Il turismo è un settore importante per l’economia italiana, ma caratterizzato da fragilità che sono emerse nei mesi dell’epidemia Covid. La principale fragilità è costituita dalla dipendenza dalla mobilità, dall’accessibilità, dai trasporti. Il viaggio è un elemento costitutivo dell’esperienza turistica. La mobilità è una caratteristica del turista e l’accessibilità è una caratteristica della destinazione turistica. Pertanto lo sviluppo della domanda turistica dipende dalle infrastrutture e dai servizi di trasporto.



Il sistema turistico e quello dei trasporti sono complementari, basti pensare al fatto che il turismo è l’opposto del confinamento. Se nei decenni passati lo sviluppo turistico “sole e mare” era stato alimentato dall’uso dell’automobile, ora la crisi del turismo è legata a quella dei flussi del trasporto aereo, navale e ferroviario a livello nazionale e internazionale. Per molto tempo il turismo è stato considerato, in maniera superficiale, come il petrolio italiano, ma si è fatto poco dal lato dell’offerta per renderlo un settore economico robusto, diffuso sul territorio e per ridurre i rischi della concorrenza internazionale.



Negli ultimi decenni la crescita del turismo italiano è stata collegata a quella del trasporto aereo, si pensi ai collegamenti con l’Asia e la Cina e al ruolo degli hub, per l’Italia l’aeroporto di Roma Fiumicino, e in particolare al ruolo delle compagnie low cost (spesso sussidiate) all’interno del mercato domestico ed europeo; della rete ad alta velocità ferroviaria in Italia e in Europa; del trasporto navale, compreso il comparto delle crociere. La geografia dei grandi flussi turistici dipende e si sovrappone a quella delle reti e dei nodi di trasporto. Alcune destinazioni sono più accessibili e possono alimentare il turismo con grandi eventi. Altre sono escluse dall’offerta turistica e tra queste molte destinazioni potenziali o poco frequentate delle regioni del Sud, delle Isole e delle aree interne. Pertanto il contributo del settore turismo all’economia nazionale è diversificato a livello territoriale, tra città e destinazioni.



Tuttavia, se negli anni scorsi per molte destinazioni del turismo internazionale (Venezia, Firenze, Roma) il problema era il governo della domanda e della congestione, la destagionalizzazione dei flussi, l’applicazione delle capacità di carico, la regolazione dell’imposta di soggiorno, in questi mesi è emersa nella sua drammaticità la crisi del comparto alberghiero, finora il più ricco, determinata dalla dipendenza da alcune tipologie di turismo (eventi, congressi, fiere, affari). Queste componenti quantificabili dell’industria turistica certificano le dimensioni della crisi.

Di fronte a questa fragilità, nei mesi dell’epidemia Covid è riemerso il turismo a raggio ridotto, la prevalenza dei viaggi interni con l’uso dell’auto e di altre forme di trasporto, con la riduzione del numero di turisti in gruppo, l’aumento delle escursioni e dell’uso delle seconde case, anche nei comuni interni.

È il caso della riscoperta delle seconde case in Liguria. Nell’estate 2020 c’è stato un boom di presenze nelle seconde case, eredità degli anni Sessanta e della speculazione edilizia. Non esistono dati certi, com’è noto il fenomeno di utilizzo delle seconde case è di difficile quantificazione, assai variabile nel tempo ed è condizionato da molti fattori, ma tutti gli osservatori segnalano un boom nello scorso agosto, soprattutto nella parte centrale del mese. Sono stati molti i giovani che hanno riscoperto le case acquistate dai nonni milanesi e che negli anni scorsi erano state progressivamente abbandonate dalle nuove generazioni, perfino vendute.

