Cristiana Capotondi torna in tv con “Bella da morire“, la nuova fiction dedicata al femminicidio di Raiuno in onda da domenica 15 marzo 2020. Un ruolo che vede l’attrice interpretare il ruolo di Eva Cantini, ispettrice di Polizia ferrea, spigolosa, ma con un passato ancora da elaborare. Un personaggio che la Capotondi ha raccontato così dalle pagine de Il Messaggero: “il fatto che cerchi di imporsi in un mondo maschile con piglio e durezza, rinunciando alla dolcezza e all’accoglienza tipiche della femminilità. Eva è fragile, non riesce ad essere diversa in un mondo dominato dagli uomini”. Non solo, sul personaggio di Eva Cantini l’attrice precisa: “si mostra forte senza esserlo davvero, è solo per coprire le proprie fragilità. Immersa in un mondo prevalentemente virile è a quello che si ispira. Il suo modo di vestirsi, di muoversi, di indagare: tutto secondo il più classico archetipo maschile. Il che spiega i modi bruschi, autoritari, senza sfumature. Ma che sono solo la corazza con cui maschera la paura di mostrarsi umana. Nonché i propri irrisolti e misteriosi nodi esistenziali”.
Cristiana Capotondi: “Quando si uccide una donna, si uccide la femminilità”
Cristiana Capotondi con la fiction “Bella da morire” torna a confrontarsi di un tema delicatissimo e mai come ora attuale: il femminicidio e la violenza sulle onde. “Credo che oltre alla propria donna, quegli uomini vogliano uccidere la parte femminile che hanno dentro di sè. Dimostrano cioè l’incapacità di rapportarsi con l’altro sé, come dovrebbe essere in ogni relazione maschio-femmina. Insomma: non sono stati educati a riconoscere nella donna il completamento di se stessi” ha dichiarato l’attrice che, a La Repubblica, ha ricordato alcuni ruoli cruciali della sua carriera come quello di Lucia Annibali in “Io ci sono” e Giordana in “Nome di donna”. “E’ fondamentale raccontare storie di donne dotate di una forza pacifica, che si fa portatrice di un cambiamento. Quando si uccide una donna, si uccide la femminilità che rappresenta. La fiction è un mezzo potente per spiegare a tutti che dall’amore malato ci si può liberare” ha detto a gran voce l’attrice che sul finale ha parlato anche del movimento #Metoo: “c’è ancora tanto lavoro da fare. Parleremo di successo quando le donne non verranno più molestate in qualunque ambiente di lavoro, non solo nel cinema”.