Cristina Mazzotti aveva 18 anni quando fu rapita e uccisa in provincia di Como, morta durante l’atroce detenzione in cui fu costretta a stare per quasi un mese in una buca scavata nel terreno e cementata. Praticamente sepolta viva per settimane prima della fine. Il sequestro avvenne nel 1975 a Eupilio, poche ore dopo aver festeggiato con gli amici il suo diploma, e si concluse con il ritrovamento del cadavere della ragazza in una discarica alcuni mesi dopo il rapimento.
La famiglia, ricostruisce RaiNews, aveva pagato il riscatto chiesto dai sequestratori: 5 miliardi di lire, ma Cristina Mazzotti non tornò più a casa. Oggi, 49 anni dopo i fatti, è in corso un nuovo processo per l’omicidio. Quattro gli imputati davanti alla Corte d’Assise di Como, soggetti che sarebbero tutti legati alla ‘ndrangheta: Giuseppe Morabito, boss 80enne residente nel Varesotto, Giuseppe Calabrò detto “U’ Dutturicchio”, 70 anni, Antonio Talia, 73 anni e precedenti per reati legati ad armi e stupefacenti, e Demetrio Latella, 70 anni. Quest’ultimo, reo confesso del sequestro di Cristina Mazzotti e avrebbe chiamato in correità gli altri imputati dopo che una impronta repertata nell’auto su cui viaggiava la vittima gli fu attribuita nel 2006.
Cristina Mazzotti, il sequestro choc nel 1975: la prigionia in una buca e il ritrovamento del corpo
Nel 2011, riporta ANSA, la posizione di Latella sarebbe stata però archiviata. Il fascicolo sarebbe stato riaperto di recente su istanza dell’avvocato Fabio Repici, legale dei parenti del giudice Bruno Caccia (ucciso in un agguato di ‘ndrangheta nel 1983 a Torino). L’inchiesta sull’omicidio Caccia vide coinvolto proprio Latella, poi archiviato. Questo trait d’union tra le due vicende avrebbe dato impulso alla nuova fase giudiziaria sul caso della 18enne perché l’avvocato dei familiari del giudice, cercando informazioni su Latella, si sarebbe imbattuto nel caso di Cristina Mazzotti e ne avrebbe chiesto la riapertura ritenendo non fondate le motivazioni dell’archiviazione della posizione dell’uomo per il rapimento della ragazza.
Cristina Mazzotti fu la prima donna rapita e uccisa dalla ‘ndrangheta al Nord. Un drammatico primato a cui si somma l’atrocità della sua prigionia iniziata il 1° luglio 1975. Per quasi un mese, precisamente 25 giorni, la 18enne sarebbe stata tenuta segregata in una buca scavata nel terreno dai rapitori e cementata, senza lo spazio utile per poter stare in piedi. Il suo corpo senza vita fu ritrovato il 1° settembre seguente, abbandonato in una discarica di Galliate (Novara). Per la vicenda sono state già condannate 13 persone, ma a processo non sarebbero mai finiti esecutori materiali e mandanti. Secondo gli inquirenti, questi ultimi sarebbero soggetti che gravitano intorno alla ‘ndrangheta calabrese.