Non si è fatta attendere la replica di Cristina Seymandi alla lettera dell’ex compagno Massimo Segre, che sulle colonne de La Stampa ha difeso la sua decisione di lasciarla pubblicamente durante la festa pre-matrimoniale a Torino. Un gesto immortalato in un video diventato rapidamente virale sui social e al centro di un caso mediatico, tanto che è stata aperta un’istruttoria dal Garante della privacy. L’imprenditrice rompe il suo riserbo e, dunque, risponde attraverso il Corriere della Sera, facendo subito notare che la lettera campeggiava a tutta pagina, mescolandosi alla «pubblicità per le future iniziative imprenditoriali delle aziende del mio ex compagno (iniziative alle quali peraltro lavoravamo insieme da anni)». Fa anche notare che Segre parla più di se stesso che di loro e apre alla possibilità che la decisione del banchiere di «mettere in piazza il nostro privato» è stata presa forse perché «convinto dai discorsi di chi – accanto a lui – non ha mai voluto la nostra felicità, ma ha solo desiderato “distruggere”».
Cristina Seymandi non esclude che l’ex compagno abbia provato ad «attirarsi le simpatie di qualcuno». In merito all’anello di fidanzamento, rivela che era «misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache, a riprova, forse, che c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo». Riguardo, invece, l’esclusività della loro relazione, l’imprenditrice spiega di non volersi soffermare sulla questione, «perché, a differenza di Massimo, io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita, che siano compagni, familiari o amici, emettendo un giudizio definitivo e applicando anche la massima pena, senza peraltro neppure un minimo di contradditorio».
CRISTINA SEYMANDI “VENDETTA PESSIMA CONSIGLIERA”
Non vuole rispondere in modo piccato né medita vendetta Cristina Seymandi, che invece ribadisce di aver provato sconcerto, incredulità, delusione, amarezza e dolore per quanto accaduto. La sua risposta, però, non può far altro che alimentare il caso dell’estate, ma ha deciso di farlo non per rivolgere un appello a Massimo Segre, ma a tutti coloro che in futuro si troveranno nella loro situazione, quella «di poter decidere se divulgare o no fatti privati di una persona, per vendetta, per voglia di riscatto o per “dare la propria versione dei fatti”, ponendo però inevitabilmente l’altro in una condizione di inferiorità, di umiliazione e di dover patire una violenza psicologica». Infatti, in questi giorni l’imprenditrice dice di aver riflettuto anche sull’impatto che una gogna mediatica di questo tipo potrebbe avere su soggetti fragili. Inoltre, rivela di aver ricevuto tanti messaggi di solidarietà, ma anche violenti, pure da donne. «Non voglio drammatizzare, ma le cronache ci raccontano di persone in difficoltà che in situazioni di questo genere possono arrivare a gesti di autolesionismo o, nei casi peggiori, a togliersi la vita, non riuscendo a reagire a una umiliazione e diffamazione pubblica sui mass-media e tramite Social e web», prosegue l’imprenditrice sul Corriere della Sera.
Oltre ad accusare l’ex compagno di aver scritto una lettera in cui al centro mette il suo ego, evidenzia «che la vendetta fine a sé stessa è una pessima consigliera». La lettera di Cristina Seymandi si conclude da un lato con la conferma da parte sua «di aver dato il massimo in questa relazione» e il dispiacere «per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna», dall’altro lato con la consapevolezza che «nel merito di questa triste vicenda – anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da 3 anni – non penso di aver altro da aggiungere».