Non si arresta il rialzo dell’inflazione. A giugno in Spagna ha raggiunto il +10,2%, un livello che non si vedeva da quasi 40 anni, in Belgio si è avvicinato alla doppia cifra (+9,8%) e in Italia ha raggiunto l’8%. I banchieri centrali, dal Forum organizzato dalla Bce a Sintra, hanno evidenziato come prioritaria la lotta al caro vita, cercando di evitare di causare una recessione con i rialzi dei tassi avviati.



Secondo Mario Deaglioprofessore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, «i livelli degli incrementi dei prezzi che stiamo vedendo in queste settimane sono il frutto del travaso di un’elevatissima spinta inflazionistica monosettoriale come quella dell’energia sul resto del sistema. C’è da aspettarsi, pertanto, una diffusione del rialzo dei prezzi nei vari comparti, a partire da quelli più legati all’energia, come i trasporti».



Il picco dell’inflazione, in Europa, è quindi ancora lontano?

Molto dipenderà anche dall’evoluzione del conflitto in Ucraina, ma è prevedibile che alla fine dell’estate, quando ci sarà il riassortimento dei beni comprati dalle grandi catene per essere rivenduti, ci saranno nuovi aumenti. Oggi, infatti, vengono ancora in parte vendute merci che erano in lavorazione o persino in stock all’inizio della salita dei prezzi energetici. Il momento più difficile credo sarà a partire da ottobre, quando verranno meno i lavori stagionali legati al turismo e chi non ha più un’occupazione dovrà far fronte a bollette sempre alte. Bisognerebbe poter affrontare quel momento con un Parlamento unito, in grado di varare una Legge di bilancio meditata e senza slogan, ma per quel che si legge sui giornali è lecito dubitare che ciò accadrà.



Quali misure si potrebbero mettere in campo per cercare di limitare gli effetti del rialzo inflazionistico?

Tutte hanno un costo e non sono facili da attuare. Le possibilità sono principalmente due. La prima è quella di dare più soldi ai cittadini in modo da compensare la perdita del loro potere d’acquisto, con riguardo ai redditi più bassi, per i quali si potrebbe prevedere il taglio del cuneo fiscale, con copertura del mancato versamento dei contributi previdenziali, di modo da non subire una penalizzazione in futuro derivante da un assegno pensionistico più basso. In questo modo si può spostare più in là nel tempo il costo dell’inflazione, in attesa che scenda, con la possibilità di ripagare l’intervento mediante una maggior crescita dell’economia.

Qual è invece la seconda tipologia di intervento anti-inflazionistico?

È una tipologia che può anche essere abbinata con la prima e prevede di fissare dei limiti ai prezzi di determinate categorie di beni. L’Italia l’ha già fatto negli anni ’70, addirittura mettendo a disposizione un numero di telefono per far in modo che i cittadini potessero segnalare eventuali prezzi praticati dai commercianti superiori a quelli stabiliti. È chiaro che questa seconda linea è più dura della prima. In entrambi i casi si potrebbe anche fare in modo di detassare gli investimenti delle imprese, così da incentivarli.

Giusto, quindi, un intervento come quello che il Governo pare intenzionato a varare per le bollette, che preveda un sostegno modulato in base al reddito?

Assolutamente sì. Bisognerà cercare comunque di fare in modo che siano evitati abusi e che quindi gli aiuti maggiori vadano effettivamente a chi è più in difficoltà. Si spera in questo senso che il miglioramento del sistema di comunicazione tra banche dati possa facilitare il compito. Bisogna costruire a tavolino strumenti fiscali, redistributivi del reddito, essere pronti a usarli, naturalmente sapendo che passando alla fase di realizzazione concreta possono esserci degli inconvenienti. Anche per questo sarebbe necessaria una maggior collaborazione tra le forze politiche: bisogna fare in modo che si arrivi a una Legge di bilancio che contenga anche le misure anti-inflazione.

Cosa pensa invece delle mosse delle Banche centrali? Sembra difficile fare di tutto per contrastare l’inflazione senza provocare una recessione…

È così. I banchieri centrali dosano sempre le parole, ma forse dosate così da non dire proprio niente, perché non sanno bene cosa dire, come a Sintra, le ho sentite poche volte. Gli Stati Uniti seguono comunque una strada, in Europa non sappiamo bene come muoverci, anche perché abbiamo una guerra ai nostri confini e una certa instabilità politica, o comunque l’assenza di una chiara linea strategica nei Paesi chiave dell’Ue. Mancano consensi ben formulati, programmi di qualunque genere.

In settimana si è svolto il G7 e si è chiuso anche il BRICS Business Forum 2022. Come stanno cambiando gli equilibri economici globali?

Non è semplice rispondere, ma sembra chiaro che gli Stati Uniti esercitano un potere nella NATO e sull’Europa, ma a livello globale sono protagonisti di un declino politico-strategico abbastanza evidente, specie dopo il disastro dell’Afghanistan. La Cina, silenziosamente, continua a infilarsi nei gangli dei vari organismi internazionali e cerca di sostituire il dollaro con un paniere di valute. Ma tra non molto si terrà il congresso del Partito comunista e se Xi Jinping venisse confermato sarebbe la prima volta che un leader ottiene il terzo mandato. Non credo tutti siano d’accordo, quindi anche a Pechino c’è un elemento di debolezza. È un mondo in cui è più facile vedere cose che traballano che non quelle che sono eventualmente stabili.

(Lorenzo Torrisi)

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