La tragedia di Scampia ci ricorda che nessuna conquista è per sempre. Che ogni vittoria può essere offuscata da una sconfitta. Che il bene è inseguito dal male e che troppo spesso il secondo sorpassa il primo.
Il destino – o l’imperizia dell’uomo, si vedrà – ha voluto lasciare un segno nefasto su uno dei simboli della rinascita del quartiere napoletano famoso nel mondo per le riprese di Gomorra.
La vela Celeste – il cui ballatoio del terzo piano si è staccato travolgendo i due sottostanti – doveva essere l’unica tra le sette discusse costruzioni degli anni Settanta a restare in piedi come simbolo di una rigenerazione non solo urbana. Invece è diventata una trappola per un’intera famiglia che oggi conta due morti e tredici feriti tra cui sette minori. L’intervento delle autorità è stato tempestivo e ottocento persone, in pratica tutte quelle ospitate nello stabile, sono state evacuate in attesa di nuova destinazione.
Sfortuna? Beh, non si può negare. Ma la magistratura ha aperto un’inchiesta per verificare eventuali responsabilità umane. Pare fossero iniziati alcuni lavori di ristrutturazione. Resta da capire se una cosa è conseguenza dell’altra.
Comunque sia resta l’impressione di una città stregata. Dove nemmeno l’impegno di un’amministrazione seria come quella del Sindaco Gaetano Manfredi riesce a far fronte ai troppi anni di incuria e alla mancata manutenzione.
Dovunque si cammini, il terreno è scivoloso. E un progetto finalmente positivo per il territorio, che si vuole consegnare a una nuova dimensione economica e sociale, si rivela una tomba.
L’unica risposta che ora si può dare riguarda l’efficienza della reazione: se si saprà risalire presto alla causa dell’incidente, se si riuscirà a riconsegnare il manufatto ai suoi abitanti in tempi ragionevoli, se l’episodio non diventerà un alibi per fermare gli investimenti programmati.
Naturalmente le manifestazioni di cordoglio non si contano. Napoli ha su di sé i riflettori di tutto il mondo e anche se Scampia non è al centro dei flussi turistici fa sempre parte dell’immagine di una metropoli dai cento volti dove perdere la vita è più facile che altrove e il rapporto con la vecchia signora è regolato da un fatalismo che diventa religione.
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