Crispr è la speranza per la cura dell’HIV, il virus che si trasmette attraverso sangue infetto causando l’Aids. A luglio scorso è partita una nuova sperimentazione su un uomo sieropositivo che ha aderito volontariamente a uno studio clinico volto a utilizzare l’editing genomico Crispr per eliminare il virus che causa l’Aids dalle sue cellule. “Quello che stiamo cercando di fare è riportare la cellula a uno stato quasi normale“, ha affermato Daniel Dornbusch, CEO di Excision BioTherapeutics, la società biotecnologica con sede a San Francisco che sta portando avanti la sperimentazione.
Il volontario, per sottomettersi alla sperimentazione Crispr, a fine giugno ha smesso di assumere i farmaci antiretrovirali che gli hanno permesso di mantenere il virus a livelli non rilevabili. Nella prima fase della sperimentazione – avvenuta a luglio – l’uomo è rimasto collegato a una sacca di flebo che pompava il trattamento sperimentale direttamente nel suo flusso sanguigno. L’infusione una tantum è progettata per trasportare gli strumenti di modifica genetica alle cellule infette dell’uomo al fine di eliminare il virus.
Crispr, cura dell’HIV: dopo 12 settimane di sperimentazione i risultati
Crispr, nella fase di sperimentazione, prevede che dopo il trattamento di luglio, si attendano 12 settimane per vedere se il virus HIV si ripresenta. Nel caso in cui non si dovesse ripresentare, la società biotecnologica Excision BioTherapeutics considererebbe l’esperimento un successo. Il virus HIV attacca le cellule immunitarie del corpo chiamate “cellule CD4” e si riproduce. Ma alcune cellule infettate dall’HIV possono rimanere inattive, a volte per anni, e non produrre attivamente nuove copie del virus. Questi cosiddetti “serbatoi” sono un importante ostacolo alla cura dell’HIV.
“L’HIV è un nemico difficile da combattere perché è in grado di inserirsi nel nostro DNA – ha affermato Jonathan Li, medico del Brigham and Women’s Hospital e dell’HIV ricercatore dell’Università di Harvard che non è coinvolto nell’esperimento Crispr – Ed è anche in grado di tacere e riattivarsi in diversi momenti della vita di una persona. Capire come prendere di mira questi serbatoi – ha concluso – e farlo senza danneggiare le cellule CD4 vitali si è rivelato difficile“.