Cristina Scocchia, amministratore delegato di Illy caffè, rappresenta per il mondo aziendale uno dei più importanti esempi di carriera al femminile e di dirigenza aziendale con grandi capacità manageriali derivate anche da una lunga esperienza sul campo, a partire dalla prima assunzione come stagista alla Procter per poi scalare i vertici del colosso dei cosmetici L’Oreal ed infine approdare alla dirigenza di uno dei più importanti brand di caffè a livello mondiale. Il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha pubblicato un articolo nel quale si prende a modello non solo la figura professionale della Ceo, ma anche la politica aziendale del gruppo Illy, giudicata come uno dei pochi esempi di grande flessibilità e di espansione industriale in Italia.
Come sostiene da tempo la stessa Scocchia infatti, attualmente la cultura italiana continua a risentire di un certo maschilismo che penalizza le donne sul lavoro, non solo per la mentalità che vuole ancora “chiamare i maschi dottori e le donne semplicemente ‘signora’“, ma anche perchè non ci sono abbastanza soluzioni per chi vuole contemporaneamente portare avanti carriera e famiglia.
Cristina Scocchia “Illy punta a mercato cinese per aumentare le vendite”
Illy è la più grande azienda produttrice di caffè al mondo con un fatturato di circa 570 milioni di euro, ed una delle poche industrie con a capo una donna. Cristina Scocchia, Ceo del gruppo ha accettato la sfida portando il prodotto che considera “il miglior caffè del mondo” in moltissimi paesi. Ora si punta principalmente agli Stati Uniti, principale mercato di caffè a livello internazionale, che ha contribuito a sostenere l’aumento dei costi di produzione, non solo per i prezzi più alti della materia prima, ma anche per quelli degli imballaggi e dei trasporti.
Il prossimo passo, afferma Scocchia, sarà quello di puntare alla Cina, un paese dove notoriamente si consuma più the che caffè ma che, grazie a nuovi partner commerciali, potrebbe ora far aumentare le vendite al brand triplicandole entro il 2026. Altro obiettivo di espansione è l’Europa, con una piccola nota negativa, come sottolinea anche il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, rappresentato proprio dalla Germania, dove vige ancora una tassa sul caffè che ammonta a 2,19 euro per chilogrammo, che inevitabilmente comprime i margini di profitto.