A fine dicembre le famiglie italiane erano indebitate per oltre 22mila euro di media e lo stock dei debiti bancari era in crescita. Una situazione di impoverimento che, secondo una lettura dell’ufficio Studi della Cgia di Mestre potrebbe dare adito anche a un rischio usura. Un pericolo che riguarda i singoli nucleari familiari ma anche le piccole attività come negozi e artigiani. Si tratta di una situazione ancora sotto controllo, ma bisogna agire su alcuni segnali per evitare che precipiti. Di sicuro dopo il Covid, la guerra, e in alcune regioni anche i disastri naturali, le piccole aziende, del commercio ma non solo, hanno bisogno comunque di un sostegno da parte dello Stato. Non solo per quanto riguarda i danni dovuti, ad esempio, alle alluvioni, ma anche con interventi che in maniera strutturale permettano di diminuire le tasse e di eliminare gli ostacoli frapposti dalla burocrazia. Lo spiega Augusto Patrignani, presidente di Confcommercio della provincia Forlì-Cesena: “Il pericolo usura per ora non c’è e il sistema regge, ma l’indebolimento del commercio è un dato di fatto: bisogna intervenire”.



Le famiglie italiane sono sempre più indebitate, l’inflazione è ancora alta e i consumi diminuiscono. Quali sono le conseguenze per le piccole imprese e in particolare per il commercio? C’è veramente anche un pericolo usura?

L’inflazione sicuramente non aiuta l’economia e le famiglie fanno più fatica ad arrivare a fine mese: non hanno più soldi da spendere. Anche il commercio di vicinato fa ancora fatica, così come è stato negli ultimi anni. Da qui a pensare che ci possa essere un pericolo usura, però, ce ne passa.



Per lasciarsi alle spalle il Covid, e nella vostra zona anche per riparare i danni dell’alluvione, le aziende hanno investito per rilanciarsi. Viste le difficoltà nella ripresa questo indebitamento quanto può pesare sulle loro attività?

Per quanto riguarda la Romagna il territorio quest’anno è un po’ in difficoltà: c’è un rallentamento del turismo. Le attività ricettive e le spiagge hanno lavorato meno. Di fatto c’è stato un calo: l’alluvione ha creato un’apprensione da parte dei turisti, alcuni dei quali si sono spostati in altre località. Le imprese che hanno subito danni per l’alluvione sono state soprattutto quelle del settore agricolo. Ne hanno subiti anche i piccoli esercizi ma meno dell’agricoltura, che farà più fatica a ripartire. A differenza di un negozio in cui, avendo i soldi per poterlo fare, basta acquistare mobili e merce, in quel comparto prima di quattro o cinque anni non si può tornare ai ricavi di prima.



Ma le piccole aziende sono ancora solide dal punto di vista finanziario e patrimoniale? Hanno bisogno di sostegno?

Hanno bisogno di sostegno. Si fa un fatturato inferiore, si lavora di meno e c’è meno liquidità. Nei nostri territori ci sono imprese solide, però quando dopo due anni di Covid e la guerra l’economia non gira, occorre che lo Stato intervenga. Soprattutto per chi ha dovuto far fronte anche all’alluvione.

In che modo bisogna intervenire?

Intanto con risorse a fondo perduto per chi ha avuto i danni, così come è stato promesso. Un po’ alla volta bisogna andare in questa direzione, così le aziende possono ripartire.

Ma occorrono interventi anche per le imprese che non hanno avuto a che fare con l’alluvione?

Queste aziende hanno comunque bisogno di una tassazione minore, di qualche aiuto per affrontare la burocrazia. Lavorano un po’ meno, ma non sono alla frutta. Il calo c’è stato ma per ora è sopportabile. Lo è per questa stagione, ma dalla prossima è necessario intervenire.

C’è anche un problema di accesso al credito?

Noi questo per il momento non lo percepiamo. Le banche lo concedono. Non sentiamo lamentele sotto questo aspetto. Poi è chiaro che gli istituti di credito lo concedono se pensano che l’azienda in questione sia solida e che possa così restituire il danaro prestato. Le aziende considerate sane e che hanno bisogno di liquidità momentanea per superare un determinato periodo non hanno problemi.

Insomma, il sistema regge ancora, ma visto tutto quello che ha subito negli ultimi anni non potrà farlo per sempre?

Per quello che vedo in Romagna c’è un’economia sana. Il sistema non sta crollando. Però è chiaro che non si può continuare così. Abbiamo bisogno che il turismo qui si riprenda in modo importante.

In generale il pericolo usura non c’è, ma l’indebolimento delle piccole aziende è un dato di fatto?

L’indebolimento del commercio è un dato di fatto. Per quanto riguarda il rischio usura non abbiamo nessun segnale che ci porti in questa direzione al momento. Poi l’usura c’è sempre stata e qualcuno potrebbe cadere in questa rete. È un allarme non giustificato. Certo, se l’indebolimento continuasse anche questo rischio potrebbe diventare qualcosa di serio. Bisogna combattere principalmente l’inflazione. Come Confederazione è stato firmato un patto con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso per vedere di calmierare alcuni articoli che entrano nel carrello della spesa. Dovrebbe dare una mano a frenare l’inflazione, che per certi versi è già un po’ in discesa, ma non è ancora tornata a livelli accettabili.

Un intervento dello Stato per le piccole attività, comunque, è necessario?

Sì, per togliere burocrazia, detassare il lavoro, ridurre la fiscalità e aiutarle così a stare in piedi.

 

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