Non c’erano molti dubbi sugli effetti dell’esplosione dei contagiati da coronavirus in nord Italia sui mercati. Il Ftse Mib ha consegnato una delle peggiori performance degli ultimi anni condita dallo scivolone del Btp. Quello che sta succedendo metterà in ginocchio il settore del turismo, impatterà negativamente sui consumi e sulla produzione industriale. ma il vero danno è quello prospettico. Noi non abbiamo idea di quando e come finirà l’emergenza, ma quello che è accaduto in questi giorni da una parte intaccherà l’immagine del Paese e di Milano per molti anni e poi farà sollevare dei dubbi sulla stabilità economico-finanziaria italiana dopo due recessioni in meno di dieci anni, gli effetti della guerra commerciale e l’incapacità di far intravedere una via per il ritorno alla crescita.



Partiamo dalla prima questione, il danno di “immagine”. La domanda inevitabile è come si sia passati dall’ottimismo del Governo sulle azioni che venivano intraprese in Italia, gli “unici al mondo che bloccavano i voli dalla Cina”, alle immagini di Milano vuota e dei supermercati saccheggiati. Riteniamo improbabile che la differenza che c’è oggi tra Italia e Francia e Germania, a due passi da Lombardia, Piemonte e Veneto, sia sostenibile nel medio periodo a meno di mettere sul piatto anche errori di comunicazione clamorosi che hanno dipinto il lombardo-veneto come un’area irrimediabilmente appestata. L’immagine è inevitabilmente quella di un Governo non all’altezza. I soliti italiani spacconi e inconcludenti. Data la situazione economica è l’ultima immagine che si vorrebbe consegnare ai mercati.



Poi c’è il problema di come affrontare una fase che era già drammatica al lordo del coronavirus. Questo è un Governo che appena tre mesi fa imponeva a distretti fiorenti una plastic tax che è un lusso che l’Italia non si può permettere; nuove tasse micidiali sull’estrazione di idrocarburi in Italia per un settore che occupa migliaia di persone; norme sul settore delle costruzioni che bloccano tutto quello che non sia supervisionato da un commissario, pensiamo a quelle sui contributi; l’abolizione di norme che avevano dato fiato alla categoria degli autonomi e degli artigiani; e, dulcis in fundo, le nuove norme sulla responsabilità degli amministratori delle srl che in questa fase è lunare. Questo è un Governo che pensa di poter passare a strascico sul settore produttivo italiano come se fossimo nel 2006 o nel 1999 pensando di tassare i “ricchi” ed “egoisti” imprenditori.



La percezione degli investitori non può che essere molto preoccupata. L’Unione europea non sembra essere all’altezza delle sfide attuali, si pensino ai ritardi sul budget europeo, e si percepisce una stanchezza che non lascia presagire niente di buono. Pensare di affrontare i mercati con un Governo che prima ha ostentato supponenza rivendicando di essere “i primi in Europa” e poi ha messo in vetrina l’Italia come lazzaretto occidentale è una follia. Quello che serve è tutto l’opposto della narrazione che si sente in queste ore dello “stringersi attorno al Governo”. Questa proprio è un’opzione che non possiamo permetterci.

Occorre cambiare persone, presentarsi con volti credibili e almeno ammettere i propri errori. Altrimenti non c’è alcuna possibile uscita dal pasticcio gigantesco in cui ci siamo cacciati.

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