Dopo Paola Concia, un’altra donna di sinistra e dalle ferme convinzioni pro-Lgbt e pro-femminismo solleva ad Avvenire più di una perplessità sul testo del Ddl Zan (ancora fermo in Senato dopo il via libera alla Camera mesi fa): Cristina Comencini, regista fondatrice del movimento femminista “Se non ora quando” nel 2011 sull’onda del caso Berlusconi-Ruby, spiega perché il testo della legge contro omofobia, omotranfobia, sessismo e abilismo ha diverse problematiche: «nessuno si permetta di accusarmi di essere contraria a una legge sull’omofobia», premette la regista, che poi attacca «la sinistra apra una discussione su una legge che ha alcuni aspetti controversi non è un attacco a diritti sacrosanti».



Comencini ha firmato un appello nei giorni scorsi per sottolineare le criticità del Ddl Zan ed è stata subito attaccata dalla sua stessa parte politica per la presa di posizione: «Non siamo d’accordo nell’accostare la tutela delle donne a quella degli omosessuali e transessuali, così come previsto nella legge Zan. La misoginia appartiene ad altri schemi culturali, la si combatte in altri modi. La stessa osservazione riguarda i disabili».



LA FEMMINISTA DI SINISTRA CONTRO IL DDL ZAN

La seconda obiezione di Cristina Comencini, evidenziata nell’intervista all’Avvenire, riguarda la parola “genere”, dato che il Ddl Zan pone diverse discriminazioni e violenze per motivi legati “al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità”: «Il ddl Zan introdurrebbe una sovrapposizione del concetto di ‘sesso’ con quello di ‘genere‘, con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per il quale i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere. La definizione di ‘genere’ contenuta nel testo crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto».



Si mischiano più concetti e si rischia l’enorme confusione anche legislativa: «È un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica. Come scriviamo nel nostro documento, c’è il rischio che prevalgano visioni che anche in altre parti del mondo hanno aperto un conflitto rispetto all’autonomia delle donne». Secondo Comencini al momento la «sordità del Pd» è totale, come dell’intero fronte progressista: «più che sordità: c’è la volontà di non ascoltare non solo le nostre obiezioni ma anche quelle di chi per scelta di vita, come Paola Concia e Aurelio Mancuso, è direttamente interessato. Dimostrazione ne è che il segretario Letta ha detto che si va avanti».