Il percorso tracciato per la verifica di Governo ha trovato un ostacolo dopo un solo giorno dal suo avvio. Matteo Renzi, infatti, ieri ha chiesto il rinvio dell’incontro con Giuseppe Conte a causa degli impegni europei di Teresa Bellanova, capodelegazione di Italia Viva nell’esecutivo. Ancora non si sa quando si terrà il faccia a faccia tra il Premier e il Senatore di Rignano, che non pare intenzionato a fare marcia indietro sulle richieste relative al Recovery plan, tanto da ricordare che le ministre del suo partito sono pronte a dimettersi. Secondo Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore, la scelta di Renzi è indicativa dello stato di tensione nella maggioranza: «La sua non sembra una mossa per avere qualche strapuntino, al momento è coerente con la linea che ha impostato nel suo discorso al Senato di mercoledì scorso».



La situazione è quindi seria?

Proprio ieri è stata pubblicata in un’intervista sulla Stampa a Conte, che ho trovato molto difensiva, nel senso che il Premier ha sostanzialmente rimarcato che l’esecutivo non ha commesso errori nella gestione della pandemia, ha ribadito che sul Recovery plan ha agito e agirà in chiave partecipativa e ha anche evidenziato che la Fondazione sulla cybersecurity per cui è stato criticato proprio da Renzi è un progetto elaborato dal Governo Gentiloni. Non è da escludere che sia stata proprio questa intervista a spingere il leader di Italia Viva a irrigidire ulteriormente la sua posizione evitando, per il momento, di incontrare Conte. Per rispondere alla domanda, la situazione sembra essere realmente seria, non ricucibile con mediazioni cui siamo stati abituati. Non dobbiamo del resto dimenticare una cosa.



Quale?

Che la verifica di governo era sostanzialmente iniziata esattamente un anno fa: nel dicembre del 2019 si era cominciato a chiedere un cambio di passo da parte di alcuni partiti della maggioranza. Conte era riuscito a rinviare tutto all’inizio di quest’anno. Poi è arrivata la pandemia e non se n’è fatto più nulla. Adesso è ritornato tutto a galla con i problemi che non si sono semplificati, ma anzi si sono di molto aggravati.

A questo punto, se si vuole salvare il Governo, occorre una retromarcia di Conte o di Renzi. Il Premier ha fatto capire di non voler cambiare nulla sul Recovery plan, forse forte anche dell’appoggio di Pd e M5s che ha incontrato lunedì.



Sì, mi sembra che sia M5s che Pd abbiano offerto sostegno a Conte, anche se i dem in modo più articolato e richiamando comunque alla necessità di un cambio di passo da parte dell’esecutivo. Ciò non toglie che oltre al tema importantissimo del Recovery plan, non manchino altri problemi per il Governo. Mi riferisco sia alle misure per contrastare i contagi da Covid-19, con tutto il balletto e tutta l’incertezza sulle aperture e le chiusure, condita da elementi contraddittori, come il lancio dell’operazione cashback, che incentiva agli acquisti fisici nei negozi, e la quasi sorpresa nel vedere tanti italiani lo scorso weekend nelle vie dello shopping, sia al piano di vaccinazione anti-Covid, che non mi pare privo di criticità.

Se Conte non fa marcia indietro, può permettersi di farla Renzi?

Renzi ci ha abituato a delle specie di stop-and-go, che sono riusciti a portare a dei risultati di corto respiro. Questo sistema non solo non funziona più, ma con il suo discorso al Senato la scorsa settimana Renzi stesso è parso chiedere una verifica politica vera, non mirare ad altri obiettivi come in passato. Mi sembra difficile che il leader di Italia Viva possa quindi fare marcia indietro. Magari potrà riuscire a ottenere quanto richiede, con una vittoria clamorosa, considerando che stiamo parlando della forza più piccola della maggioranza, di cui non si conosce il vero peso elettorale, ma trovo francamente molto difficile che ciò avvenga. Mi pare anche significativo il fatto che continui a giocare di sponda anche con la nuova Amministrazione degli Stati Uniti.

A cosa fa riferimento?

Proprio quando si è avuta la certezza della vittoria di Biden su Trump Renzi ha cominciato a porre con forza il tema della verifica di Governo. L’ex Premier conosce bene il futuro inquilino della Casa Bianca e non a caso, poco dopo aver chiesto il rinvio dell’incontro di palazzo Chigi, ha diffuso la sua Enews con una foto che lo ritrae con Biden, cercando forse di far intendere che su questo tema riguardante il chiarimento politico italiano gode anche di un indiretto sostegno della nuova Amministrazione Usa.

