Martedì il Governo ha presentato la Carta dedicata a te che consentirà a circa 1,3 milioni di famiglie, con almeno tre componenti e un Isee fino a 15.000 euro, di acquistare beni alimentari di prima necessità per un importo fino a 382,50 euro. Negli esercizi convenzionati si potrà anche usufruire di uno sconto del 15% sui prodotti acquistati.
La priorità nell’assegnazione della card verrà data ai nuclei con componenti nati tra il 2023 e il 2009. Come ci spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «per i decili di reddito più bassi, i beni alimentari rappresentano tra il 25% e il 30% della spesa complessiva. Secondo la nota Legge di Engel, inoltre, la quota di spesa destinata agli alimentari tende a diminuire all’aumentare del reddito. Dunque, questa card rappresenta una boccata d’ossigeno importante per i meno abbienti. E credo sia anche positivo che si guardi prioritariamente alle famiglie con figli. Mi convince un po’ meno, invece, il legame con una soglia Isee».
Perché?
Questa card sembra voler riprendere, seppur in modo ridotto e limitato, l’esperienza dei food stamps americani. Ma, anziché ragionare in termini di linea della povertà, utilizza l’Isee, che esiste ormai da diversi anni, ma che non mi pare un buon indicatore per individuare la linea del bisogno “intenso”. Ho l’impressione che nella pratica più diffusa rappresenti una sorta di asticella che può arrivare anche a escludere chi ha realmente bisogno.
Dunque, nel complesso, questa Carta è un buono strumento?
Sì, considerando anche la discesa preoccupante della quantità di beni alimentari venduti a maggio registrata dall’Istat, perfettamente compatibile con il fatto che il potere d’acquisto è diminuito con il tracollo dei salari reali di cui ci ha appena dato conto l’Ocse. C’è da auspicare di non essere di fronte a un provvedimento isolato “di emergenza”, sebbene fosse stato previsto nella scorsa Legge di bilancio, ma che si possa estendere, anche utilizzando le informazioni stesse che saranno disponibili tramite la card.
Cosa intende dire?
Il lavoro pagato dignitosamente è fondamentale per contrastare la povertà. Dato che non sempre ciò avviene, un’integrazione come quella rappresentata da una card alimentare può dare ossigeno ai bilanci un po’ dissestati delle famiglie con basso reddito o povere. L’utilizzo di quella appena varata può fornire informazioni preziose, quali possono essere i beni più acquistati e quindi richiesti, per favorire la realizzazione di uno strumento ancora più efficace nel centrare meglio l’obiettivo e usare nel migliore dei modi le risorse pubbliche per aiutare chi ha bisogno. Questo diventa ancora più importante nel momento in cui all’orizzonte si intravvede, causa aumento degli interessi sul debito pubblico e regole fiscali severe, una minore capacità di spesa pubblica.
In questo momento nel nostro Paese abbiamo salari reali in ribasso, un milione di famiglie che non è riuscito a rimborsare le rate di mutui e prestiti e, contemporaneamente, il Pil e l’occupazione che continuano a crescere. Come si spiega questo paradosso?
La gran parte dei prodotti per cui l’Italia è apprezzata e conosciuta nel mondo è legata ai segmenti alti di mercato, in cui sono più elevati i margini di profitto e i prezzi. Ma ci sono anche settori che fanno più fatica. Dunque il Pil nel complesso cresce, ma non mancano comparti che perdono terreno. C’è, quindi, questo apparente paradosso con aree del Paese prospere e, allo stesso tempo, imprese che riescono a stare in piedi quanto più bassi sono i salari.
Diventa importante, alla luce dei dati Ocse sui salari reali, far risalire il potere d’acquisto. Oltre al taglio del cuneo fiscale, può essere utile agire nella direzione indicata da Christine Lagarde: le imprese dovrebbero rinunciare a parte dei profitti per aumentare le busta paga dei propri dipendenti?
Ogni tanto si legge sui giornali di imprese che decidono di destinare parte degli utili ai propri dipendenti. Spero che si arrivi presto a una partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda, così che scelte di questo tipo non siano “eccezionali”. Credo che anche le stesse imprese ne trarrebbero giovamento. Nel frattempo sarebbe importante tornare a fare una politica dei redditi come in passato. Cioè, se aumenta la produttività, il beneficio deve andare sia all’impresa che ai lavoratori. Oppure anche ai consumatori tramite prezzi più bassi. Non è un bene se, invece, resta a esclusivo vantaggio dell’azienda. Certamente una mossa come quella auspicata dalla Lagarde aiuterebbe la Bce a rallentare il ritmo nel rialzo dei tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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