Nonostante l’aggravarsi della siccità, poco si fa per migliorare la gestione idrica. Lo dimostrano i dati Istat, da cui emerge che negli acquedotti si spreca il 42% dell’acqua che viene erogata. Se il Nord riesce ad evitare l’emergenza tramite nevicate e piogge, lo stesso non riescono a fare Centro e Sud, infatti la Sicilia è già in crisi. Il quantitativo di acqua potabile che viene disperso sistematicamente dalle reti idriche italiane è di oltre 13 milioni di litri, quanto servirebbe per riempire fino all’orlo ben cinque piscine olimpioniche, stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore. Dei 3,4 miliardi di metri cubi sprecati in un anno, ognuno di noi ogni giorno spera 157 litri d’acqua. Il rapporto Istat, realizzato in occasione della giornata mondiale dell’acqua, mostra un progressivo peggioramento della situazione, con quote di perdite che crescono in maniera sistematica. Le cause sono legate a rotture, vetustà degli impianti e allacci abusivi, che si aggiungono a perdite fisiologiche insuperabili e ad errori nelle misurazioni. Ci sono poi differenze territoriali, con il Sud che guida la classifica delle dispersioni: le perdite superano il 65%, con la Basilicata peggiore tra le regioni. Invece, Bolzano, EmiliaRomagna e Val d’Aosta sono in fondo alla classifica, con dispersioni inferiori al 30%. Invece, il miglior capoluogo è Como, con appena il 9% di spreco.



L’alta dispersione di acqua, rimarca il Sole 24 Ore, comporta un elevato prelievo complessivo nazionale di acqua potabile, che nel nostro Paese supera i 9 miliardi di metri cubi all’anno, invece sono 8 quelli immessi nelle reti comunali. Nonostante una modesta contrazione rispetto al 2020, l’Italia da oltre vent’anni è al primo posto in valore assoluto per la quantità di acqua dolce prelevata. Invece, in termine pro-capite l’Italia è superata solo da Irlanda e Grecia e ha valori doppi rispetto alla Francia, quasi tripli rispetto alla Germania. Per quanto riguarda i disservizi, variano nei diversi territori. In Calabria sono 4 famiglie su 10 a segnalarle, 3 su 10 in Sicilia, a conferma che il problema è strutturale, che invece non si riscontra, se non sporadicamente, nel Nord, dove la percentuale di scontenti si aggira sul 2-3%. Non è un caso se a reputare alti i costi in relazione al servizio ricevuto sono le famiglie delle Isole (53%) e del Sud (41%), mentre si scende al 30% nel Nord. Riguardo solo il servizio offerto, quasi tutte le famiglie sono molto o abbastanza soddisfatte a Bolzano, si va sotto l’80% in Sicilia, Abruzzo, Calabria e Sardegna. L’Istat rileva poi che il 71% della popolazione è preoccupato per il cambiamento climatico e il suo impatto.



GLI EFFETTI DELLA CRISI IDRICA SULL’AGRICOLTURA

La crisi idrica ha inevitabilmente effetti sull’agricoltura. L’associazione nazionale che riunisce i consorzi di gestione dei bacini idrici (Anbi) prevede che il Nord possa attendere l’estate con più tranquillità, mentre al Sud ci sono già segni di affanno. Un problema di non poco conto, considerando che il settore agricolo in Italia è il maggior utilizzatore di acqua dolce, assorbendo il 50% di tutta l’acqua usata in Italia. Attualmente la Sicilia è in cima alla lista dei sorvegliati, visto che da giorni ci sono decine di comuni con l’acqua già razionata, mentre i bacini a uso irriguo evidenziano deficit superiori al 70%. In difficoltà anche la Sardegna, con la piana del Campidano che avrà l’irrigazione ridotta al 70% dell’anno precedente. Gli invasi in Calabria sono pieni solo a metà, maggiore è il deficit in Puglia. Tutta l’acqua di cui dispone l’Italia settentrionale andrebbe immagazzinata secondo l’Anbi. «Sarebbe invece opportuno anticipare gli eventi, approfittando della situazione di abbondanza idrica per creare una riserva atta ad affrontare eventuali situazioni difficili», dichiara Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi, al Sole 24 Ore.



La mappa disegnata dalla Coldiretti sulla crisi idrica è altrettanto preoccupante. A pagar per il problema della carenza d’acqua in Puglia sono state le clementine, finite al macero per la mancanza d’acqua che ha inibito il loro accrescimento. Invece, in Sardegna sono colpiti carciofi, pomodori da industria, frutta e foraggi, con effetti poi sull’allevamento. Inoltre, la crisi idrica causa un calo drastico di foraggio verde nei pascoli. In pericolo le piante di grano e legumi, soprattuto nelle terre che sono ricche di argilla e creta. I dati dell’Osservatorio europeo sulla siccità, infine, mostrano che il 15% del territorio dell’Unione europea è in allerta arancione per la siccità, per un altro 1% siamo all’allarme rosso, anche per le temperature record registrate a febbraio, superiori di 3,3 gradi rispetto alla media storica 1991-2020.