LA GUERRA TRA IRAN E ISRAELE VICINA ALLA SVOLTA: LA LETTURA DEL POLITOLOGO KEPEL

Mentre il mondo intero attende nelle prossime ore un possibile (quanto probabile) attacco di Israele contro l’Iran, in risposta alla clamorosa pioggia di razzi scagliati la scorsa settimana contro le città ebraiche, il regime degli ayatollah pare molto più isolato e diviso di quanto non possa sembrare dall’esterno. A parlarne con toni franchi e diretti con il “Corriere della Sera” è il politologo e islamologo francese Gilles Kepel, una delle poche voci che prova a ricostruire gli scenari interni al semi-impenetrabile regime di Khamenei e dei Pasdaran, le storiche Guardie della Rivoluzione islamista sciita.



Ad un anno dagli attacchi di Hamas contro Israele e nelle ore in cui è atteso drammaticamente la contro-risposta di Tel Aviv al lancio di razzi sganciato dall’Iran la scorsa settimana, lo storico francese riflette sull’effettivo scenario geopolitico del principale antagonista di Israele in tutti questi ultimi trent’anni, sfruttando nel Medio Oriente un largo asse che coinvolge nella medesima rete gli Houthi in Yemen, Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano e le milizie sciite in Iraq e Siria. Ad oggi, l’Iran è in crisi e destinato a perdere l’eventuale guerra contro Israele: così Kepel stronca subito le ricostruzioni che darebbero Netanyahu in difficoltà contro il nemico iraniano. I motivi sono svariati, ma la svolta a vantaggio dello Stato ebraico sembra davvero vicina: «Il regime degli ayatollah aveva inizialmente creato Hezbollah come un baluardo per proteggere i suoi siti nucleari da un eventuale attacco americano». Tutto però è deflagrato lo scorso 7 ottobre 2023 quando l’attacco di Hamas ha spiazzato la stessa Teheran, più di quanto non si possa credere: «Sinwar da Gaza aveva deciso di attaccare Israele in modo del tutto indipendente da Iran e Hezbollah, ma così facendo ha imposto ai suoi padrini-alleati una escalation dello scontro che loro non erano in grado di controllare».



“KHAMENEI ISOLATO, ASSE DELLA RESISTENZA IRANIANO MARGINALIZZATO”: I PROSSIMI SCENARI

La durissima reazione di Israele che nel giro di un anno ha messo a ferro e fuoco la Striscia di Gaza, ucciso l’altro capo di Hamas Haniyeh e soprattutto decapitata l’intera guardia generale di Hezbollah, con il leader Nasrallah in primis, ha fatto il resto: secondo Kepel, l’Iran non era e non è pronta a fronteggiare l’unione di Israele e Occidente, specie dopo aver perso gran parte delle sue protezioni sul territorio, proprio Hamas ed Hezbollah. La svolta nella guerra è ancora più ampia di quanto si creda, visto che nel Medio Oriente l’ala sunnita (Paesi Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar) ha esultato con la morte del leader terrorista libanese: l’Asse della Resistenza anti-Israele, che comprendeva la rete iraniana tra Hezbollah, Houthi, Siria e Iraq, è sempre più marginalizzato in Medio Oriente. Tradotto in parole povere, l’isolamento è evidente e questo gioca tutto a favore di Israele.



Sempre secondo Kepel, intervistato dal “Corriere della Sera”, il regime iraniano sarebbe stato scaricato anche dai due principali alleati internazionali che storicamente hanno sempre sostenuto Teheran: la Russia da un lato è impegnata, per non dire incastrata, nella guerra in Ucraina, «incapace di fare sentire la sua voce sugli altri scacchieri». La Cina invece avrebbe il dente avvelenato per una situazione commerciale di cui troppo poco si parla nelle analisi geopolitiche sugli scenari di guerra in Medio Oriente: Kepel spiega come l’azione degli Houthi nel Canale di Suez sia stata troppo pasticciata rispetto alle consegne date da Khamenei. Dopo il 7 ottobre tanto Hezbollah quanto l’Iran spiegarono di non voler entrare direttamente in conflitto con Israele e così delegarono il gruppo yemenita nel colpire le navi dirette ai porti israeliani: «Ma gli Houthi, zelanti e sempliciotti, hanno attaccato tutto il traffico marittimo verso Suez. Il risultato è stato paralizzare la Via della Seta cinese», con Pechino che dunque secondo Kepel sarebbe rimasto molto irritato dalla mala-gestione iraniana dell’intera operazione. Una conseguenza diretta è stata il blocco dell’import del petrolio da Teheran, favorendo invece quello di Mosca, mentre indirettamente la Cina ha anche aumentato il grado di collaborazione con le sovranità emiratine nei territori contesi nel Golfo Persico.

Isolato a livello esterno, ridotto all’osso con le protezioni in Medio Oriente, ma anche dilaniato all’interno da una crisi molto più grave di quanto emerge in questi mesi a livello pubblico: secondo Kepel, sono gli stessi Pasdaran iraniani a non aver sopportato la conduzione da «fanatismo religioso di Ali Khamenei e dell’ex presidente Ebrahim Raisi». Lo scontro con l’Occidente e l’aumentare delle intemperie internazionali non sono piaciute alle guardie rivoluzionarie e così emerge l’ipotesi clamorosa che dietro ai tre assassinii eccellenti di questo anno di guerra vi sia anche una certa “compliance” del regime islamista. Il politologo francese ammette di non avere le prove dirette di quanto afferma, ma spiega anche di non andare molto lontano dalla verità dei fatti: la morte dell’ex Premier Raisiche non credo sia un incidente di elicottero»), Haniyeh e Nasrallah vedono la mano diretta del Mossad israeliano, ma «tanti ritengono che tutti e tre siano stati eliminati con il coinvolgimento di alcuni settori negli ambienti dei Pasdaran, che adesso vorrebbero un Gorbaciov iraniano». Secondo Kepel, Israele punta tutto sullo squarciamento interno degli ayatollah per ottenere la vittoria finale in guerra, ottenendo contemporaneamente un accordo di non conflittualità con il mondo arabo sunnita: «Il premier saudita Mohammed bin Salman mi ha spiegato di non avere nulla contro l’esistenza di Israele. Anzi, è ben disposto alla piena cooperazione, però occorre che si torni alla formula della pace in cambio della terra». La svolta è vicina, le vittorie sul campo di Israele potrebbero anche “consigliare” a Netanyahu di cambiare strategia e ottenere il colpo di mano finale contro il nemico iraniano, sempre più abbandonato a “sé stesso”.