LA “TERZA VIA” TRA CANCEL CULTURE E APOLOGETICA: PARLA IL TEOLOGO GISEL

Non è vero che l’unica “arma” contro la cancel culture anti-occidentale sia una recrudescenza della apologetica cristiana su tutto e tutti: ne parla il teologo Pierre Gisel, docente emerito della Facoltà di Teologia dell’Università di Losanna, in grado di mettere in guardia l’intero cristianesimo dal desiderio di “woke” e dal suo opposto, la difesa a spada tratta del passato. Secondo il teologo svizzero, la cultura woke è giunta anche in Europa dopo aver spopolato in Usa e Uk: si tratta con la sua antesignana “cancel culture” di «cancellare quel passato che non possiamo più riconoscere come nostro o che non vogliamo più che torni alla ribalta. Questo perché il passato è troppo pieno di colpe o di crimini, di violenza, schiavitù e repressione delle differenze, siano esse di genere, razza o cultura», si legge in alcune parti del dossier “La trappola del nuovo inizio”, contenuto nel quindicinale “Il Regno-Attualità” e citato oggi dall’Avvenire.



Per Gisel la cancel culture si è poi rafforzata con il woke, il “risveglio” che le minoranze impongono nell’ultimo decennio contro tutto il passato che “non piace” in Occidente: una deriva che parte dalle ombre oscure del passato occidentale – che vi sono e anche non poche – e intende “radere al suolo” tutto per impostare una nuova cultura contemporanea all’insegna del politicamente corretto. «Il cristianesimo viene colpito perché stato teatro della cristallizzazione delle memorie in questione, nonché delle narrazioni», osserva ancora il teologo ponendo gli esempi storici “alternativi” alla cancel culture, ovvero una sorta di “apologetica” da contrapporre alle critiche.



PIERRE GISEL: “SERVE CREARE DIBATTITO SENZA CANCELLARE IL PASSATO”

«Insomma, l’apologetica da una parte, la cancel culture dall’altra. Io sostengo una terza via. Né glorificare né ripudiare. Non si tratta nemmeno di distinguere i buoni dai cattivi, che è quello che facciamo la maggior parte delle volte», ribadisce il teologo e docente provando a testimoniare come il cristianesimo possa essere l’elemento chiave per “collegare” il passato al futuro rendendoli “istruttivi” e non distruttivi. La posizione “terza” è una pista che «riconosce e accetta che il sociale e l’umano richiedono una raffigurazione, consacrando lo spazio differito del culturale, del politico e del religioso».



Di fatto Gisel intende riconosce il passato in quanto tutto da raccontare, in una narrazione che allontana l’ipotesi della “cancel culture” sulle parti più spinose, né difende con l’apologetica alternativa: «la terza via riconosce che il passato può essere solo raccontato, in una narrazione che sovverte il dato per portarlo oltre e secondo una propria prospettiva. Questo gesto deve essere ripreso, sapendo che può testimoniare il meglio o essere l’occasione del peggio, e non deve essere soppresso o neutralizzato». Va creato dibattito insomma, ponendo in essere le differenze e le peculiarità, ma non cedendo alle mere soggettività senza mediazione con il reale.