HANKE: “BCE E BANCHE CENTRALI TROPPO LENTE. LA FED…”

Tanto la Fed quanto la Bce non hanno saputo prevedere in tempo l’impatto dell’inflazione: nel primo caso però gli interventi hanno in parte rimediato l’errore, sul fronte europeo invece i problemi ancora dovranno vedersi del tutto nelle prossime settimane. Ne è convinto Steve Hanke, economista docente della “John Hopkins” University e membro del Consiglio Economica di Reagan, intervistato oggi da “La Stampa” per inquadrare i grossi problemi economici che getteranno l’Europa in forte crisi nei prossimi mesi se non si interverrà in tempo: «la Bce di Lagarde è come quegli invitati che arrivano sempre tardi alle feste», sentenzia caustico l’economista americano, che accoglie con favore il rialzo dei tassi per il 2022 ma che lo giudica un intervento in profondo ritardo.



Secondo Hanke, la Banca Centrale Europea – ma in generale, tutte le Banche centrali del Vecchio Continente – è retta da «una burocrazia lenta, che manca di agilità, alcuni dei suoi funzionari hanno deriso la Teoria quantitativa del denaro e per questo non hanno visto arrivare l’inflazione». La Fed Usa ha tardato anch’essa, anche se meno, in quanto cercava le cause dell’aumento dei prezzi laddove invece non v’erano: «Fed e Bce hanno stampato troppo rapidamente denaro durante il Covid», è il giudizio netto dell’economista consigliere di Reagan. Dalla Fed alla Casa Bianca di Joe Biden, ribadisce Hanke, «non hanno capito le dinamiche dell’economia monetaria». Ora serve far ripartire la crescita senza però eccedere nello stampare la moneta: «la politica monetaria dovrebbe concentrarsi sui tassi di crescita misurata secondo i parametri del cosiddetto aggregato monetario ampio, ovvero quanta moneta c’è in un sistema economico».



L’ALLARME DELL’ECONOMISTA USA: “EUROPA ANDRÀ IN CRISI PER LE SANZIONI ALLA RUSSIA”

Secondo l’economista Usa, una crescita attorno al 5-6% per Usa e Unione Europea potrebbe consentire a Fed e Bce di tenere l’inflazione sotto controllo al 2%: non aiutano però a tali progetti la debolezza dell’Euro e ovviamente la perdurante guerra in Ucraina tra Occidente e Russia di Putin. «Più le sanzioni a Mosca resteranno in vigore», sentenzia Steve Hanke, «più lontano è il rimbalzo dell’Euro», ergo la crisi permane. Anche oggi da Bruxelles viene data come molto avanzata la proposta sul tetto al prezzo del petrolio per poter togliere a Putin nuovi introiti e frenare contemporaneamente l’inflazione.



Ecco, diciamo che ad Hanke tale opzione studiata da Ue, G7 e Bce non convince affatto: «teorie buone sulle lavagne in università. Il mondo reale è diverso. È incredibile che i leader perdano tempo a discuterne». Per l’economista della John Hopkins fissare un price cap sul petrolio russo «avrebbe un effetto relativo solo sul prezzo del greggio, ma non avrebbe alcun impatto sull’inflazione». La “morale” della potenziale crisi che si sta per alzare sull’Occidente è presto che spiegata da Hanke ancora a “La Stampa”: «in Europa è dietro l’angolo la crisi e sarà molto più acuta e dannosa rispetto agli Usa per un motivo molto semplice: le sanzioni imposte alla Russia».