Il 15 marzo è stato proclamato Giornata internazionale per la lotta contro l’islamofobia, in un’assemblea dell’Onu tenutasi lo stesso giorno di quest’anno. La risoluzione ha sollevato alcune perplessità, per esempio del rappresentante della Francia, perché si riferisce a un’unica religione e non tiene presente che le persecuzioni religiose non si limitano certamente all’islam. Desta poi più che una perplessità il fatto che uno dei presentatori della delibera fosse il rappresentante del Pakistan, che ha parlato di “tolleranza e pace centrate sul rispetto dei diritti umani e della diversità delle religioni e delle fedi”.



La forte perplessità deriva dal fatto che il Pakistan è uno dei Paesi a più forte intolleranza religiosa, con l’uso indiscriminato della sua legge contro la blasfemia per perseguitare i non musulmani, o le sette musulmane non gradite al potere attuale. Nel rapporto di Open Door relativo al 2021, il Pakistan risulta all’ottavo posto per le discriminazioni contro i cristiani, ma al secondo posto per quanto riguarda le uccisioni di cristiani, 620 in quell’anno. Il triste primato è della Nigeria con 4.650 cristiani uccisi. D’altro canto, il Pakistan è negli ultimi anni salito alla cronaca con il caso drammatico di Asia Bibi.



Secondo i dati del rapporto, circa 360 milioni di cristiani vivono in Stati che attuano nei loro confronti discriminazioni più o meno violente. Le uccisioni accertate ammontano a 5.898, come visto in gran parte in Nigeria e poi in altri Paesi africani, 3.829 sono stati rapiti, 6.175 incarcerati, più di 5mila chiese sono state distrutte o chiuse, di cui 3mila in Cina, malgrado gli accordi con il Vaticano. Se a livello di uccisioni la Nigeria è dominatrice assoluta, per quanto riguarda la repressione in generale l’Afghanistan, dopo la ritirata degli americani, è passato dal secondo al primo posto, spodestando la Corea del Nord che era in testa alla dolorosa classifica da vent’anni.



Non c’è quindi da stupirsi se da diverse parti ci si è chiesti perché l’Onu non si sia sentito in dovere di istituire anche una Giornata contro la cristianofobia. Tanto più, e spiace dirlo, che tra i primi dieci Paesi della suddetta classifica, otto sono a maggioranza musulmana, essendo gli altri due la già citata Corea del Nord e l’India, dove l’intolleranza nazionalista induista si manifesta non solo contro i musulmani, ma anche pesantemente contro i cristiani.

L’avversione ai cristiani e al cristianesimo si sta però diffondendo anche in Europa. In Francia, nel 2021, secondo i dati del ministero degli Interni, vi sono stati 1.380 atti antireligiosi, di cui 686 contro i cristiani, 523 di antisemitismo e 171 contro musulmani. Almeno 450 chiese sono state vandalizzate, un dato non irrilevante.

Non sono solo le difficoltà di convivenza tra diverse fedi alla base delle pressioni anticristiane, concorrono anche le ideologie che stanno prendendo sempre più piede in Occidente, dal “diritto all’aborto”, con i connessi attacchi negli Stati Uniti ai pro life, alle ideologie gender. Sotto quest’ultimo profilo, è decisamente preoccupante, pur essendo ridicolo, ciò che sta succedendo nel Regno Unito circa il cosiddetto misgendering, cioè il rivolgersi a una persona con il pronome sbagliato. Sempre più spesso la polizia viene chiamata da attivisti transgender per questo supposto reato: il dare del “lui” a un uomo che ha deciso di diventare donna, o viceversa.

Tra i diversi casi di persone sottoposte ad interrogatorio sotto fermo dalla polizia per misgendering, vi è quello di Caroline Farrow, una giornalista cattolica portata via dalla polizia sotto gli occhi dei suoi cinque figli mentre stava cucinando la cena. La giornalista è stata rilasciata dopo alcune ore in cella e di interrogatorio. Da notare che il nuovo ministro degli Interni britannico, davanti a questi fatti, ha dichiarato che “la polizia dovrebbe concentrarsi sul prendere i criminali invece che intervenire sulle liti online”.

Questi ultimi casi potrebbero essere ridotti a stupidità, ma sono invece indice di un progressivo deterioramento del convivere civile nel quale i cristiani sembrerebbero essere il bersaglio più facile.

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