Si chiama Pnrr, ossia Piano nazionale di ripresa e resilienza, termine quest’ultimo divenuto molto di moda, che sta per “tenete duro”, o “adda passà ‘a nuttata”. Di questo piano, con un acronimo infelice che somiglia a una pernacchia, sta circolando l’immancabile bozza, che da noi sembra un carotaggio pianificato per verificare l’effetto che fa. Per quanto riguarda il comparto turismo (mica robetta: 13% del Pil, 3,5 milioni di occupati, 232 miliardi generati) il riparto del piano prevede (pagina 26 della bozza) una generica voce “cultura e turismo”, per la quale verrebbero stanziati 3,1 miliardi, circa l’1,6% del 196 miliardi del Recovery Fund. Noccioline, anzi gusci di noccioline, visto che nell’elaborato (o semilavorato…) cultura e turismo sono compresi al capitolo “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, dove per la digitalizzazione, l’innovazione e la sicurezza nella Pa sono caricati 10,1 miliardi, e all’innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione ben 35,5 miliardi.



Sembra uno scherzo, visto che in Germania, ad esempio, Paese non proprio ai primi posti nella lista dei desideri dei vacanzieri, nella destinazione dei fondi Ue si sta ipotizzando per il turismo una cifra attorno ai 35 miliardi. L’elaborazione del piano, evidentemente, non è stata delle più felici: tra l’altro, è scritto che il turismo avrebbe perso un quinto del proprio fatturato, mentre è tristemente noto che, se va bene, la perdita del 2020 s’aggirerà sui quattro quinti.



L’effetto della bozza-carotaggio è ovviamente presto detto: «Il turismo è il settore più colpito della pandemia, quello che il ministro Franceschini ha definito strategico per lo sviluppo del Paese. Il piano deve essere integrato con urgenza, prevedendo interventi a sostegno della riqualificazione dell’intero sistema-turismo. Il Governo dovrebbe chiamare le imprese: le proposte non mancheranno”, ha dichiarato Bernabò Bocca, presidente Federalberghi. Il piano parla di “turismo delle origini” e del rilancio dei borghi, ma oggi sembra si debba pensare alla sopravvivenza. “Ci sentiamo offesi, mortificati e arrabbiati – ha aggiunto con una nota Federturismo Confindustria – per l’ennesima beffa ai danni dell’industria del turismo italiana. È scandaloso come non si percepisca il valore aggiunto che questo settore potrebbe dare alla ripartenza del lavoro, dei territori e della stessa produzione industriale. Il turismo è un attivatore straordinario di decine di filiere manifatturiere in ogni segmento dell’economia, ma questo fatto, scontato in tanti altri Paesi, sembra impossibile da far capire agli amministratori di turno italiani. Che a questo punto la si smetta di prenderci in giro e si dica chiaramente ai 60 milioni di visitatori annui che l’industria del turismo non è una priorità per l’Italia”.



Pesanti critiche alla bozza del piano anche dai pubblici esercizi, cioè ristoranti, bar, pizzeria e via dicendo, un settore intimamente legato ai flussi turistici. “Il Covid ha completamente spazzato via l’economia nazionale legata al turismo – afferma Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio -. Eppure il Recovery destina solo 3,1 miliardi di euro a questo settore, l’1,58% dei 196 miliardi complessivi. Una cifra assolutamente insufficiente che denota una mancanza di strategia per il potenziamento e la valorizzazione di una risorsa che da sola produce il 13% del Pil nazionale. Come se non bastasse, in questi 3 miliardi non c’è nulla per il mondo dell’accoglienza e della ristorazione, che è completamente assente”.

Si è unito al coro dei “no” anche Massimo Caputi, presidente di Federterme, stigmatizzando l’assurdità degli scarsi fondi destinati al turismo, giudicati “ridicoli”. Per Caputi serve ben altro, a partire da provvedimenti di lungo respiro, per un settore che resterà in crisi profonda ancora per chissà quanto. Caputi rilancia quindi lo stanziamento di aiuti a fondo perduto “per le strutture solide” e i bond-turismo a vent’anni.

E dire che il ministro Dario Franceschini aveva detto che “il sostegno alle imprese turistiche e agli operatori del settore sarà la priorità nell’utilizzo delle risorse per l’Italia del Recovery Fund”. Possiamo solo immaginare cosa sarebbe successo se il turismo non fosse stato considerato priorità…