosa si aspetta da Bruxelles?

Mi aspetto che abbia una visione europea della crescita. Perché abbiamo problemi che vanno a toccare un po’ tutti i paesi, a partire dalla Germania. C’è poi l’incognita della Brexit e gli scambi commerciali tra Ue e Gran Bretagna non sono poca cosa. Questo è un momento in cui l’Europa dovrebbe mostrarsi forte, dovrebbe cioè avere una visione complessiva e unitaria dei problemi e avere la consapevolezza che l’Italia, per quanto problematica possa apparire, è uno dei grandi paesi, non solo uno dei fondatori. Come ho già avuto modo di spiegare, se la Germania facesse almeno qualcosa per se stessa in termini di politica fiscale, sarebbe un grande passo in avanti per tutti.

Cosa può fare in concreto l’Europa?

Una delle grandi promesse di Macron era quella di dare un ruolo nuovo, forte, innovativo alla politica fiscale in Europa. Su questo credo che tanti siano d’accordo. Non potremmo cercare delle alleanze su questo tema? Io credo poi che su alcuni principi fondanti, come la politica fiscale, basterebbe che alcuni paesi in condizioni di bilancio migliori cominciassero ad agire per avere un effetto comunque benefico per tutti. Considerando inoltre che è difficile pensare di poter aumentare ancora l’export, bisogna puntare sul mercato interno europeo, che finora ha solo subito dosi di austerità. Se noi manteniamo in ordine i nostri conti e l’Europa tiene, magari avanzando un po’ più di quanto sta avvenendo, ci sarà un beneficio anche per noi.

(Lorenzo Torrisi)