I cristiani sono sempre più martiri nel mondo. A rivelarlo, come riportato da Il Foglio, è il nuovo rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, che fa riferimento al periodo dal 2020 al 2022. In totale ci sono centoquarantaquattro pagine che denunciano le violenze Paese per Paese. I dati evidenziano che la situazione è peggiorata ovunque: dall’Africa all’India.
Nel 75% dei paesi esaminati, negli ultimi due anni, si è registrato un aumento dell’oppressione o della persecuzione dei cristiani. In Africa, soprattutto, dove ci sono prove di forte aumento della violenza genocida da parte di diversi attori militanti non statali (incluse, ovviamente, le formazioni jihadiste). In Medio Oriente, le migrazioni hanno aggravato la situazione in cui già da tempo si trovano le tre grandi comunità cristiane antiche presenti in Iraq, Siria e Palestina. Più articolato il quadro in riferimento all’Asia orientale, dove l’autoritarismo statale ha inasprito ulteriormente l’oppressione in Myanmar, Cina, Vietnam. In zone come l’Afghanistan, il Pakistan e l’India invece la colpa è da attribuire al nazionalismo religioso.
Cristiani sempre più martiri nel mondo: dall’Africa all’Asia, la denuncia
Le testimonianze dei cristiani martiri nel mondo riportate da Aiuto alla Chiesa che soffre sono innumerevoli. Suor Gloria Cecilia Narváez in Mali è stata rapita da militanti islamisti e tenuta segregata, tra torture fisiche e psicologiche, per quattro anni e mezzo. In Nigeria, dove si è arrivati ad un vero e proprio genocidio, lo scorso anno Deborah Samuel è stata lapidata e messa al rogo per aver condiviso su WhatsApp messaggi “blasfemi”.
Non si contano inoltre gli arresti per adulterio e apostasia. Fino al 95% delle donne rapite e costrette a sposarsi è costituito da cristiane, “il che significa che le violenze sono accompagnate dall’obbligo di convertirsi all’Islam”. Anche alle Maldive i cristiani si ritrovano a vivere da semiclandestini. È infatti proibito esibire simboli della religione e importare Bibbie. Chi lo fa, rischia l’arresto.