Come ampiamente pronosticato, non è stata raggiunta l’intesa nella capigruppo al Senato sul calendario: la palla passa ora a Palazzo Madama, che voterà a maggioranza. Matteo Salvini è tornato a scagliarsi contro Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, sottolineando «di affidarsi alla saggezza del Presidente della Repubblica» e ribadendo «che risulta evidente che non ci sia un’altra maggioranza». E prende corpo l’ipotesi che la Lega opti per il ritiro dei ministri: «Siamo pronti a tutto, non siamo attaccati alle poltrone». Non è da escludere infatti che il ministro dell’Interno ripieghi sulle dimissioni in massa dal Parlamento, strategia che porterebbe alla fine immediata della legislatura. Sky Tg 24 riporta che il vertice tra Berlusconi e Salvini potrebbe tenersi tra domani e dopodomani, mentre Fratelli d’Italia conferma di essere al fianco del Carroccio e spinge per il ritorno immediato alle urne: «L’anomalia non e’ la convocazione dell’Aula del Senato per domani, ma e’ “che c’e’ un presidente del Consiglio che si rifiuta di prendere atto che il suo governo non esiste piu’. L’anomalia e’ che non ha capito che e’ politicamente morto. E’ come quei fantasmi che ancora non hanno compreso di essere morti», le parole di Ignazio La Russa. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
CRISI GOVERNO, DOMANI IL SENATO VOTA IL CALENDARIO
Una conferenza di Capigruppo al Senato più tesa che mai che, come previsto, non raggiunge una unanimità: per questo motivo la Presidente Casellati ha convocato di sua iniziativa domani alle ore 18 il Senato per votare i tempi e il calendario della Crisi di Governo. Lega, Fdi e Fi hanno chiesto che si discuta la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte a firma del Carroccio già il 14 agosto dopo le commemorazioni a Genova. Ma Pd, M5s e LeU si sono opposti delineando invece per il prossimo 20 agosto le comunicazioni del Premier Conte a Palazzo Madama (senza dunque alcun voto di sfiducia, per il momento). La tensione sale e dai gruppi politici arrivano attacchi incrociati: «Le comunicazioni fanno parte di un traccheggiamento di M5s e Pd per creare una rampa di lancio per un Conte-bis o un nuovo governo. Il Pd dica subito se vuole votare a favore della mozione di sfiducia a Conte o creare un nuovo governo. Noi non vogliamo creare accordicchi di palazzo. Casellati ha seguito il percorso giusto», commenta la capogruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini all’uscita dalla Capigruppo in Senato sulla crisi di Governo. «Uno spettacolo indegno, una forzatura gravissima quando nella capigruppo c’era l’accordo della maggioranza su Conte che avrebbe riferito il 20 in Aula. Ennesimo oltraggio al Parlamento. La Casellati non doveva prestarsi», ha spiegato invece Andrea Marcucci, Pd, uscendo da Palazzo Madama. Nel frattempo in diretta Facebook, il vicepremier Di Maio ha attaccato la Lega – «ha deciso di essere sleale nei confronti del contratto di governo e dei problemi degli italiani» – e smentito alleanze con i renziani, «Nessuno vuole sedersi al tavolo con Renzi. Leggo di aperture, chiusure: il M5s vuole che si apra al taglio dei 345 parlamentari, inoltreremo la richiesta alla Camera. Non ci sono giochi di palazzo da fare, votiamo il taglio». Da ultimo, Massimiliano Romeo (Lega) replica dal Senato «Nasce una nuova maggioranza M5s-Pd-Leu? Quando si vedranno i voti sulla sfiducia capiremo. FI e FdI sono sempre stati coerenti. E’ giusto che domani l’Aula voti sul calendario, anche se sembriamo non avere numeri».
ELEZIONI O CONTE BIS?
È iniziata la conferenza dei Capigruppo al Senato con a tema la mozione di sfiducia presentata dalla Lega contro il Premier Giuseppe Conte che ha di fatto aperto la crisi di Governo: come dicevamo in precedenza, il nodo del calendario e dell’agenda in Parlamento resta problematico e ancora non vi sono novità o accordi di massima tra i gruppi politici riuniti in questo momento. M5s e renziani attaccano la Casellati dopo la nota uscita prima di pranzo che di fatto annuncia, qualora non vi sia unanimità alla Capigruppo, che il Senato potrebbe essere convocato già domani per dirimere i tempi della crisi di Governo. «Sto andando a una capogruppo delicata, sarebbe una forzatura inaudita convocare domani l’Aula sulla crisi. E’ inaudito e impensabile, servono i tempi necessari. Ci risulta che ci sia una richiesta formale da parte del presidente del Consiglio Conte di fare le sue comunicazioni. Per noi si deve partire da lì poi si aprirà formalmente la crisi», ha spiegato il capogruppo Pd Andrea Marcucci, aggiungendo subito dopo «L’obiettivo di oggi è quello di arrivare ad un nuovo governo, di che natura dovrà essere, lo vedremo in seguito». Poco dopo però fonti del Pd smentiscono di fatto la posizione di Marcucci facendo leva sulla “posizione personale” del senatore e non di una posizione di linea del Partito Democratico: «Io ho fatto un incontro con Zingaretti e Gentiloni e questa spaccatura non l’ho vista», si è difeso il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci dopo l’assemblea del gruppo chiamata a cercare una linea unitaria. Le posizioni al momento sono suddivise così: Lega-FI-FdI per andare subito ad Elezioni, M5s-Pd (soprattutto Renziani) e Leu per un Governo di transizione e per ritardare la crisi. Intanto da calcoli giunti all’Ansa via Pd, se domani si votasse in Aula sul calendario del Senato, «potrebbero essere presenti 102 senatori M5s su 107, 45 dem su 51 e 12 senatori del Misto: in totale 159 parlamentari, contro i 136 voti potenziali di Lega, FI e FdI».
