Nel silenzio generale della stampa nazionale il 7 giugno è stato ucciso un altro sacerdote in Nigeria, don Charles Onomhoale Igechi, della parrocchia dell’arcidiocesi di Benin City, dove era stato ordinato il 13 agosto del 2022. Solo nell’anno in corso si contano almeno 4 sacerdoti cattolici nigeriani uccisi e 30 rapiti in 39 attacchi collegati a gruppi terroristici.
Nel Paese tra gennaio 2021 e giugno 2022 ci sono stati 7.600 cristiani uccisi e 5.200 sequestrati, inoltre il numero dii attacchi a chiese e istituzioni cristiane supera 400. Di questi attacchi si può citare ad esempio quello del 5 giugno 2022, la domenica di Pentecoste, avvenuto durante la Messa nella chiesa cattolica di San Francesco Saverio ad Owo: sono stati uccisi 40 fedeli e decine di persone hanno riportato gravi ferite (cfr Aiuto alla Chiesa che Soffre).
Padre Charles è l’ultimo cristiano di una lunga serie. In Nigeria le persecuzioni hanno raggiunto livelli preoccupanti, come testimoniato dai numeri citati, e nonostante la comunità cristiana sia pari al 46,25% (95 milioni di persone) della popolazione totale (206 milioni), esattamente la stessa percentuale dei musulmani, la presenza di Boko Haram è una costante minaccia, tanto che numerosi sono i casi di violenza e discriminazione contro i cristiani: tra i tanti, esemplificativi sono due fatti.
Il primo riguarda la discriminazione da parte delle milizie, che addirittura fermavano gli autobus per far scendere i cristiani, il secondo riguarda invece i rapimenti di giovani cristiane, come riportano le testimonianze raccolte da Acs: “Oltre sette anni dopo essere stata sequestrata da Boko Haram, sabato 7 agosto 2021 la studentessa di Chibok Ruth Ngladar Pogu si è riunita alla sua famiglia. Durante la prigionia, alle ragazze cristiane era stato chiesto di scegliere tra convertirsi all’islam e sposare i combattenti di Boko Haram o diventare schiave. Come molte delle ragazze, Ruth ha scelto di convertirsi e di sposarsi. È stata ritrovata, assieme ai suoi due figli, quando il marito di Boko Haram si è arreso all’esercito nigeriano”.
La situazione in Nigeria è particolarmente preoccupante e violenta e si è aggravata con l’avvento dell’Isis e l’adesione di Boko Haram allo Stato islamico, e gli eventi e i pericoli sono molto più numerosi dei pochi citati. Purtroppo non è la sola parte del mondo dove ci sono violente persecuzioni.
Un altro Paese dove le persecuzioni stanno assumendo un ruolo sempre più violento è il Nicaragua, dove il regime del presidente Ortega sta cercando in tutti i modi di mettere a tacere la voce della Chiesa, arrestando i sacerdoti e condannando a 26 anni mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, al quale in precedenza era stato imposto un blocco da parte della polizia tale per cui era impossibilitato ad uscire persino di casa, non potendo quindi celebrare pubblicamente la Messa. Questa condanna è arrivata dopo l’espulsione, nei mesi scorsi, delle Missionarie della Carità di Madre Teresa, la chiusura di molte emittenti cattoliche e il divieto di varie processioni. Papa Francesco, nell’agosto scorso, ha parlato pubblicamente della situazione e della sua preoccupazione in merito, così come si sono espresse a favore della Chiesa varie conferenze episcopali. Il caso è molto diverso dalla situazione nigeriana ma non per questo meno preoccupante: alla Chiesa è impedita una qualsiasi presenza pubblica in Nicaragua, se non a costo della vita o, nel migliore dei casi, del carcere.
Tante altre situazioni meriterebbero di essere raccontate: sono storie che non possono non interrogare i cristiani d’Occidente e il ruolo della comunità cristiana e della Chiesa stessa. Sono testimonianze che pongono una domanda vera e forte: per che cosa vale la pena vivere? E per chi vale la pena dare la vita?
Nella situazione di dolore, sangue e martirio appena accennata, forti risuonano le parole del Vangelo: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33).
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