La guerra in Ucraina sui mercati si è manifestata con cali importanti dei principali indici azionari globali e con l’esplosione al rialzo delle materie prime e in particolare di petrolio e gas ma non solo; grano e frumento sono saliti e uno dei principali produttori di fertilizzanti al mondo “Mosaic” ha avvisato che ci potrebbe essere mancanza di potassio.



La reazione dei mercati è comprensibile da diversi punti di vista. Il primo è legato all’incertezza, ieri ancora massiccia, sull’esito finale dell’intervento militare russo in Ucraina; non è chiaro né quanto possa durare, né quali siano gli obiettivi politici dell’invasione. Non è nemmeno chiaro se il conflitto si possa estendere a Taiwan; è un’ipotesi che ieri è comparsa nel radar degli investitori e che dopo gli eventi di ieri è meno lunare.



La seconda incertezza, strettamente legata all’evoluzione del conflitto, è relativa alle sanzioni economiche che verranno imposte alla Russia. Gli investitori sono consapevoli che le sanzioni saranno pagate a carissimo prezzo dall’Europa perché è un continente che importa gas e petrolio, fertilizzanti e cereali. È persino probabile che i cittadini europei paghino molto di più di quelli russi. Il crollo dell’euro nei confronti del dollaro incorpora sia questa oggettiva fragilità dell’Europa, sia le preoccupazione per la coesione europea che verrà messa in crisi da un’ondata di inflazione energetica e alimentare che sostanzialmente non si vede da quasi un secolo. Le sanzioni alla Russia non colpiscono le economie dei Paesi membri allo stesso modo e si scaricano allo stesso modo sia su Paesi molto indebitati che su Paesi poco indebitati; sia su Paesi che dipendono molto dagli idrocarburi, sia su Paesi, come la Francia, che invece sono in fondo alla classifica per esposizione a gas e petrolio. 



La terza incertezza è sulle prospettive dell’economia globale. Tutte le stime che abbiamo letto nelle ultime settimane sono sorpassate dagli eventi. Le catene di fornitura globale e i rapporti commerciali non migliorano dopo l’invasione dell’Ucraina. La propensione al consumo e probabilmente anche agli investimenti delle imprese escono malconce. L’inflazione energetica colpisce il potere di acquisto delle famiglie. 

L’ultima incertezza è la reazione delle Banche centrali. La guerra in Ucraina peggiora le prospettive dell’inflazione che fino a settimana scorsa era in cima alle preoccupazioni dei mercati. Ci si chiedeva quanto avrebbero potuto resistere le Banche centrali prima di iniziare un ciclo di rialzo dei tassi che avrebbe messo alla prova le condizioni finanziarie di molte imprese dopo due anni di restrizioni. Il conflitto in Ucraina peggiora il quadro: se non si alzano i tassi l’inflazione esplode e se invece si alzano si aggiunge alla lista dei problemi anche un costo dei prestiti superiori e minore accesso al credito. 

Non è nemmeno chiaro quanto si dovrà aspettare prima di avere chiarezza e che tipo di flessibilità si prenderanno le Banche centrali. L’uscita di scena di qualsiasi ipotesi di restrizione delle politiche monetarie potrebbe avvenire tra un giorno, tra un mese o tra tre mesi, ma non è la stessa cosa, soprattutto per chi è più fragile. Se l’inflazione metteva sotto pressione le Banche centrali e la politica settimana scorsa, ancora di più lo farà nei prossimi giorni. Il tema è iper politico come dimostrano le proteste degli autotrasportatori che si sono viste in questi giorni in Italia. 

Fare previsioni oggi è complicato perché è difficile prevedere le evoluzioni politiche nella società. È una variabile di cui si parla ancora pochissimo.