LE MOSSE DI PD, M5S E LEGA
La crisi di Governo è anche una crisi di “calendario”: al momento, prima che la Conferenza dei Capigruppo in Senato si riunisca tra le 16-16.45, l’aria che tira in Parlamento racconta di una totale mancanza di accordi tra i diversi gruppi per stilare un’agenda della crisi imminente e con date certe. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha sottolineato come «la convocazione dell’Assemblea, nell’ipotesi in cui il calendario dei lavori non venga approvato in capigruppo all’unanimità, non costituisce forzatura alcuna, ma esclusivamente l’applicazione del regolamento. L’art. 55, comma 3, prevede infatti che sulle proposte di modifica del calendario decida esclusivamente l’Assemblea, che è sovrana. Non il Presidente, dunque». I partiti sono i fibrillazione, con il Pd (già piuttosto diviso al suo interno per la linea da tenere sulle Elezioni anticipate, ndr) che ha fatto recapitare ai suoi parlamentari questo messaggi (riportato dall’Ansa, ndr): «Qualora la presidente Casellati con una assurda forzatura decidesse, a seguito della capigruppo di oggi, di convocare l’aula per il voto sul calendario già domani, martedì 13 agosto, sarà fondamentale la presenza di tutti. Vi chiediamo cortesemente di iniziare a valutare come meglio organizzarvi per rientrare a Roma. Seguiranno indicazioni più precise». Di Maio intanto ha riunito i suoi parlamentari per fare il punto della situazione attaccando ancora una volta Salvini: «La Lega faccia dimettere tutti i suoi ministri dal governo. Così dovrebbero votare contro se stessi». Con Salvini in “silenzio”, è il Governatore del Veneto Luca Zaia a parlare della posizione che terrà la Lega: «è pur vero che se si va subito al voto riusciamo ad avere il nuovo governo entro fine ottobre. Trascinare l’agonia con governicchi, significherebbe non dare all’Italia un esecutivo stabile e che fa le cose».
OGGI LA CAPIGRUPPO AL SENATO DECIDERÀ (FORSE) IL CALENDARIO
Lunedì 12 agosto non è solo l’inizio della settimana di Ferragosto ma è soprattutto il “redde rationem” in Parlamento per la conferenza dei Capigruppo convocata per questo pomeriggio in Senato che dovrà stilare tempi e modalità della crisi di Governo lanciata la scorsa settimana dalla Lega di Matteo Salvini, che oggi a Il Giornale ha ribadito «vedrò Berlusconi e Meloni per andare oltre al Centrodestra». Le strade sono principalmente due: il voto subito, con il Ministro dell’Interno che vorrebbe forzare già entro fine ottobre come prima data disponibile e il partito del “voto sì ma non subito”, ovvero la costituzione di un Governo trasversale che possa traghettare il Parlamento verso una Manovra anti-aumento Iva, il taglio dei Parlamentari e solo a quel punto il ritorno alle urne (forse ad inizio 2020). Da un lato la Lega, FdI e il Pd di Zingaretti spingono per la prima ipotesi, dall’altro i renziani, Movimento 5 Stelle, Forza Italia (forse, si attende l’incontro tra Salvini, Berlusconi e Meloni in settimana), LeU e gli altri piccoli movimenti ancora in Parlamento. Al momento conoscere i tempi resta assai improbabile e impossibile, fino a che almeno la conferenza di oggi dove stabilire i tempi per la convocazione del Parlamento (19-20 agosto le date più probabili) e soprattutto la scaletta delle mozioni ancora in campo.
CRISI DI GOVERNO, SALVINI VS PD-M5S
La sfiducia a Conte proposta dalla Lega, la sfiducia a Salvini lanciata dal Pd sono le tappe-nodi al Senato, mentre alla Camera si discute della legge sul taglio dei Parlamentari voluta da M5s e deputati vicini a Matteo Renzi. Un grande rebus che non dà al momento un quadro chiaro verso le Elezioni, verso la presentazione della Manovra e addirittura verso le possibili alleanze che potrebbero sconvolgere le Camere nelle prossime settimane. Le scadenze si fanno vicine e al momento è solo Mattarella che potrà stabilire con chiarezza, dopo aver sentito tutti i partiti e dopo aver visto cosa decideranno i Capigruppo, quando e come si dovrà tornare al voto: la Nota del Def il 27 settembre e il progetto di Bilancio per Bruxelles in Senato e alla Camera sono le prossime sfide che l’Italia dovrà affrontare ancora non si sa con quale Governo e se con una campagna elettorale imminente e pronta a scattare.