Le cronache sottolineano lo scrosciante applauso che ha accolto il presidente Mattarella al debutto della stagione teatrale alla Scala di Milano e i quasi altrettanti applausi per Ursula von der Leyen, apparsa tutta sorridente al palco d’onore.
Ma “quale” Italia applaudiva la leader dell’Unione Europea e cosa ne pensano invece di lei molti altri italiani? Sarebbe interessante sottolineare la diversa percezione che nel Paese sta crescendo verso l’Europa, di cui la von der Leyen è rappresentante.
Forse l’Italia che sfoggiava smoking e décolleté era molto diversa dai protestatari urlanti all’ingresso (lo facevano già i loro nonni nel ’68 tirando le uova sulle signore ingioiellate che allora sfoggiavano pellicce di visoni veri, in fondo anche questa contestazione è diventata una tradizione), ma anche da un’altra platea, forse molto, molto più vasta.
Quelli che applaudivano in platea avevano pagato un biglietto equivalente alle bollette di un anno per una famiglia media, angosciata per il prezzo del gas. Persone che probabilmente simpatizzano per la Moratti e Calenda, una tradizione di famiglie-in dell’upper class meneghina con palco alla Scala e la settimana bianca prenotata. Gente che non disdegna un’Europa delle banche più che dei popoli, spesso interessata ai condoni e che nell’Europa vede soprattutto un ancoraggio di stabilità.
Ma gli altri italiani – forse la maggioranza – cosa ne pensano? Molti, credo, avrebbero contestato a Bruxelles un progressivo allontanamento dalla realtà quotidiana della gran parte degli europei per favorire invece un rapporto prettamente economico e di condizionamento politico che sta andando ben oltre l’economia per decidere dall’alto su scelte sociali, etiche, di genere (o trans-genere) non sempre condivise.
Un’Europa dell’economia più che dei popoli, dove l’euro conta più del concetto di Europa, o almeno quello che stava alla base dei primi trattati di Roma, di un continente che rischiava con generosità di stringersi la mano tra ex nemici per decidere di crescere insieme.
L’arrivo dell’euro ha portato evidenti aspetti positivi, ma anche sacrificato le diversità, le peculiarità di singoli popoli sommersi dalla logica dell’influenza esercitata dal più ricco, oppure dalla prevalenza di un gruppo politico su tutti gli altri o – meglio – dell’imporsi di una logica europea che a volte è molto divergente dall’opinione comune. Se, proprio nel giorno della soirée alla Scala, si fosse tenuto un referendum su quanto deciso in Europa proprio in questi giorni circa l’obbligo di riconoscimento ovunque della paternità per coppie gay che hanno adottato figli o si siano serviti di “madri in affitto” per generare, sarebbe stato approvato da una maggioranza?
Eppure l’impostazione europea è quella di una progressiva difesa di alcune classi sociali portatrici di interesse sulla base di scelte etiche spesso non discusse.
Se poi si passa alle questioni economiche o geo-politiche la diffidenza credo sia ancora maggiore. L’euro è per tutti, ma diversi sono i sistemi fiscali, la pesantezza delle aliquote ma la non codificata “concorrenza fiscale interna” porta sempre più ricchezza ad alcuni Paesi danneggiando gli altri.
Quanti europei vorrebbero una soluzione negoziata in Ucraina senza la fornitura illimitata di armi a Zelensky? Quanti europei sono d’accordo sulle scelte energetiche europee che ci espongono a debolezze inaudite di fronte alla concorrenza mondiale? Eppure di fatto nessuno discute o può discutere la politica estera europea, così come l’Europa si mostra “illuminata” – ed è un bene – su scelte ecologico-comportamentali, ma non riesce minimamente a far accettare anche ad altre parti del mondo gli stessi princìpi e quindi ne viene danneggiata. Il “board” di Bruxelles è poi targato politicamente, ma non condizionato dal Parlamento europeo, che spesso è tenuto ai margini delle decisioni.
Soprattutto, l’Europa si manifesta con decisioni di politica economica che progressivamente trasferiscono l’autorità degli Stati non all’Ue, ma alla Bce e alle sue politiche economico-monetarie. Non è un male in sé, ma può diventarlo quando condizionano le politiche di Stati che sono indebitati (e ancor di più vengono fatti indebitare) nella logica del “cravattaro”, che con l’usura controlla sempre di più il suo debitore, indipendentemente dal potenziale mutare delle maggioranze politiche nel Paese “controllato”.
Quanti italiani si rendono conto che le bollette del gas possono essere condizionate da politiche europee, ma cosa mai possono fare per eventualmente protestare o chiedere altre politiche? Il sistema di elezione di secondo grado impedisce molto spesso un approccio effettivamente democratico.
Insomma, non tutti gli europei avrebbero applaudito la von del Leyen, come purtroppo non potranno mai assistere a un concerto alla Scala.
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