I DATI CHOC SULLE ADOZIONI INTERNAZIONALI IN ITALIA NEL 2022
Solo 705 bambini adottati nel 2022 rappresenta il punto più basso nel sistema delle adozioni internazionali verso l’Italia: lo ha spiegato negli scorsi giorni il report della Ministra della Famiglia, Natalità e Pari Opportunità – Eugenia Roccella – durante un question time alla Camera. I dati della Commissione per le Adozioni Internazionali sono davvero inquietanti e rappresentano un allarme drammatico purtroppo in atto ormai da diversi anni, e ben prima dell’emergenza pandemia esplosa nel 2020. «Pur confermandosi una tendenza calante si evidenzia una capacità di “resistenza” nonostante il difficile quadro internazionale», ha detto in Aula la Ministra Roccella, «l’Italia è ancora il secondo paese di accoglienza al mondo di minori e soprattutto è il paese che adotta più minori con bisogni speciali». I dati lo confermano ma il problema del crollo nei numeri è purtroppo all’ordine del giorno.
La legge che regola le adozioni internazionali in Italia è la numero 184 del 1983, un’era geologica in fa in tema di dinamiche socio-culturali nel mondo, con problematiche completamente diverse a quelle attuali e con strumenti-aiuti tecnologici oggi molto avanzate. Tra le varie proposte che da tempo (purtroppo senza molti cambiamenti) vengono suggerite per ammodernare il sistema di adozioni vi sono quelle di rivedere la definitività della recisione dei rapporti con la famiglia del minore adottato, ma anche il demandare agli enti locali le autorizzazioni dell’adozione, sgravando i Tribunali Minorili e infine la proposta di attivare percorsi per l’affido internazionale in modo da aprire la strada ad una adozione “leggera” (ad oggi non sono permessi, vale la pena ricordarlo).
LA PROPOSTA DI AVSI: “COME SALVARE IL SISTEMA DELLE ADOZIONI”
Su “Avvenire” di domenica 26 febbraio viene ospitato l’intervento di Marco Rossin, responsabile adozioni internazionali di AVSI (Associazione Volontari Servizi Internazionali), una delle organizzazioni tra le più importanti in Italia e in Europa nella cura e protezione dell’infanzia sul fronte adozioni. «Da 4138 bambini adottati nel 2020 agli attuali 705: questo traguardo si accompagna ad un totale di 2520 famiglie che sono oggi in attesa di un bambino», racconta l’esperto responsabile sul quotidiano dei vescovi italiani. È il punto più basso della storia per il tema delle adozioni, rileva AVSI, e serve per questo una serissima riflessione rispetto alla sostenibilità stessa del sistema in Italia. Rossin contesta chi ancora parla di “crisi passeggera” del sistema, piuttosto rivendica la necessità – come ribadito da anni ormai – di ripensare del tutto il complesso meccanismo di adozioni internazionali.
Già nell’analisi dello scorso anno, il responsabile di AVSI sottolineava le tre situazioni principali che generano ancora oggi “blocchi” del sistema di adozioni internazionali: «motivi politici e nazionalistici, processi di revisione legislativa o casi che non rientrano in queste prime due tipologie. Questi ultimi due anni di pandemia hanno dimostrato, per esempio, come la risposta a situazioni di emergenza sia estremamente diversa da Paese a Paese: alcuni di essi stanno ora dimostrando una grande resistenza a riaprire i propri confini. Oltre alle sospensioni vere e proprie esistono altri casi in cui non si può parlare di effettiva chiusura di un Paese ma, piuttosto, di un un rallentamento nelle adozioni. Ai cali delle adozioni non corrisponde però una diminuzione del bisogno di famiglie e minori, soprattutto in determinati Paesi». Nel recente focus su “Vita” è ancora Rossin ad inquadrare al meglio le mancate responsabilità: «Nessuno, a nessun livello, accenna un mea culpa: secondo gli enti autorizzati la responsabilità è dei tribunali, dei servizi sociali, dei paesi esteri; secondo l’apparato pubblico della gestione precedente, della pandemia da Covid-19, della crisi economica, del mondo dell’adozione che è cambiato senza che gli enti si adattassero e così via, in un infinito circolo di responsabilità assegnate agli altri e mai legate al proprio campo d’azione. Naturale conseguenza di questo stile di pensiero è che nessuno introduce cambiamenti sostanziali nel proprio operato, forte del fatto che la causa del calo inesorabile e progressivo starebbe sempre altrove». Nel mondo globalizzato di oggi non è più pensabile, afferma ancora il responsabile adozioni di AVSI, che l’adozione internazionale si costituisca «come monade isolata da un sistema più ampio di protezione dell’infanzia, incapace di intervenire in maniera efficace e integrata». Come uscirne dunque? Il piano non è semplice ma di certo non si può accettare più che la sopravvivenza di un Ente Autorizzato «sia legata esclusivamente alla capacità di attirare aspiranti famiglie adottive che garantiscano la sostenibilità economica d’impresa». Serve dunque, conclude Rossin su “Avvenire”, mettersi in discussione in prima persona, indagare le proprie responsabilità e «adattarsi per crescere. Il sistema per essere efficace oggi – conclude – deve essere determinato nel definire criteri di qualità, premiante dell’eccellenza e calce di interlocuzione internazionale». Occorre dunque un «nuovo sistema normativo» adeguato alle esigenze, strutture e modifiche negli scenari internazionali attuali.