Le ragioni dell’abbandono? I mutamenti intervenuti negli stili di vita, le nuove possibilità offerte dal mercato turistico internazionale, l’incapacità di molte destinazioni di offrire un’offerta innovativa e attenta alle nuove esigenze di sostenibilità e qualità urbana e ambientale, hanno comportato un indebolimento sul fronte dell’offerta territoriale. In alcuni comuni, una quota rilevante di abitazioni a uso turistico utilizzate dai ceti medi urbani dell’area padana nell’Italia del “boom economico” è interessata da processi di progressiva dismissione. Oggi, l’ampia quota di patrimonio abitativo dequalificato, spesso realizzato negli anni Sessanta e un tempo utilizzato come seconda casa, trova difficile collocazione sul mercato immobiliare. Figli e nipoti di coloro che le avevano acquistate negli anni Sessanta tendono a vendere o ad affittare questi appartamenti, situati spesso in condomini di qualità media, in zone semi-centrali, con scarsa qualità edilizia.

Negli ultimi anni una quota rilevante di questo ampio patrimonio abitativo è stata occupata da cittadini immigrati che svolgono spesso attività legate al lavoro domestico e di cura degli anziani (vista la loro elevata presenza tra residenti o soggiornanti per periodi temporanei) o al settore turistico e della ristorazione (alberghi, ristoranti, pizzerie, panifici).

L’eredità di questo fenomeno è complessa e ancora oggi condiziona il mercato immobiliare e l’economia di alcuni comuni, nei quali prevalgono interventi urbanistici di limitata entità. A causa dell’epidemia Covid, che ha limitato gli spostamenti soprattutto verso Spagna, Croazia, Grecia, si è verificato un doppio effetto: la riscoperta improvvisa del patrimonio delle seconde case e il boom del turismo di prossimità. Molti giovani hanno temporaneamente popolato la riviera ligure, di solito meta preferita da turisti anziani, e i comuni interni; molti cittadini liguri della costa hanno riscoperto le case di campagna di famiglia e si sono riversati nell’entroterra. Risultato: non si erano mai viste così tante presenze nel primo retro-costa alle spalle di Genova e nei paesini dell’Appennino ligure.

Tuttavia, il turismo alimentato dalle seconde case, oltre a essere temporaneo, è debole dal punto di vista degli effetti economici perché presenta una spesa turistica molto inferiore a quella alberghiera. In pratica sono poche le risorse lasciate sul territorio e da sole non riescono a sostenere l’economia locale. Staremo a vedere se le evidenze estive del turismo di prossimità segneranno un’inversione di tendenza significativa e una maggiore attenzione verso l’offerta turistica dei territori italiani.

I mesi dell’epidemia Covid inducono a una breve riflessione su una seconda fragilità, costituita dalla città come magnete che attrae popolazioni non residenti alloggiate, turisti, visitatori e irradia effetti economici dal comune centrale sul territorio. Pertanto, prevalgono i consumi rispetto alla produzione, con un ruolo debole dei settori economici tradizionali e un ruolo forte del turismo, alimentato dagli eventi, tale da diventare il settore economico in grado di sostenere la gran parte dell’economia della città.

Da queste due fragilità emergono le criticità dell’economia di molte città post-fordiste e dello sviluppo economico dei territori fondato “solo” sul turismo, spesso stagionale e dipendente dagli investimenti pubblici nei settori del trasporto.

Entrambe hanno contribuito a determinare il bilancio negativo della stagione turistica. La crisi del turismo è stata determinata dal crollo della domanda e delle presenze, dei flussi di trasporto e della spesa turistica, con numeri negativi a due cifre. Ora l’incertezza sulla durata dell’epidemia Covid si riflette sul futuro dei trasporti e del turismo.

Le buone notizie relative al turismo nelle seconde case, per quanto desiderabili, non bastano. In vista della tanto attesa uscita dalla crisi emergono alcuni interrogativi sul futuro del turismo italiano. Sono necessarie riflessioni sulle debolezze di alcune componenti del turismo come settore economico esposto alla concorrenza internazionale e ai rischi dei fenomeni globali.