Questo sostegno è reale?

Potrebbe essere una mossa tattica, una trovata di Renzi, ma non è da escludere che dopo la sintonia in piena stagione trumpiana-sovranista tra Washington e il Governo Conte-1 e la nascita del Conte-2 con il famoso “tweet endorsement” del Presidente a “Giuseppi”, con l’arrivo di Biden possa esserci una visione diversa del quadro politico italiano da parte degli Stati Uniti.

In questi giorni tiene banco anche la norma anti-scalata che favorisce Mediaset: dopo la bocciatura dell’Europa, il Governo sembra voler tenere il punto. Quando si parla dell’azienda di Cologno Monzese è però inevitabile pensare a Berlusconi e alle mosse politiche di Forza Italia…

Quando questa norma è stata approvata è stato in effetti facile collegare la scelta del Governo a un ritrovato senso di responsabilità di Forza Italia, con un dialogo che poteva portare a degli sbocchi politici. Oggi però mi sembra difficile pensare a qualcosa di analogo, anche perché non ci sono i numeri per pensare a una nuova maggioranza composta da Forza Italia, Pd e Italia Viva senza M5s.

C’è comunque la possibilità che nasca un nuovo esecutivo, vista la disponibilità offerta in tal senso nei giorni scorsi anche da Salvini?

L’opposizione può entrare in campo solo nell’ipotesi di un Governo che possiamo definire di salute pubblica, del Presidente, di unità nazionale, il nome conta poco, l’aspetto principale è che dovrebbe gestire una fase complicata con un mandato chiaro e limitato. Sotto il profilo politico potrebbe assomigliare al Governo Ciampi del ’93. In questo esecutivo si potrebbero ritrovare le ragioni un po’ di tutti. Certo la Meloni in questo momento è più distonica rispetto a questo progetto, ma la possibilità che veda la luce comunque c’è.

Che orizzonte temporale dovrebbe avere questo Governo?

Un orizzonte legato al suo mandato, che sarebbe quello di sviluppare il Recovery plan (ci sarebbe ancora il tempo di rivederlo), gestire le vaccinazioni anti-Covid, evitare la terza ondata di contagi per poi tornare al voto. È chiaro che in tutto questo c’è anche l’incrocio con la data tagliola dell’inizio del semestre bianco. Sarà quindi importante nel caso vedere le valutazioni che verranno fatte dal Quirinale.

A proposito di Quirinale, come sta seguendo l’evolversi della situazione?

Riguardo lo sviluppo della verifica di governo, il Quirinale ha già fissato dei paletti: se lo sbocco sarà una maggioranza che si ritrova riunita intorno a un nuovo patto di legislatura è un conto, altrimenti bisognerà prendere atto della realtà. Mi sembra difficile l’ipotesi di un Conte-ter frutto di un rimpasto. La sola prospettiva che non sia il ritorno alle urne, che non sembra ai più gradito, è quello di un esecutivo come quello cui abbiamo appena parlato, con un profilo molto tecnico e un mandato molto chiaro.

Un collante dell’attuale maggioranza è rappresentato dalla possibilità di poter determinare il nome del prossimo presidente della Repubblica. Tornerebbe quindi tutto in discussione nel caso il Governo dovesse cadere.

Certamente il quadro della votazione presidenziale muterebbe e sarebbe poi ulteriormente influenzato dall’eventuale appuntamento con le elezioni anticipate, che rimetterebbe in discussione gli attuali rapporti di forza, visto che i sondaggi sembrano attribuire più consensi al centrodestra. Questa prospettiva potrebbe spingere l’attuale maggioranza a cercare di trovare un accordo in extremis per tenere in vita il Governo, ma mi sembra complicato riuscirci.

La Legge di bilancio sarà comunque approvata?

Sì, perché nessuno, in questa situazione, vorrà assumersi la responsabilità di andare all’esercizio provvisorio. Inoltre, con la manovra sono stati stanziati dei fondi a disposizione del Parlamento e si stanno cercando accordi con l’opposizione su alcune misure. Quindi considerando un consueto gioco di do ut des e che oggettivamente sarà discussa solamente alla Camera, visto che il Senato si limiterà ad approvarla con il voto di fiducia tra Natale e Capodanno, la manovra non è a rischio. Diverso il caso che rimane del tutto in piedi del Recovery plan, che a gennaio entrerà nella sua fase culminante.

(Lorenzo Torrisi)