In India i cristiani sono perseguitati dalla comunità induista dei Maitei a Manipur, a partire da maggio le tensioni sono aumentate a tal punto da aver provocato almeno 500 attacchi e 120 morti, con devastazioni, roghi e brutali uccisioni che hanno causato anche la fuga di 50mila persone, sfollate per scampare alle aggressioni. Un massacro, che come riporta il quotidiano L’Avvenire, avrebbe origine in un conflitto storico tra comunità religiose, quella di Meitei induista e l’altra Kuki, prevalentemente composta da cristiani protestanti, e che sono tutte e due quasi a parità di rappresentanti con circa il 41% di ognuna su un territorio che conta 4milioni di abitanti.



Lo Stato nordorientale dell’India ora è costretto ad allestire nuovi campi profughi, che al momento sono almeno 300, per accogliere le vittime delle violenze che hanno perso la casa, data alle fiamme durante gli scontri. Secondo le testimonianze, nella regione da tempo è in corso una fase di forti contrasti tra etnie e religioni, ma molti accusano i politici locali e federali di appoggiare e proteggere la comunità induista, spesso sottovalutando le aggressioni che oltre alle persone e le case colpiscono anche i luoghi di culto distruggendoli.



India, cristiani perseguitati e massacrati, il silenzio del governo

Gli scontri violenti tra la comunità indù e quella cristana in India nella regione di Manipur, hanno suscitato reazioni da parte dei politici e delle istituzioni internazionali. Molte personalità e rappresentanti della sociatà civile hanno condannato gli attacchi e le persecuzioni, che da tempo proseguono nei confronti dei fedeli cristiani chiedendo al primo ministro Narendra Modi, di non rimanere in silenzio, ma di portare avanti azioni concrete per fare in modo di terminare la violenza.

Come riportato da Avvenire, il partito del leader politico indiano però, sembrerebbe voler trarre alcuni benefici dalle tensioni, per questo molti esperti sono pronti ad affermare che il “doppio gioco” portato avanti  fingendo di appoggiare tutte e due le comunità, ma senza di fatto interveniure per una soluzione, in realtà potrebbe favoreggiare la politica ultranazionalista, poco attenta ai diritti delle minoranze e punta a rafforzare la presenza nel territorio.